*Di Donato Berardi, Emanuele Orsillo e Michele Tettamanzi
Benché sembri scontato, vale la pena ricordare che la scelta del modello di finanziamento è un elemento strategico nell’organizzazione del servizio di gestione dei rifiuti urbani.
Oggi coesistono due tipi. C’è il vecchio tributo, ora confluito nella TARI, dove ciascuna utenza paga in base a criteri presuntivi di produzione dei rifiuti, ovvero superficie dell’abitazione e numero degli occupanti per quanto riguarda il domestico e superficie e categoria economica per non domestico.
Vi è poi un modello di tariffa o tributo puntuale – la tariffazione puntuale dei rifiuti – in cui la quota variabile è commisurata in parte anche al rifiuto, sulla base di misurazioni (dirette o indirette) del rifiuto urbano residuo (talvolta anche di alcune frazioni differenziate e di servizi “a chiamata”).
“Paghi quanto butti”: come funziona la tariffazione puntuale dei rifiuti
I modelli tariffari basati sulla misurazione puntuale dei rifiuti mirano a rafforzare i principi comunitari del “chi inquina paga” e del “paghi quanto butti”. Essi affondano il loro senso più intimo nella corrispettività, ovvero nel desiderio di commisurare il prelievo economico alla quantità effettiva di rifiuti prodotti e ai servizi prestati da ciascuna utenza. Una modalità pensata per garantire maggiore “equità” e rendere i cittadini più consapevoli del proprio ruolo e delle ricadute dei propri comportamenti. La tariffazione puntuale, infatti, rende evidente la produzione di rifiuti assegnandole un costo: la maggiore consapevolezza diviene leva per la modifica dei comportamenti individuali verso una più attenta gestione dei rifiuti e, in ultima analisi, delle risorse naturali.
Ma come funziona?
Di norma, una parte della tariffa, tipicamente una parte della quota variabile, è commisurata alla quantità di rifiuto conferito da ciascuna utenza. La a quota fissa, invece, associata a costi del servizio non direttamente legati alla produzione di rifiuto (costi generali, costi di investimento per realizzare gli impianti, parte dei costi del personale, talvolta anche parte dei costi della raccolta e del trasporto), segue criteri differenti che variano in base ai modelli di tariffazione adottati.
La tariffa puntuale è riconosciuta dall’Unione europea (Direttiva 851/208, Allegato IV bis, punto 2) come strumento economico per sostenere le raccolte differenziate, e la riduzione del rifiuto urbano residuo.
I benefici si distribuiscono lungo due diverse direttrici: da una parte un razionale di tipo economico che lega la bolletta alla effettiva produzione di rifiuto residuo indifferenziato (RUR) e ne incentiva la riduzione; dall’altra un razionale di tipo cognitivo, dove l’intero percorso formativo e informativo che conduce alla sua adozione veicola agli utenti maggiore consapevolezza circa la loro produzione di rifiuto, indifferenziato e differenziato.
Prescindendo per un istante dall’esistenza di conferimenti minimi, la tariffazione puntuale rende effettivo un incentivo economico per la riduzione del rifiuto indifferenziato conferito. Ugualmente l’incentivo economico spinge verso la separazione dei rifiuti e l’aumento delle raccolte differenziate, ponendo le premesse per l’avvio a riciclo delle stesse e per la loro valorizzazione.
Leggi anche: SPECIALE | Plastica Monouso
Le esperienze italiani di tariffazione puntuale dei rifiuti
Esistono esperienze di tariffa puntuale nel nostro Paese? Seppur concentrate in poche regioni, ve ne sono ormai numerose le esperienze: 755 (dato 2019), per un totale di circa 5,6 milioni di abitanti residenti (dati IFEL 2019). I risultati emersi dall’analisi dei dati relativi a un campione rappresentativo e omogeno fra i Comuni italiani che l’hanno adottata sono piuttosto interessanti (per maggiori dettagli si rimanda alla long version di questo Position Paper).
Quindi, nei 128 Comuni italiani presi in esame (il 65% situati in Emilia-Romagna, il 25% in Veneto e i restanti fra Lombardia, Piemonte, Liguria e Toscana) la quota di raccolta differenziata è significativamente superiore alla media regionale: 83,7% contro 69,6%.
