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venerdì, Novembre 15, 2024

Come l’Europa intende eliminare le sostanze pericolose dai rifiuti

La gestione dei rifiuti è un settore complesso su cui gli organi europei, attraverso legislazioni e direttive, stanno concentrando gli sforzi per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Se ne è parlato nel webinar "Waste Management: combining the circular economy with the zero-pollution ambition "

Simone Fant
Simone Fant
Simone Fant è giornalista professionista. Ha lavorato per Sky Sport, Mediaset e AIPS (Association internationale de la presse sportive). Si occupa di economia circolare e ambiente collaborando con Economia Circolare.com, Materia Rinnovabile e Life Gate.

Nell’attesa settimana della Green week dedicata all’obiettivo “zero inquinamento”, di grande interesse è stato l’incontro sulla gestione dei rifiuti.  Un settore di natura complessa sui cui gli organi europei, attraverso legislazioni e direttive, stanno concentrando i propri sforzi per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.  Durante il webinar Waste Management: combining the circular economy with the zero-pollution ambition si è parlato di riuscire a trovare  una necessaria coerenza tra gli obiettivi di riciclaggio e le norme relative alle soglie per le sostanze chimiche pericolose.

“Le norme per le sostanze chimiche nei riciclati non dovrebbero essere più rigorose di quelle relative ai prodotti” è uno dei principi della Chemicals Strategy for Sustainability Towards a Toxic-Free Environment pubblicato dalla Commissione europea nell’ottobre dello scorso anno. “Prevenzione è la prima parola chiave che mi viene in mente – interviene nella discussione Axel Singhofen, Advisor on Health and Environmental Policy Issues del Parlamento europeo. Evitare con la prevenzione che sostanze chimiche pericolose entrino nel circolo nel sistema produttivo è importantissimo. La circular economy da sola non è sufficiente, questo tipo di modello –non deve rigenerare sostanze tossiche”. Eliminare gradualmente l’uso delle sostanze PFAS che per esempio hanno inquinato le acque venete nel 2013 (l’azienda chimica Miteni è sotto processo), a meno che il loro uso non sia essenziale, è una delle priorità della strategia.

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Tracciamento

Tra le soluzioni presentate dal Parlamento europeo c’è il tracciamento delle cosiddette SVHC (sostanze estremamente preoccupanti). “Purtroppo molte sostanze che avrebbero dovuto essere bandite molti anni fa non sono ancora state vietate e continuano a circolare nei nostri prodotti e nella catena produttiva”, aggiunge Singhofen. Per tracciare però si devono avere le giuste informazioni sulle sostanze chimiche di cui è fatto un prodotto di cui al momento si sa davvero poco.  Uno strumento che ha guadagnato rilevanza nell’agenda politica europea dopo il Circular Economy Action plan è il Digital Product Passport (DPP), il passaporto digitale del prodotto che ha lo scopo di fornire informazioni coerenti sull’origine, opzioni di composizione, riparazione e smaltimento di un prodotto. “Questo innovativo passaporto etichetterà i prodotti attraverso diversi criteri – spiega Luis Carretero Sanchez, membro del European Commission DG Environment e Sustainable Chemicals Unit – che ci diranno con precisione quali materiali e sostanze sono stati utilizzati. Dovremmo trovare un equilibrio, perché negli anni a venire ci saranno ancora tanti prodotti contaminati”.

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SCIP, il database per rifiuti

Nell’ambito dell’attuazione del piano d’azione dell’UE per l’economia circolare adottato nel 2015, la direttiva sui rifiuti Waste Framework Directive (WFD), entrata in vigore nel luglio 2018, ha conferito all’ECHA (European Chemicals Agency) il compito di sviluppare una banca dati con informazioni sugli articoli contenenti sostanze estremamente preoccupanti (SVHC). “Le informazioni contenute nello SCIP aiuteranno gli operatori che si occupano di gestione dei rifiuti a selezionare e riciclare gli articoli contenenti sostanze estremamente preoccupanti – spiega Lorenzo Marotti, Scientific Support Exposure and Supply Chain Unit, European Chemicals Agency – e aiuteranno i consumatori a fare scelte informate e a considerare come utilizzare e smaltire al meglio tali articoli. Il database ha già ricevuto più di 10 milioni di notifiche con migliaia di aziende coinvolte, ma riteniamo che sia ancora troppo poco”.

Lorenzo Marotti poi ci tiene a precisare che la bontà delle informazioni ricevute dalla European Chemicals Agency è di responsabilità dei produttori del rifiuto. “Abbiamo pensato a un format flessibile– continua Marotti – puntiamo a un maggiore dialogo con gli imprenditori e industrie, cercando di capire i loro dubbi e le loro preoccupazioni”.

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Decontaminazione

Una volta individuati i rifiuti contenenti sostanze altamente preoccupanti grazie al database SCIP, entra il gioco il terzo principio ribadito più volte anche da Axel Singhofen: la decontaminazione. “Ci sono anche azioni non legislative che usiamo nella nostra strategia (Chemical Strategy) per decontaminare ed eliminare le sostanze dannose nei rifiuti – dice Luis Carretero . Stiamo lavorando a diversi progetti di riciclaggio chimico. Attenzione però che alcune tecnologie potrebbero essere buone per la decontaminazione ma potrebbero essere dannose per l’ambiente sotto altri aspetti”. Sostanze inquinati difficili da tracciare sono le POP (Inquinanti Organici Persistenti), sostanze organiche che persistono nell’ambiente, si accumulano negli organismi viventi e rappresentano un rischio per la nostra salute e per l’ambiente. Possono essere trasportate per via aerea, acquatica o migratoria attraverso i confini internazionali, raggiungendo regioni dove non sono mai stati prodotte o utilizzate.

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