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lunedì, Dicembre 16, 2024

Le mani della criminalità sui rifiuti radioattivi: 25 procedimenti penali in 5 anni

Legambiente racconta in un report i traffici di rifiuti radioattivi e le contromisure da mettere in campo, deposito nazionale in primis

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Redazione EconomiaCircolare.com

Di scorie radioattive non si parla quasi mai, se non di recente per la pubblicazione della Cnapi, eppure il traffico di rifiuti radioativi è un tema spinoso. Lo dimostra il nuovo report di LegambienteRifiuti radioattivi ieri, oggi e domani: un problema collettivo”, pubblicato a ridosso del X anniversario dall’incidente di Fukushima (11 marzo). Numeri che descrivono il traffico illecito di rifiuti radioattivi nel nostro Paese.

L’illegalità radioattiva

Stando ai dati del ministero della Giustizia in Italia dal 2015 (anno di entrata in vigore dei delitti contro l’ambiente tra cui quello di traffico e l’abbandono di materiale ad alta radioattività) al 2019 i procedimenti penali avviati sono stati 25, di cui ben 14 contro ignoti (anche a causa del fenomeno delle cosiddette “sorgenti orfane” abbandonate tra i rifiuti e di cui non si riesce a tracciare l’origine). Dieci le persone denunciate, una arrestata.

Tra le inchieste per traffico di rifiuti radioattivi, l’ultima in ordine di tempo ha visto impegnata lo scorso febbraio la Direzione distrettuale antimafia di Milano che è riuscita a smantellare un’associazione a delinquere, con forti connessioni con la ‘ndrangheta, attiva nel traffico illecito di rifiuti, tra cui anche 16 tonnellate di rame trinciato contaminato radioattivamente. Un intreccio, quello tra rifiuti radioattivi e crimine organizzato, che preoccupa e fa parlare Legambiente di un Paese “in uno stato di insicurezza”.

Una questione di tracciabilità

L’antidoto a questa illegalità, secondo l’associazione, prevede diverse misure: dalla realizzazione del deposito nazionale di rifiuti a media e bassa attività alla piena applicazione della legge 68/2015 che ha introdotto i delitti ambientali nel codice penale, fino alla rapida entrata a regime del Sistema informatico di tracciabilità di tutta la filiera legata all’uso di materiali e/o sorgenti radioattive (previsto dal decreto legislativo 101/2020 che recepisce la direttiva 2013/59/Euratom).

“Tracciabilità e lotta ai traffici illegali, che vedono anche il coinvolgimento di organizzazioni criminali – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – devono essere al centro delle nuove politiche di gestione dei rifiuti radioattivi a media e bassa radioattività di origine sanitaria, industriale e da attività di ricerca da smaltire nel futuro deposito nazionale”.

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Rifiuti radioattivi: la situazione in Italia

In Italia, ricorda l’associazione, secondo gli ultimi dati disponibili (riferiti a dicembre 2019), ci sono 31mila metri cubi di rifiuti radioattivi collocati in 24 impianti distribuiti su 16 siti in 8 Regioni. A questi numeri andranno poi ad aggiungersi prossimi anni i rifiuti radioattivi ad alta attività che torneranno dopo il ritrattamento all’estero del combustibile esausto, e quelli di media attività che arriveranno dallo smantellamento degli impianti dismessi e da attività mediche, industriali e di ricerca.

Rifiuti radioattivi: la situazione in Europa

In Europa sono 3,46 milioni i metri cubi di rifiuti radioattivi (il 90% circa sono rifiuti a molto basso e basso livello di radioattività. 30 gli impianti, distribuiti in 12 Stati membri, per il trattamento e lo stoccaggio di questi rifiuti), e 126 le centrali nucleari attive distribuite in 14 Paesi (Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Olanda, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito). Oltre alle centrali nucleari attive per la produzione di energia, in Ue ci sono 90 impianti spenti, 3 in fase di decommissioning e 82 impianti utilizzati in ambito di ricerca, distribuiti in 19 Stati Membri (ai 16 elencati precedentemente si aggiungono Croazia, Polonia e Svizzera) che comunque producono rifiuti radioattivi.

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Scenario 2030

Le stime prevedono entro il 2030 un raddoppio dei rifiuti a molto bassa attività, mentre per le altre classi l’incremento sarà tra il 20% e il 50% e molti Stati si stanno preparando ad aumentare il numero di depositi idonei.

“Nella nostra Penisola – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – al di là dei 24 siti temporanei che gestiscono attualmente i rifiuti radioattivi, esistono anche 95 strutture autorizzate all’impiego di radioisotopi e macchine radiogene ben distribuite nelle varie regioni italiane a cui si aggiungono tutte le strutture ospedaliere o di laboratorio che fanno uso di tali macchinari”.

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