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lunedì, Dicembre 23, 2024

Un’etichetta di riciclabilità (come quella energetica) può favorire la circolarità delle plastiche

Con il responsabile della piattaforma RecyClass, Paolo Glerean, analizziamo il meccanismo messo in piedi per favorire la produzione e l’utilizzo di imballaggi plastici di qualità elevata e dunque più adatti al riciclo

Silvia Ricci
Silvia Ricci
Collabora dal 2009 con l’Associazione Comuni Virtuosi come referente Economia Circolare nella realizzazione di iniziative attinenti alla prevenzione dei rifiuti da imballaggio rivolti ai diversi pubblici. Scrive per il sito Comuni Virtuosi e altre testate su tematiche attinenti alla progettazione e gestione circolare dei manufatti monouso. Dal 2022 coordina la campagna nazionale “A Buon Rendere - molto più di un vuoto”, per una veloce introduzione di un Sistema Cauzionale per imballaggi monouso per bevande

Quando si parla di imballaggi la parola riuso sembra del tutto inappropriata: al più trovano spazio i termini riciclato o riciclabile, oppure biodegradabile e compostabile. Difficile però scardinare il principio che anche l’imballaggio possa essere riutilizzabile e non alimentare la perversa logica dell’usa e getta che, ahinoi, non riguarda soltanto la “famigerata” plastica.

Una classe per ogni plastica

Anche sul fronte del riciclo, poi, non sempre è possibile distinguere le plastiche riciclabili da quelle che non lo sono e non tutti gli imballaggi in plastica sono riciclabili allo stesso modo. Per aiutare i consumatori a orientarsi nella selva di flaconi e barattoli è nato qualche anno fa RecyClass, un sistema di valutazione della riciclabilità degli imballaggi in plastica che, sulla falsariga delle classi energetiche per gli elettrodomestici, attribuisce a ogni imballaggio una classe che va dalla A alla F a seconda del grado di riciclabilità.  Il responsabile di RecyClass, Paolo Glerean, ha seguito il progetto della federazione europea dei riciclatori Plastics Recyclers Europe fin dagli esordi e crede molto nella possibilità che questo strumento contribuisca ad armonizzare le linee guida finalizzate al riciclo, anche in considerazione del fatto che il “problema plastica” – ma sarebbe meglio dire “problema monouso” – è emerso nella sua dimensione attuale soltanto da pochi anni. “Usiamo le materie plastiche in modo diffuso da una settantina d’anni, eppure la loro riciclabilità a fine vita è diventata prioritaria solo molto recentemente – spiega Paolo Glerean a EconomiaCircolare.com –. Diciamo che il tema esiste da alcuni decenni ma mai come da un paio d’anni a questa parte è stato preso in seria considerazione”.

L’interesse dei grandi brand

L’idea di RecyClass è nata nel 2010 da un dialogo-confronto tra Glerean e Roberto Alibardi, fondatore di Aliplast spa. “Ci chiedevamo come poter classificare gli imballaggi in plastica in base a quanto fossero riciclabili – racconta Glerean –. Da quel dialogo è scaturito un embrione di progetto che ho presentato ad un incontro di Plastics Recyclers Europe, associazione della quale Aliplast era appena entrata a far parte. Con mia sorpresa, il neo-presidente Ton Emans ha subito colto l’importanza dell’idea e mi ha affiancato seduta stante alcuni riciclatori molto esperti, mettendomi a capo di una task-force per realizzare questo progetto”. Nel 2014 Plastics Recyclers Europe ha lanciato il tool online Recyclass.eu che consente di valutare gratuitamente la classe di riciclabilità di un imballaggio in plastica. La lettera A indica la classe migliore, quella che indica la massima riciclabilità dell’imballaggio, mentre la classe F è la peggiore. L’utente riceve informazioni su quali parti o componenti dell’imballaggio ne abbiano eventualmente causato il declassamento, in modo da mettere in evidenza le parti sulle quali bisogna concentrarsi per migliorare il prodotto.

“Lo scopo iniziale era – ed in parte è ancora – quello di supportare con uno strumento semplice le aziende medio-piccole, che rappresentano la spina dorsale dell’economia europea, nel processo di miglioramento della riciclabilità dei loro imballaggi. Solitamente queste aziende non hanno delle risorse interne specializzate in imballaggi e sono lasciate a loro stesse in queste scelte” prosegue Glerean, che però evidenzia un elemento che non si aspettava quando ha immaginato questo semplice meccanismo di comunicazione e trasparenza: “Con una certa sorpresa – aggiunge –, subito dopo il lancio abbiamo capito che il maggiore interesse verso lo strumento veniva manifestato da grossi brand i quali, usandolo, capivano quanto le loro nozioni sul riciclo delle materie plastiche non fossero propriamente connesse alla realtà”.

