Los Angeles nel novembre 2019 è una metropoli sovrappopolata, le strade zuppe d’acqua e di immondizia, il traffico incombente. E ancora, torri che sprigionano fiamme, grattacieli con enormi schermi pubblicitari e macchine volanti. O almeno, è così che nel 1982 il regista Ridley Scott immaginava la Los Angeles del futuro nel capolavoro cinematografico Blade Runner.
Ma questa è soltanto una delle tante rappresentazioni di città del futuro che ci ha regalato il grande schermo. A volte precorrendo i tempi, altre meno. È un dato di fatto però che qualcosa stia accadendo realmente.
Da qualche anno a questa parte assistiamo al mutare dei centri urbani in smart city. La pandemia poi, ha in qualche modo accelerato questo processo, portando a ripensare il concetto di città, in chiave innovativa e sostenibile. Nel mondo stanno sorgendo diversi progetti di città del futuro, dagli Stati Uniti al Messico, passando dall’Arabia Saudita e il Giappone. Alcune sembrano delle utopie irrealizzabili, altre sono addirittura già state inaugurate.
Certo, non sappiamo se vedranno mai la luce o se, come spesso accaduto in passato, si risolverà tutto in una bolla di sapone. Quel che è certo, è che il tessuto delle nostre città è destinato a cambiare per sempre.
Come saranno le città del futuro?
A conferma che il cinema non ci era andato poi così lontano, quando la multinazionale sudcoreana Samsung ha chiesto a sei studiosi e futurologi di immaginare come vivremo nel 2069, questi hanno parlato di schermi e tecnologie pervasive, case autopulenti e taxi volanti.
Il loro rapporto Samsung KX50: The Future in Focus spiega che tra cinquant’anni le persone saranno concentrate maggiormente negli ambienti urbani, sempre connesse a dispositivi intelligenti, si sposteranno con veicoli a guida autonoma e taxi volanti, un po’ come quelli che hanno già preso servizio a Parigi, treni superveloci e autostrade acquatiche.
Di certo però, il primo prerequisito essenziale che dovranno avere le città del futuro, sul quale tutti gli esperti concordano, è la sostenibilità. Città sempre più a impatto zero, che puntino a soluzioni di mobilità dolce per ridurre i livelli di CO2 e con edifici sicuri ed energeticamente efficienti, per una qualità della vita migliore per tutti.
Inoltre, come ogni anno, il report Emerging Long-Term Megatrends dell’Italian Institute for the Future elenca dieci fenomeni emergenti da tenere d’occhio per la loro capacità di produrre effetti dirompenti sul lungo termine. Tra questi, ne segnala alcuni che sono destinati a modificare profondamente l’assetto delle nostre città e le nostre abitudini di vita.
In primis, gli straordinari sviluppi nel campo dell’intelligenza artificiale, che daranno definitivamente il là all’automazione del lavoro e l’Internet of Things nelle nostre città. Attenzione anche al crollo del prezzo del petrolio e l’accelerazione dell’elettrificazione dei trasporti, oltre alla crescita del mercato dei digital twins. Questi ultimi, “gemelli digitali” in italiano, sono repliche digitali o equivalenti virtuali di prodotti e processi destinati ad avere ampia diffusione nell’industria manifatturiera come nella gestione delle supply chain, per la loro capacità di simulare scenari e consentire interventi in ottica anticipatrice e in modalità remota. A quanto pare, Singapore e Regno Unito starebbero già investendo nella realizzazione di gemelli digitali di intere città, per fare un salto di qualità nello sviluppo delle città intelligenti.
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Case galleggianti e grattacieli del futuro
Inoltre, se è vero che entro il 2050 almeno il 90% delle più grandi città del mondo dovrà affrontare l’innalzamento del mare, bisognerà trovare delle soluzioni. Lo studio sudafricano BPAS Architects ha immaginato un futuro nel quale il deserto del Sahara si è decuplicato e gli oceani coprono oltre l’80% della superficie terrestre. Ma, a dispetto di questo, l’acqua è un bene raro, perché la superficie terrestre è così calda che qualsiasi pioggia evapora centinaia di metri prima di raggiungere il suolo.
Così gli architetti dello studio BPAS stanno progettando un grattacielo per la raccolta dell’acqua che raggiunge i mille metri ed è in grado di raccogliere l’umidità prima che evapori. L’acqua viene quindi trasportata lungo il grattacielo fino a strutture di stoccaggio sotterranee, dopodiché le pompe a energia solare la trasportano nelle aree agricole o nelle case delle persone.
Il progetto è ancora soltanto su carta: è stato uno dei finalisti del concorso di design Redesign the World di Dezeen, che mirava a cercare nuove idee per garantire che il Pianeta rimanga abitabile a lungo.
Anche un gruppo di designer del Sony Creative Center ha voluto immaginare un futuro distopico, nel quale sarà indispensabile vivere in una case mobili galleggianti, dotate di sistemi elettrici e idrici.
