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venerdì, Luglio 5, 2024

Tassonomia green, l’Unione europea sceglie di non scegliere. Ancora resistenze sul nucleare e sul gas

La decisione, fa sapere la Commissione europea, è rimandata almeno a dopo l’estate con l’adozione di un nuovo atto delegato. Bruxelles tuttavia ha ribadito la necessità di fare presto con misure per favorire la finanza “verde” e gli investimenti sostenibili dei privati. Intanto arrivano gli standard sui green bond

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

Non c’è ancora la decisione dell’Unione europea sull’inclusione o meno del nucleare e del gas naturale di origine fossile nella “tassonomia green”, che stabilisce quali attività siano sostenibili ecologicamente e quali dannose per l’ambiente. La conferma è arrivata il 6 luglio, quando la Commissione europea ha presentato il “Piano per una nuova strategia di finanza sostenibile”. E in cui Bruxelles ha ribadito che su questo tema controverso si riserva di decidere in futuro separatamente.

Un’assenza che non passa sotto traccia: tra i settori inclusi nella regolamentazione ci sono le energie rinnovabili, i trasporti, il manifatturiero, l’edile, i servizi finanziari e persino le arti. È vero che messi insieme valgono l’80 per cento delle emissioni di gas serra dell’Unione europea eppure, sul tema energetico ed ecologico, nucleare e gas non sono certo ambiti di secondo piano. In passato alcuni Stati membri hanno minacciato il veto perché non considerano il gas un “combustibile di transizione” e invece lo considerano inquinante, mentre la Francia spinge perché anche il nucleare sia riconosciuto come tecnologia verde. Per uscire dall’impasse, la Commissione ha annunciato e avviato una serie di studi tecnici e spera, nel frattempo, che emerga una linea comune all’interno dei 27.

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A cosa serve la tassonomia green

La questione non è certo solo per amanti delle classificazioni. Riconoscere se una tecnologia, un’azienda o un investimento sia o meno ecologico è fondamentale per permettere al settore finanziario di rispettare gli obiettivi climatici del Green Deal e contribuire a raggiungere la neutralità energetica entro il 2050.

A ricordarlo è stato, nel corso della conferenza stampa, lo stesso vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis: «Servono 350 miliardi l’anno di investimenti aggiuntivi per arrivare ai target fissati per il 2030, più 130 miliardi per altri obiettivi ecologici. E il settore pubblico non può farlo da solo».

La svolta green dunque, secondo l’Unione europea, deve diventare appetibile anche per le aziende private, comprese le piccole e medie imprese, per i fondi di investimento, per gli intermediari finanziari e le banche che decidono di investire in progetti ecologici o in aziende sostenibili che rispettano gli standard ambientali.

Il concetto è che anche loro hanno da perdere per una mancata transizione ecologica. «Il cambiamento climatico è un pericolo per la stabilità finanziaria. Invece abbiamo bisogno di un settore finanziario resiliente ai rischi connessi al cambiamento climatico: ondate di caldo, incendi, alluvioni», ha chiarito Mairead McGuinness, la commissaria con delega ai servizi finanziari.

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Il pericolo greenwashing

Perché ciò sia possibile, deve essere semplice per gli investitori e per le aziende identificare investimenti ecologici e sostenibili ed essere sicuri che essi siano credibili, perché la transizione non avvenga in maniera disordinata. Insomma, i mercati e gli investitori hanno bisogno di informazioni trasparenti, chiare e comparabili sulla sostenibilità per prevenire il greenwashing.

Ovvero il pericolo del finto ambientalismo: tutte quelle aziende che si spacciano per sostenibili ma lo sono solo di facciata per ottenere finanziamenti o attrarre investimenti. Un pericolo, tra l’altro che coinvolge direttamente anche il settore pubblico, visto che quasi un terzo dei fondi dei Recovery Plan nazionali sono finanziamenti per la transizione verde: e potrebbero andare a chi non li merita veramente.

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Le misure concrete

Per questo motivo, il piano Ue «richiede alle grandi società finanziarie e non finanziarie di fornire informazioni agli investitori (la cosiddetta “disclosurendr) sulle performance ambientali dei loro asset e se le attività economiche sono in linea con la tassonomia Ue», ha fatto sapere Dombrovskis.

La Commissione europea vorrebbe, entro i primi mesi del 2023, rendere il rating ESG (Enviromental, Social e Governance: i tre fattori chiave per misurare la sostenibilità) per le società più affidabile e facile da comparare e favorire un meccanismo che permetta alle imprese “green” di raccogliere più investimenti.

Inoltre, sostiene la Commissione nel documento, «sarebbe necessario migliorare la competenza dei consulenti finanziari sugli investimenti ecologici» e, infine, stabilire una «roadmap» per incrementare gli investimenti nella «finanza digitale sostenibile».

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Gli standard sui green bond

Infine, sono previste una serie di strategie per il finanziamento della transizione ecologica. Tra questi rientrano i green bond: le obbligazioni che hanno un impatto positivo per l’ambiente. I green bond, emessi da attori istituzionali, sono utilizzati per finanziare progetti che riguardano l’efficienza energetica, la produzione di energia da fonti pulite, l’uso sostenibile dei terreni, il trattamento dei rifiuti.

La Commissione ha proposto un nuovo standard, per il momento “volontario” da adottare per le aziende e i governi che vogliono raccogliere denaro per progetti e programmi in difesa dell’ambiente e che risponde ai criteri individuati dall’Ue. L’emissione di obbligazioni green, ha fatto sapere McGuinnes, è ancora limitata a circa il 2-4% del totale del mercato obbligazionario, ma in forte crescita.

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I dubbi restano

Restano però alcuni punti in sospeso nel piano dell’Unione europea. Non sempre è chiarito come uno specifico problema individuato dalla Commissione potrà essere risolto a livello legislativo, ed è noto quanto tempo possa richiedere una nuova legislazione a livello europeo. Il timore, inoltre, è che la scelta di posporre la decisione su gas e nucleare sia frutto di un compromesso al ribasso con gli Stati membri più “resistenti” alla svolta green.

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