Per soddisfare i propri consumi, agli italiani servirebbero le risorse prodotte in un territorio cinque volte quello del Belpaese. Solo i giapponesi riescono a registrare un dato peggiore del nostro. Questo è ciò che emerge dall’esame dei dati diffusi dal Global Footprint Network, centro di ricerca che da anni calcola l’impronta ecologica dell’uomo, nonché la capacità del Pianeta e dei singoli Paesi di rigenerare le risorse consumate dalle attività umane, anche in termini di emissioni generate.
Come sappiamo dall’Overshoot day, la nostra specie continua a indebitarsi con il futuro consumando più risorse di quelle che la Terra mette annualmente a disposizione, ma non consumiamo tutti con la stessa velocità o voracità.
Che cosa si intende per biocapacità e cosa c’entra con l’impronta ecologica
La biocapacità identifica la capacità di rigenerare le risorse che necessitano all’umanità ed è quantificata dalle superfici richieste per produrre tali beni. L’impronta ecologica, invece, indica la quantità di risorse che si consumano. Se l’ecological footprint è più alta della biocapacità ci troviamo in una situazione di superamento ecologico (ecological overshoot) e siamo quindi di fronte a un deficit di “capacità biologica”.
Se si calcolano solo le risorse di un territorio e l’impatto prodotto dai suoi cittadini, a livello locale, inciderà anche la presenza – o meno – nel territorio di materie prime.
Se un paese è in deficit in relazione alle risorse mondiali pro quota, a livello globale questo “debito” potrebbe essere compensato dal “credito” maturato da un altro paese. Purtroppo, però, da molti anni, a livello globale, l’umanità intera registra un superamento ecologico e questo deficit è calcolato ogni anno con la determinazione dell’Overshoot day.
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Quando abbiamo iniziato a indebitarci con la Terra
Il fenomeno dell’impronta ecologica che supera la capacità biologica del Pianeta è una questione relativamente recente per l’umanità. Per migliaia e migliaia di anni, infatti, abbiamo vissuto senza preoccuparci del consumo delle risorse perché, effettivamente, riuscivamo a non avvicinarci a un livello di consumi tale da mettere in pericolo il capitale naturale. Dalla seconda metà dello scorso secolo, però, la situazione ha iniziato a cambiare velocemente.
Se negli anni ’60 potevamo vantare una condizione virtuosa, dopo un solo decennio abbiamo iniziato a superare il limite e turbare l’equilibrio: l’incremento costante del consumo di risorse anche in termini di perdita di biodiversità, di foreste, di acqua dolce e di produzione di emissioni climalteranti ha condotto l’umanità in una situazione di overshoot con una crescita pressoché crescente.
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Quando sarà l’Overshoot day 2021
L’Earth Overshoot day (quello globale quindi) viene annunciato ogni anno il 5 giugno, durante la Giornata mondiale dell’ambiente, ma alcuni dati già emersi possono già mostrare, in maniera indicativa, quando cadrà nel 2021.
Secondo le stime, nel 2019 tale ricorrenza è stata registrata il 31 luglio e quindi facendo registrare un ritmo di consumi che richiede, a favore dell’umanità, le risorse prodotte da circa 1,8 Terre. Nel 2020, a seguito dell’epidemia di coronavirus e dei conseguenti provvedimenti restrittivi emanati dai vari governi, per la prima volta l’Overshoot day ha avuto un forte arretramento spostando la data sul calendario al 22 agosto: pianeti necessari? “Solo” 1,6, ma ancora troppi. L’umanità si sta indebitando con il futuro rosicchiando quel capitale naturale fondamentale per generare le risorse che danno vita e nutrimento.
E quest’anno la cosiddetta ripresa post-Covid comincia già a intravedersi, purtroppo, anche sulla data dell’Overshoot day: rispetto al 2020, nel 2021 la ricorrenza viene anticipata al 29 luglio. Segno che la ripresa dei consumi è già in atto …
In base ai calcoli in corso, nonostante la pandemia, per il 2021 l’umanità vive come se avesse a disposizione 1,7 madri terre.
Ricordiamo che questi dati sono frutto di stime perché, come sottolineano gli esperti del Global Footprint Network, i calcoli sono elaborati sulla base di dati storici forniti dalle Nazioni Unite che possono avere un divario temporale di tre anni. Con il coronavirus si è colmata questa lacuna con ulteriori dati predittivi. Facendo una rapida proporzione potremmo comunque predire che tale ricorrenza, anche quest’anno, avverrà nel mese di agosto.
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Di quante Terre avremmo bisogno oggi se vivessimo come …
Se in tutto il mondo si registrasse lo stesso livello di consumi di risorse raggiunto dagli italiani, alla specie umana servirebbero quasi 3 Terre (più esattamente 2,8). Leggermente peggio degli abitanti del Belpaese si attestano giapponesi, tedeschi e francesi che ne consumano 2,9. Fossimo tutti statunitensi? Ce ne servirebbero ben 5 mentre, se fossimo tutti indiani, basterebbe meno di una Terra (0,7). Immaginando un orologio di 365 giorni, la fine della propria quota di risorse per gli USA si verificherebbe il 14 marzo mentre per il Quatar, addirittura, il Global Footprint Network fissa la data al 9 febbraio.
Il primo paese europeo? Il Lussemburgo (15 febbraio), seguito da Danimarca, Belgio e Svezia (in marzo). Per gli italiani? Il rintocco delle campane avviene il 13 maggio.
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Cosa possiamo fare
La campagna correlata alla comunicazione degli overshoot dei singoli paesi e globale è connessa a quella #Movethedate, ovverosia l’invito rivolto a chiunque a fare la propria parte per cominciare a spingere più in là, durante l’anno, la data di fine delle risorse annuali. Una sezione intera del portale è dedicata a dare idee e coinvolgere i cittadini in tal senso. Per maggiori info potete cliccare qui.
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Vedere l’impatto dell’umanità sulla Terra in pochi attimi
Google Earth ha raccolto milioni di immagini satellitari per fare vedere come l’impatto dell’uomo e il climate change abbia cambiato la terra: ghiacciai, spiagge e foreste non sono più le stesse. Vedere i mutamenti con i propri occhi potrà forse aiutare le persone ad essere più consapevoli. Per questo i video delle aree mappate e monitorate saranno disponibili non solo sulla nota app ma anche su Youtube. Google, a tal riguardo, ha deciso di aggiornare le immagini almeno una volta l’anno per continuare a monitorare le modifiche.
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