Quella sui rifiuti è una tassa comunale ed è l’ente locale a scegliere il modello di tariffa prescelto per far fronte ai costi di raccolta della spazzatura e del suo smaltimento. Negli ultimi anni l’obiettivo del tributo è stato non solo quello di coprire i costi ma anche di essere una leva per la messa in atto di buone pratiche da parte dei cittadini.
Con il decreto ministeriale del 20 aprile 2017 è stata introdotta la possibilità di adozione della tariffazione puntuale, nata per introdurre un criterio di equità fiscale, basato sull’obiettivo per cui l’utente paghi in base alla quantità di rifiuti indifferenziati prodotti e conferiti.
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Che cosa è la Tarip e come funziona
Tarip è l’espressione che identifica la tariffa puntuale, un metodo alternativo di calcolo della tassa sui rifiuti rispetto alla Tari che viene determinata in base alle dimensioni degli immobili. Chi ha la Tari vede infatti indicare i metri quadri della propria abitazione come elemento principale di riferimento.
La Tarip parte invece dal principio “chi produce i rifiuti li paga” ovvero si calcola in relazione al quantitativo di rifiuti prodotto. Tale sistema mira a ridurre i rifiuti, in particolar modo quelli indifferenziati, e incentivare le persone a realizzare una corretta raccolta differenziata per consentire un più efficace recupero di materie prime seconde grazie al riciclo.
Esemplificando, la tariffa in questione ha una parte fissa che serve a coprire le spese non legate alla produzione dei rifiuti – come ad esempio la pulizia di strade e spazi pubblici e i cosiddetti costi incomprimibili (tra questi si può citare il costo dell’uscita dei mezzi per il quale non rileva la quantità di rifiuti raccolti) e una variabile per la quale pesa, letteralmente, la pattumiera di casa, o più specificamente il rifiuto residuo (RUR). In base a tale strategia vengono quindi premiati in particolar modo quei cittadini che riescono a mettere a dieta la pattumiera di rifiuti non riciclabili.
Come nota Enzo Favoino, coordinatore scientifico di Zero Waste Europe (il network europeo di riferimento per i temi relativi all’Economia Circolare) “l’introduzione della tariffazione puntuale rappresenta anzitutto uno strumento di maggiore perequazione dei costi di gestione del sistema, in quanto l’utente paga in relazione all’effettivo costo d’uso del sistema, con particolare riferimento allo smaltimento del RUR che è la componente di maggiore costo relativa alla gestione post-raccolta, nelle condizioni tipiche europee, e questo risponde pienamente al principio chi inquina paga. Ma c’è di più: lo strumento, già applicato in alcune centinaia di Comuni in Italia (e diffusissimo nel resto d’Europa) determina una maggiore attenzione non solo in fase di separazione, ma anche di acquisto, indirizzando le scelte verso merci e servizi meno wasteful, meno inclini a generare rifiuti non riusabili o riciclabili. L’effetto netto tipico che rileviamo è che in sistemi ove l’introduzione delle raccolte domiciliari ha già consentito di conseguire livelli elevati di raccolta differenziata (tipicamente tra il 60 e l’80% del RU) e una conseguente importante riduzione del RUR (tipicamente tra 100 e 200 kg/abitante per anno) la Tarip in genere determina un dimezzamento netto della quota di RUR, spostando i livelli di RD verso l’80-90% e il RUR sotto la soglia dei 100 kg. E questo avviene non solo nei piccoli Comuni, ma anche in città di dimensione media e grande (alcuni capoluoghi di Provincia come Treviso e Parma hanno già adottato questo approccio, nda)”.
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La Tarip può essere migliorata?
Se con la Tarip si è consentito di fare un salto di qualità in termini di raccolta differenziata e riduzione dei rifiuti, a circa quattro anni dalla sua introduzione oggi ci si interroga se il modello di calcolo possa essere ulteriormente migliorato sia in termini di risultati finali che di equità nei confronti dei cittadini più virtuosi. In un sistema di raccolta differenziata efficace infatti, l’indifferenziato pesa per il 20-25% ma da solo può non essere idoneo a dare indicazioni utili per la riduzione complessiva degli scarti di una famiglia. Ad esempio un modello che guardi solo all’indifferenziato non valorizza quelle famiglie che lottano contro gli sprechi alimentari che sappiamo oggi essere una delle battaglie ancora da vincere.