La piattaforma professionale

Dopo qualche anno in cui il dialogo tra il team di RecyClass e i grandi brands e trasformatori di materie plastiche si era fatto particolarmente intenso, il progetto è evoluto in una piattaforma professionale, RecyClass Platform, con personale altamente specializzato impiegato a tempo pieno su due obiettivi fondamentali: uniformare le linee guida sugli imballaggi in plastica in Europa e dare a queste una solida base scientifica, eliminando i pareri soggettivi sul tema per sostituirli con dai basati su test che replicano in scala laboratorio quanto avviene in un processo di riciclo e di trasformazione del riciclato in un nuovo prodotto. Oggi lo strumento online conta più di tremila utenti attivi.

“Se gli imballaggi sono progettati in modo da rappresentare a fine vita una vera risorsa in termini di valore, allora ci sarà qualcuno che se ne prenderà cura, avviandoli verso una filiera del riciclo che sarà remunerata da quanto valore potrà generare. Viceversa, se questo non avviene e quindi l’imballaggio esausto rappresenta solo un costo, allora nonostante tutti i sistemi più o meno cogenti o incentivanti, il materiale plastico in esso contenuto sarà sempre considerato un peso per l’economia” ci dice Glerean, spiegando che in questo senso RecyClass guida i produttori verso imballaggi di maggiore valore a fine vita e promuove indirettamente “una lobby costruttiva” che promuove una standardizzazione della raccolta e della selezione su scala europea. “Gli scaffali della grande distribuzione europea sono molto simili tra loro: nei diversi Paesi troviamo spesso gli stessi prodotti. Perché i sistemi di raccolta e la selezione non debbono essere il più possibile uniformati?” chiede il responsabile di RecyClass.

Il fatto che la plastica sia sotto attacco per il suo pesante impatto sugli ecosistemi e sulla salute, non significa, argomenta poi Glerean, che non rappresenti in molti casi una soluzione sostenibile: basti pensare al rapporto tra peso del contenitore e peso del contenuto. “Certo, non deve essere un alibi per disfarsene arrecando danno all’ambiente. Ma elevare la qualità del Design for Recycling consente di produrre materie prime seconde di qualità più alta a costi minori, in un’ottica circolare, sostituendo così la materia plastica vergine in modo vantaggioso”.

La differenza con altri sistemi

Una task force di Recyclass sta lavorando sulla creazione di linee guida per i cd. “recyclability claims”, un insieme di istruzioni sui comportamenti corretti da utilizzare in sede di dichiarazioni relative alla riciclabilità degli imballaggi in plastica. “Se consideriamo che alla piattaforma aderiscono i principali brand mondiali del settore, è facile immaginare come questo documento possa diventare una specie di disciplinare condiviso” spiega Glerean, e non basta: “La valutazione relativa alla classe di riciclabilità può essere apposta sull’imballaggio solo dopo una analisi condotta on-line e validata da un auditor autorizzato, che ne verifichi la veridicità ed attinenza al caso specifico. Solo dopo questo passaggio al richiedente è concesso l’uso del logo con la classe ottenuta”.

Ma in cosa si differenzia RecyClass rispetto a progetti di etichettatura che hanno interessato gli imballaggi di plastica e la loro riciclabilità in diversi Paesi? In realtà, i sistemi di etichettatura quasi mai si riferiscono alla riciclabilità, ma piuttosto indicano in quale tipo di raccolta vada conferito un imballaggio. Si ragiona dunque sulla categoria cui l’imballaggio appartiene: ad esempio, tutti i flaconi in polietilene ad alta densità HDPE, polietilene ad alta densità ricavato dal petrolio, in una determinata area sono raccolti e sperabilmente “widely recycled”, interamente riciclati. Un esempio è lo schema OPRL – On Pack Recycling Label in Inghilterra.

Schema OPRL - On Pack Recycling Label

Ciò che invece RecyClass fa è valutare il singolo imballaggio e non la sua appartenenza ad una categoria che, normalmente, viene raccolta e avviata a riciclo. “Solo così si può aumentare la qualità dei rifiuti da riciclare, mentre dare una definizione generale di “widely recycled” a una categoria non permette di attivare quella sana competizione tra produttori che consente il miglioramento continuo della riciclabilità” afferma Glerean. “Se il mio imballaggio è ‘widely recycled’ perché devo migliorare?” penserà il produttore, che ad esempio non si porrà nemmeno il problema di un eventuale flacone in HDPE etichettato come “widely recycled” ma che per il suo design particolare non potrà essere comunque riciclato.