I vantaggi di uno strumento economico
Quali sono gli effetti dell’introduzione della tariffazione puntuale sulla produzione di rifiuto urbano? E quali quelli sulle frazioni del rifiuto differenziato e del residuo?
Per quello che riguarda la capacità della tariffazione puntuale di ridurre la quantità di rifiuto totale prodotto, si osserva come a una diminuzione iniziale che caratterizza l’anno di introduzione e il primo di piena adozione fa seguito un recupero dei volumi prodotti che riporta la produzione complessiva di rifiuto urbano su valori non lontani da quelli precedenti l’introduzione della tariffazione puntuale stessa, seppur con una forte variabilità di esiti tra i vari territori. La maggiore diminuzione si concentra nell’anno successivo all’introduzione della tariffazione puntuale (-4%), come probabile effetto di una maggiore attenzione dei cittadini alla produzione innescata dalla leva economica ovvero, marginalmente, di maggiori fenomeni di “migrazione” dei rifiuti in Comuni limitrofi e di episodi di abbandono del rifiuto in ambiente.
Le motivazioni di questo rimbalzo della produzione di rifiuto sono diverse, tanto per le utenze domestiche quanto per le non domestiche. In generale i fenomeni elusivi e i comportamenti opportunistici tendono a ridursi, sia per l’aumento del controllo sociale e delle iniziative di prevenzione e repressione degli abbandoni, sia perché diviene più chiara agli utenti l’effettiva portata della leva economica. Si documenta altresì un ritorno delle utenze non domestiche al servizio pubblico, anche sulla scorta di scelte di riduzione della tariffa applicata sulla quota misurata.
Persistenti sono invece gli effetti della tariffazione puntuale sull’aumento della quota percentuale di raccolta differenziata: infatti, come è lecito attendersi, sia i cittadini sia le utenze non domestiche consolidano nel tempo una maggiore attenzione alla riduzione della frazione residua, al fine di minimizzare i costi del servizio. Differenze a parte, le varie esperienze indicano inequivocabilmente un aumento della quota di rifiuto differenziato pari a circa il 30% in media rispetto al livello iniziale nell’arco di tre anni dall’introduzione della tariffazione puntuale.
Si può dunque sintetizzare che la tariffazione puntuale sposta significativamente la ripartizione dei rifiuti prodotti tra raccolta differenziata e indifferenziata, piuttosto che la quantità complessiva: la maggior attenzione degli utenti alla riduzione della RUR risulta in sintesi in una maggiore quota di raccolta differenziata, evidenziando così la bontà, e al tempo stesso i limiti di tale modello.
Leggi anche: L’allarme degli operatori sul caro energia: “A rischio i servizi di raccolta e trattamento rifiuti”
La leva economica? Da sola non basta
Per rendere la Tariffa puntuale uno strumento efficace e diffuso è fondamentale disegnare una pluralità di incentivi, di natura economica e non, ciascuno in grado di veicolare un segnale coerente con il comportamento sperato.
Osservando la questione dal lato puramente economico è auspicabile aumentare il numero delle soluzioni a disposizione da affiancare alla leva economica diretta. Rientrano nel novero di questi strumenti aggiuntivi innanzitutto le leve economiche indirette, che si ottengono aumentando la corrispettività del disegno tariffario per le frazioni non misurate in modo diretto (quote variabili per le raccolte differenziate).
Tuttavia, ciò non sembra bastare. Piuttosto pare necessario accompagnare questi cambiamenti con l’utilizzo di leve di matrice “culturale”. Che si tratti di azioni di informazione/sensibilizzazione o spinte comportamentali, esse hanno l’obiettivo di far comprendere a cittadini e imprese il senso più intimo della tariffazione puntuale e il contesto nella quale la stessa si inserisce, andando – per l’appunto – oltre la questione monetaria.