Ogni casa sarebbe dotata di pannelli solari sui tetti e filtri che puliscono l’acqua potabile, ma non sarebbe fissa. L’idea dei progettisti infatti, è che le unità abitative si spostino all’interna della baia di Tokyo: potrebbero anche connettersi tra loro per formare una struttura più grande e più stabile durante le tempeste e agganciarsi a serbatoi di energia galleggianti in caso di necessità.
In realtà, non si tratta della prima comunità galleggiante mai progettata: nel 2019, il Bjarke Ingels Group aveva presentato il suo progetto per le Nazioni Unite: Oceanix City.
Telosa: una città sostenibile nel deserto
A settembre 2021, il miliardario ed ex CEO della catena di supermercati Walmart, Marc Lore, ha annunciato il progetto di una smart city sostenibile da costruire nel deserto americano. Si chiamerà Telosa, dal greco “telos”, termine usato dal filosofo Aristotele per descrivere uno scopo superiore.
Destinata a ospitare 5 milioni di persone nel 2060, dovrebbe estendersi per circa 106 km quadrati ed essere caratterizzata da un’architettura ecologica, una produzione di energia sostenibile e un sistema idrico in grado di sfruttare al massimo le esigue risorse del territorio.
“Telosa sarà piena di vita come New York, pulita come Tokyo e sostenibile come Stoccolma”, ha annunciato lo stesso Lore.
In un video promozionale, descrive Telosa come “la città più aperta, equa e inclusiva del mondo”. Un concetto centrale del progetto, infatti, è l’equitismo, neologismo che indica “un sistema economico nel quale gli abitanti hanno una partecipazione nella città in cui vivono”. In pratica, chi vive a Tolosa ne è anche proprietario: se la città migliora, anche i cittadini vivono meglio.
Per costruirla però serviranno fondi per 400 miliardi di dollari. Per convincere gli investitori, anche Lore ha affidato il progetto al prestigioso studio americano Bjarke Ingels Group, che ha già diffuso i rendering digitali.
I primi residenti dovrebbero essere accolti nel 2030, ma la posa della prima pietra è ancora lontana. Non si sa con precisione dove sorgerà questa città del futuro, ma alcune zone possibili (tutte negli USA) sembrano essere il Nevada, lo Utah, l’Idaho, l’Arizona, il Texas e la regione degli Appalachi.
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La città smart di Toyota
È sempre dello studio americano BIG il progetto della città del futuro inaugurata circa un anno fa (era il 27 febbraio 2021) da Toyota alle falde del Monte Fuji, in Giappone.
La città dovrebbe ospitare 2mila persone ed è stata chiamata Woven City.
Secondo le intenzioni dei suoi ideatori, dovrebbe estendersi su una superficie di 70 ettari e presentare un ecosistema “completamente connesso alimentato da celle a idrogeno”. La città è anche considerata come un “laboratorio vivente” in cui i ricercatori vivranno e lavoreranno su progetti come guida autonoma, robotica, mobilità personale, case intelligenti e intelligenza artificiale.
La città sarà ecologica poiché gli edifici saranno costruiti principalmente in legno per ridurre al minimo le emissioni di anidride carbonica. Saranno inoltre dotati di pannelli solari per generare elettricità e contribuire a integrare alla produzione di idrogeno.
Una città completamente di legno
Al legno aveva puntato anche Google, per realizzare il suo nuovo quartier generale di Toronto, Quayside. A tutti gli effetti una piccola smart city, realizzata appunto completamente in legno, da utilizzare per testare nuove infrastrutture urbane e tecnologie, come ad esempio le auto senza pilota.
Il progetto è però naufragato, ma il legno rimane un grande protagonista delle città del futuro, perché si tratta di un materiale fondamentale per conferire agli edifici efficienza energetica e, al contempo, garantire resistenza statica, mantenendo un’estetica moderna e gradevole.
Negli ultimi anni, dal Canada al Nord Europa, fino al Giappone, si sono susseguiti gli esempi di costruzioni 100% in legno multipiano anche se, fino ad oggi, sopra certe dimensioni si sono sempre usate strutture miste in cemento o acciaio. Come nel caso del grattacielo norvegese Mjøstårnet (85 metri per 18 piani complessivi) di Brumunddal e il Treet (“albero” in norvegese) di Bergen, 14 piani misti legno-cemento.
In Giappone invece, lo studio di architetti Nikken Sekkeialla (https://www.nikken.co.jp/ja/) sta lavorando alla costruzione di un palazzo di 350 metri quasi completamente in legno (solo il 10% dell’edificio prevede l’uso dell’acciaio), che dovrebbe vedere la luce a Tokyo non prima del 2041. Ma è dell’azienda svedese Anders Berensson Architects, il progetto dell’edificio interamente in legno più grande del mondo, ideato per cercare soluzioni sostenibili per l’industria del legno svedese, che ogni anno produce 970mila tonnellate di emissioni di CO2.
