I cantieri della comunità energetica di Napoli sono partiti il 22 marzo: l’impianto fotovoltaico da 53 kW sul tetto della sede della Fondazione Famiglia di Maria, quartiere di San Giovanni a Teduccio, è pronto. Resta da installare il sistema di accumulo. Una volta che gli impiantisti avranno terminato i lavori partirà la domanda di allaccio alla rete elettrica. Entro aprile l’impianto sarà funzionante e 40 famiglie del quartiere, insieme alla Fondazione, produrranno e consumeranno energia sul posto. Insieme a quella di Magliano Alpi, questa partenopea è una delle primissime comunità energetiche rinnovabili nate in Italia in attuazione del Decreto Milleproroghe 2020, che ha recepito la Direttiva 2001/2018 per progetti fino a 200 kW.
Il Sud protagonista
Il progetto, promosso da Legambiente e realizzato dall’impresa 3E di Napoli grazie al supporto della Fondazione con il sud – che copre i costi, circa 100 mila euro, in parte recuperati grazie al credito d’imposta – è l’inizio di un percorso che coinvolge appunto la comunità. Il lavoro di Legambiente e di Fondazione Famiglia di Maria continuerà infatti con le bambine e i bambini, le mamma e le associazioni del quartiere con percorsi di educazione ambientale, azioni di cittadinanza attiva monitorando i propri consumi elettrici e le dispersioni di calore delle abitazioni e poi info days per le scuole superiori sulle possibilità occupazionali legate ai green jobs. Insomma una comunità più ricca non solo di energia.
“Siamo felici – commenta Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente – che parta a Napoli una delle prime comunità energetiche in Italia, con un progetto che permetterà di condividere l’energia pulita prodotta dal sole”.
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Comunità energetica e solidale di Napoli
Una sfida che Legambiente definisce “rivoluzionaria”, con importanti ricadute non solo ambientali ma anche sociali: “Può aprire opportunità importanti – sottolinea Mariateresa Imparato, presidente regionale di Legambiente – per aiutare le famiglie del quartiere, un quartiere popolare ex operaio con grandi problematiche sociali e occupazionali. Insomma una occasione concreta di rigenerazione delle periferie”. In Italia, aggiunge, ci sono “oltre due milioni di famiglie in condizione di povertà energetica, che oggi possiamo aiutare con l’autoproduzione e condivisione di energia da rinnovabili e attraverso interventi che riducono i consumi delle abitazioni come prevede il progetto che porteremo avanti a San Giovanni a Teduccio”. Che non a caso è stata battezzata “comunità energetica e solidale”.
Grazie al sistema di accumulo, inoltre, l’energia non impiegata verrà venduta al GSE e il ricavato sarà distribuito tra i membri della comunità divenendo di fatto un’integrazione al reddito delle famiglie.
Un’occasione per le persone e per il territorio: “Il rilancio del Sud – sottolinea Imparato – passerà per progetti di questo tipo, che valorizzano il contributo del sole dentro progetti di rigenerazione sociale e urbanistica. La transizione ecologica di tutte e tutti che parte dal basso e tiene dentro al cambiamento le comunità”.
“Stiamo mettendo in ‘circolo atti d’amore’”, dice Anna Ricciardi, presidente della Fondazione Famiglia di Maria: “L’amore verso una generazione presente e verso una periferia usata e spesso dimenticata. Amore verso l’ambiente e verso una comunità che provvederà in una catena di mutuo soccorso ad alimentare buone pratiche: ambiente, energia solare, uguaglianza educativa, sono gli ingredienti che ci consentiranno un futuro più giusto”.
Diventare il precedente
Il processo che ha portato alla comunità energetica non è stato semplicissimo. “Essendo stati i primi – ricostruisce ancora Mariateresa Imparato – abbiamo dovuto affrontare la burocrazia senza poter fare riferimento a qualcuno che lo avesse fatto prima di noi. Per lo statuto portato al notaio non abbiamo potuto ispirarci ad altri precedenti”. Il precedente, ora solo loro di San Giovanni a Teduccio: “Tantissime persone ci stanno chiamando per avere indicazioni sullo statuto. Noi lo stiamo facendo girare perché l’idea è arrivare a 100 1000 comunità energiche, un modello di transizione energetica che rende protagonisti i cittadini”.
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Il recepimento integrale della direttiva
Grazie al recepimento anticipato di parte della direttiva Ue 2018/2001 sullo sviluppo delle rinnovabili che ha consentito la nascita della comunità energetica di Napoli, la proprietà degli impianti (fino a 200 kW) e l’energia prodotta possono essere condivisi da famiglie e imprese che occupano immobili prossimi tra loro. Il completo recepimento della Direttiva europea, previsto entro l’anno, permetterà di superare l’attuale limite delle dimensioni degli impianti condivisi aumentando le ricadute positive, dal punto di vista ambientale (riduzione delle emissioni climalteranti) ed economico, non solo per le famiglie (che riceveranno anche incentivi): l’Europa spinge infatti sulle comunità energetiche come strumento per una crescente diffusione delle rinnovabili, che vuol dire anche minore dipendenza energetica dall’estero.
Giovedì 1 aprile 2021 (h.18) segui il Circular talk PROSUMER e COMUNITÀ ENERGETICHE: la TRANSIZIONE ECOLOGICA dal BASSO
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