Come ti valuto l’imballaggio

Da qui la necessità di puntare su un’analisi dettagliata che il produttore fa on line, con domande a risposta multipla e dieci test di svuotamento per misurare il residuo. Una auto-analisi alla quale chi voglia usare il logo RecyClass deve aggiungere la verifica e certificazione di un auditor autorizzato.

Glerean ci fa poi qualche esempio per aiutarci a comprendere la differenza tra un imballaggio da classe F a uno che merita la A. “Se non esiste una filiera di raccolta-selezione-riciclo, gli imballaggi finiscono direttamente in classe F dopo le prime domande poste dal tool” racconta –. Per gli imballaggi che invece hanno delle filiere dedicate, le domande valutano i singoli componenti o combinazioni, variando a seconda della tipologia dell’imballaggio”. Le domande su una bottiglia in HDPE saranno dunque diverse da quelle su un film flessibile, perché diverse sono le linee-guida sottostanti. L’uso di un’etichetta sbagliata – per esempio in PVC su una bottiglia in PET – causa pesanti declassamenti, mentre un’etichetta non ottimale ma tollerata come quelle di carta fa perdere un solo livello nella scala di valutazione.

Per ogni componente e sue combinazioni ci sono delle scelte preferite perché non impattano sui processi di selezione-riciclo (verde nel “semaforo” delle linee-guida), delle scelte tollerate in quanto hanno un impatto limitato e gestibile (arancione) o non tollerate affatto, in quanto mettono a rischio la riciclabilità dell’imballaggio (rosso). L’elenco di queste componenti è lungo e varia a seconda della categoria di imballaggio, può andare dal materiale di cui è fatto il corpo dell’imballaggio, fino ai collanti ed ai materiali usati per le etichette, ai materiali con cui sono fatti i tappi/chiusure o i film di sigillatura, la quantità e qualità di inchiostri usati per le stampe, gli eventuali materiali utilizzati per dare maggiore barriera alla luce o ai gas e così via. “Le linee-guida sono documenti tecnici, di difficile lettura per chi non è del settore. Il tool online nasce per rappresentare un’interfaccia semplice a favore dell’utente non tecnico” chiarisce Paolo Glerean.

In RecyClass, le linee-guida sono create e manutenute sulle basi di protocolli di prova standardizzati su basi scientifiche che simulano in scala laboratorio quanto avviene negli impianti di riciclo e completati con la trasformazione del riciclato in applicazioni finali di elevato livello qualitativo per verificarne, oltre alla riciclabilità, la vera e propria circolarità.

Il traguardo della massima riciclabilità

Insomma, un sistema di valutazione severo e particolareggiato potrebbe garantire enormi miglioramenti nella qualità e dunque nella riciclabilità degli imballaggi in plastica. Probabilmente, però, la preoccupazione legata all’inquinamento da plastica contribuisce a frenare la diffusione di piattaforme come Recyclass. “Al di là di operazioni di immagine, il vero punto non è ‘se’ usare o meno la plastica ma ‘come’ utilizzarla per conservarne i vantaggi, eliminandone l’aspetto negativo legato alla non riciclabilità. Da questo punto di vista, credo la Piattaforma RecyClass sia la testimonianza vivente dell’impegno dei brand e dell’industria del packaging nel voler trovare delle soluzioni vere al problema”. Per Glerean le imprese hanno realizzato che mancano standard condivisi relativamente a definizioni (non ne abbiamo ancora una univoca di cosa debba intendersi per riciclabile”, dice), metodologie di prova, dichiarazioni legate alla riciclabilità.

Tutto questo, se deve essere fatto bene, richiede tempo e lavoro. “Dal punto di vista normativo – riprende – la Commissione europea si sta muovendo in modo coerente e credo la Plastic Strategy pubblicata a gennaio 2018 sia un testo importante e con un approccio concreto al tema. Al suo interno si prevede la definizione degli essential design requirements, cioè verrà definito per via normativa cosa non va fatto in sede di progettazione di un imballaggio. Questo sicuramente aiuterà ad evitare gli sprechi più macroscopici di risorse e supporterà un percorso di maggiore standardizzazione. E la previsione di quantità obbligatorie di materiale riciclato nei prodotti/imballaggi sarà un fattore determinante per trainare la circolarità delle plastiche”. Dal punto di vista fiscale, poi, il presidente di RecyClass invoca sgravi come l’Iva agevolata o crediti d’imposta legati all’acquisto di materiale riciclato o la leva quasi-fiscale del contributo ambientale per i beni inseriti in contesti di responsabilità estesa del produttore. “Anche uno sconto sul contributo legato alla quantità di materia plastica riciclata, come sta avvenendo in Francia – conclude Paolo Glerean –, si inserisce tra gli strumenti a favore della circolarità Come anche le previsioni di contenuti di materia riciclata obbligatoria in alcune applicazioni, già previste dalla Plastic Strategy Europea.”

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