Il regime saudita punta sulle smart cities
Anche l’Arabia Saudita avrà la sua città del futuro. O almeno, questo è l’obiettivo del principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman che, nella ricerca di ridurre la dipendenza dal petrolio, ha lanciato il progetto di Neom, che punta ad essere la smart city più vasta al mondo. La sua estensione dovrebbe essere all’incirca pari a quello del Belgio.
Sarà alimentata interamente da fonti rinnovabili, utilizzerà big data, intelligenza artificiale e riconoscimento facciale (con non pochi dubbi sul controllo e la privacy) e sarà attraversata solo da mezzi a guida autonoma. Dovrebbe sorgere nella provincia di Tabuk, tra il Mar Rosso e il Golfo di Aqaba.
Il piano di Neom è stato annunciato per la prima volta nel 2017, con l’obiettivo di far decollare almeno la prima fase dell’iniziativa entro il 2025. Negli ultimi mesi però sembra essersi fermato, sia per motivi economici – il costo della smart city è stato quantificato in circa 500 miliardi di dollari – sia a causa di tensioni e incertezze sulla sua realizzazione. Recentemente, il Wall Street Journal ha raccontato che molti esperti e consulenti assunti dal regime saudita si sono dimessi o sono stati licenziati per avere espresso dubbi sulla praticabilità del progetto.
Nonostante questo, però, lo scorso anno Bin Salman ha presentato un altro faraonico progetto urbanistico che dovrebbe completare Neom: la città The Line. Un piccolo centro collegato alla città principale, non avrà automobili, né strade e non produrrà emissioni di carbonio. Sarà distribuito su tre livelli: la superficie per i pedoni, mentre i due strati sotterranei verranno utilizzati per il trasporto e le infrastrutture. Scuole, negozi e altri luoghi d’interesse saranno tutti raggiungibili in 15 minuti a piedi. Ammesso che tutto questo vedrà mai la luce.
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L’italiana Smart Forest City
C’è anche un po’ d’Italia in questa corsa alla realizzazione della città del futuro. L’architetto e urbanista Stefano Boeri, infatti, è stato ingaggiato dal Grupo Karim’s per realizzare una smart city ecosostenibile e autosufficiente sul piano energetico a Cancun, in Messico.
Si chiama Smart Forest City e mira a ospitare fino a 130mila abitanti e 120mila piante appartenenti a 350 specie differenti. Il funzionamento dell’area metropolitana si basa sui concetti dell’economia circolare. Non a caso, le parole chiave del progetto sono racchiuse dentro le quattro R: riduzione, riparazione, riutilizzo e riciclo.
L’acqua gioca un ruolo primario: grazie ai canali e all’installazione di pannelli fotovoltaici, sarà possibile alimentare la città in maniera totalmente sostenibile. I canali saranno anche navigabili e l’acqua, raccolta all’ingresso della città in un grande bacino, permetterà l’irrigazione dei campi. La città assorbirà annualmente circa 5.800 tonnellate di CO2. Le automobili non potranno entrare in città: all’interno ci si sposterà soltanto utilizzando mezzi semiautomatici ed elettrici.
Sul sito del progetto di Stefano Boeri, Smart Forest City viene descritta come “un ecosistema urbano in cui natura e città si intrecciano e agiscono come un unico organismo lasciando spazio alla vegetazione selvaggia che si colloca all’interno del suolo pubblico e viene considerata come un elemento fondamentale nella progettazione”.
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Singapore 2100
Le città del futuro dunque dovranno essere resilienti, sostenibili ed in perfetta simbiosi con la natura. Così le immagina anche il celebre studio di architettura WOHA, che lavora sulla Singapore del 2100.
In realtà, Singapore è già oggi una delle città più smart del mondo, come emerge anche dal report elaborato da Smart Cities World. Ma nella Singapore del 2100 metà della superficie sarà destinata alla natura e metà agli spazi urbani. Grazie all’incremento della biodiversità, il calore urbano si riduce, l’aria è più pura e la qualità di vita dei residenti è destinata a migliorare.
Sono previsti grandi spazi per il trasporto pubblico, i percorsi pedonali e ciclabili. I mezzi privati sono prevalentemente elettrici, le autostrade e le grandi arterie di collegamento si sviluppano sottoterra.
L’incremento della popolazione mondiale e il progressivo spostamento verso le metropoli faranno sì che le città si sviluppino prevalentemente in altezza. La suddivisione degli spazi immaginata da WHOA prevede, nello strato sotterraneo, i servizi e la logistica. Le zone commerciali, comunitarie e naturali saranno invece al livello del suolo. Infine, le parti dove vivere e lavorare saranno a metà altezza, all’interno degli edifici, con gli ultimi piani destinati ad accogliere sistemi di produzione energetica e il verde per la raccolta dell’acqua piovana.
Singapore 2100 è attualmente soltanto un video che rappresenta uno sguardo nella direzione verso cui dovremmo muoverci sin da ora per evitare una catastrofe globale.
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