A porsi il quesito di come ricalcolare il tributo recentemente è stato un gruppo di esperti legato a Junker app, che ha ipotizzato una determinazione della tariffa non solo in base alla quantità del rifiuto indifferenziato prodotto, ma anche in relazione alla CO2 prodotta per la gestione complessiva dei rifiuti domestici.
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La sperimentazione del calcolo della tassa sui rifiuti in base alla CO2
Per valutare la bontà della proposta del ricalcolo, è stata realizzata una sperimentazione – col supporto tecnologico di Junker app – condotta a Terre Roveresche (PU) da Andrea Valentini, Luca Belfiore dello studio associato Wastelab, e Mauro Sanzani, i cui risultati sono stati presentati ad Ecomondo. Il risultato del progetto ha registrato una riduzione del 25% della CO2 emessa, risparmi economici tangibili e maggiore equità per i cittadini.
Nel piccolo comune del pesarese è stato sperimentato un modello avanzato di calcolo della tariffa puntuale, che tiene conto non solo dei rifiuti indifferenziati conferiti dalle utenze, ma contabilizza più frazioni, tra cui la frazione organica e la carta. Non solo. Questo modello, sviluppatosi sulla base della metodologia Carbon WastePrint, validata da RINA Service Spa in conformità ai principi della norma UNI EN ISO 14064-2:2012, associa a ogni frazione un fattore di emissione, consentendo così di calcolare la quantità di CO2 prodotta dalla singola utenza nella gestione dei propri rifiuti.
“Siamo stati coinvolti dai colleghi di Wastelab nella sperimentazione di Terre Roveresche con due obiettivi specifici – ci ha spiegato Noemi De Santis, responsabile comunicazione di Junker app – In primo luogo, abilitare le utenze a fare una raccolta differenziata ancora più accurata e priva di errori, che è poi la mission principale di Junker app. Ma anche rendere più efficiente il servizio di gestione dei rifiuti, offrendo la possibilità ai residenti nelle zone a bassa densità abitativa (le cosiddette “case sparse”) di prenotare il ritiro delle varie frazioni (carta, plastica, vetro etc) solo quando necessario, con un bottone in app. Questo sistema ha consentito di risparmiare viaggi a vuoto dei camion che raccolgono i rifiuti, con importanti risparmi aggiuntivi di risorse ed emissioni. È stata la prova che, in una filiera complessa come quella dei rifiuti, ogni azione, per quanto piccola possa sembrare, ha effetti esponenziali sui passaggi successivi. E questo ci sembra un vero cambio di paradigma, che va peraltro nella stessa direzione delle regolamentazioni che ARERA sta introducendo. Ecco perché siamo certi che il “modello Terre Roveresche” sia una sorta di anticipo del futuro che ci attende, in cui ognuno sarà pienamente responsabile dei propri rifiuti e avrà un ruolo attivo nella loro gestione e nell’impatto prodotto”.
In base a tale modello di calcolo i risultati per gli abitanti di Terre Roveresche sono risultati diversi rispetto ai modelli premianti della Tarip. Il 17,9% delle utenze ha infatti registrato una riduzione della tariffa, laddove – si rileva nello studio – con il modello Tarip standard avrebbero ottenuto un incremento.
In relazione al monitoraggio del risparmio in termini di CO2, il modello Carbon WastePrint ha consentito di registrare una riduzione di 2.901 tonnellate di CO2 da parte dei cittadini di Terre Roveresche, pari a circa il 25% in meno rispetto all’anno precedente.
Per ciò che concerne il Comune, si è registrata una riduzione del costo del servizio di gestione dei rifiuti. Tale risparmio verrà ripartito sotto forma di sconto per gli utenti più virtuosi.
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