Per esempio, approcci tipo KAYT (Know As You Throw – conosci quello che getti) mirano a migliorare la raccolta rifiuti tramite un continuo riferirsi al cittadino ed informarlo circa le migliori pratiche e abitudini. Rientrano in questa tipologia tutte le iniziative volte a generare consapevolezza e cultura nei cittadini, di cui però le esperienze di comunicazione sono solo la manifestazione di un processo fatto di misurazioni, tracciabilità, analisi merceologiche. Rendere il cittadino “colto” rispetto al mondo dei rifiuti significa, ad esempio, renderlo edotto circa la differenza fra “tasso di riciclaggio” e “quota di raccolta differenziata” e di come siano da perseguire entrambi simultaneamente. Oppure ancora è necessario informare il cittadino circa i fabbisogni impiantistici dei territori e delle scelte ottimali in termini di localizzazione (superando quindi la sindrome NIMBY) e anche di scelta dell’impianto stesso di destino. Fiducia, linguaggio e comunicazione sono i tasselli fondamentali per implementare tali strategie, che non possono non essere strettamente legati all’applicazione della tariffazione puntuale.
Ciò permette risultati duraturi che, facendo leva sulla consapevolezza, modificano anche i modelli di consumo, ad esempio evitando ovunque sia possibile l’utilizzo di prodotti monouso, riducendo gli sprechi e i prodotti inutili o non necessari, sostenendo l’acquisto di prodotti sfusi o dando spazio alla riparazione ed alla condivisione dei beni.
È proprio in questo paradigma che si innestano i processi che consentono di rendere i cittadini alleati verso il comune sforzo diretto a quel cambio di paradigma più volte evocato, che dovrebbe ricondurre lo sviluppo sui binari della sostenibilità.
La spinta gentile
Un altro sentiero che può essere imboccato è il ricorso agli strumenti dell’economia comportamentale, ovvero ai nudge o alla spinta gentile (si veda Position Paper n. 174): costruire un nuovo contesto per la raccolta dei rifiuti che sfrutti “l’umanità” dei cittadini affinché la ricerca della sostenibilità divenga un agire automatico.
Ancora una volta è necessario richiamare ad un approccio diffuso e vasto: leve comportamentali che spingano esclusivamente all’aumento della quantità delle frazioni differenziate rischiano nuovamente di condurre a effetti indesiderati, come elusioni, abbandoni e/o errati conferimenti. La flessibilità offerta dall’economia comportamentale, che affonda la sua natura più intima nella psicologia e quindi nella profonda conoscenza dell’essere umano, permette di costruire strumenti in grado di supportare i processi decisionali ed i comportamenti dei cittadini complessivamente, e cioè, ad esempio, traguardando simultaneamente un aumento della quantità e della qualità delle frazioni differenziate.
Pertanto, questi strumenti e tecniche possono essere particolarmente utili come coadiuvanti della leva economica. La spinta gentile può, infatti, aiutare a migliorare i comportamenti difficili da osservare, come ad esempio l’impegno profuso nella differenziazione dei rifiuti nelle abitazioni, da cui dipende la qualità delle raccolte differenziate e la loro valorizzazione. Un ulteriore modo può essere, ad esempio, quello di fare ricorso a tecniche di gamification, quali competizioni fra cittadini, Comuni, territori, per stimolare i progressi nella qualità delle raccolte differenziate e nella riduzione dei rifiuti complessivamente prodotti.
Leggi anche: Vi raccontiamo il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti. Al via la fase delle osservazioni
Un approccio organico alla gestione dei rifiuti
Due riflessioni in conclusione. Prima, non è sufficiente racchiudere il cittadino nella dimensione dell’homo oeconomicus, che risponde esclusivamente a incentivi monetari, ma occorre muovere verso un approccio olistico, riconoscendo l’importanza di “guidare” i comportamenti con l’ausilio di “spinte gentili” e informazione, perché la prevenzione dei rifiuti e la loro corretta gestione non sia l’esito di una spinta “razionale”, ma di un comportamento guidato dall’etica e dalla responsabilità collettiva.
Seconda, come ben illustrato dall’espressione inglese “We can’t recycle our way out of the problem” (“Non possiamo riciclare la nostra via d’uscita dal problema”), non è più sufficiente l’utilizzo di uno strumento – come la tariffazione puntuale – efficace nel favorire e incentivare la differenziazione, ma è necessario implementare un approccio organico alla gestione dei rifiuti, orientato alla “gerarchia dei rifiuti”, ossia che miri alla riduzione e al riuso come pilastri culturali su cui innestare i comportamenti, individuali e collettivi.
Per approfondire: Tariffazione puntuale 2.0: più equa, trasparente e corrispettiva, Position Paper n. 208, Laboratorio Ref Ricerche – aprile 2022
© Riproduzione riservata