[di Elena Tioli su TerraNuova.it del 07.12.2017]
Presentato a Roma “Storie di economia circolare”, l’atlante interattivo che racconta le storie di cambiamento dal basso che nel nostro paese stanno facendo la differenza
Produrre carta con gli scarti del kiwi. Creare piastrelle porcellanate da vecchi tubi catodici delle tv. Fare ecopelle con residui della produzione del vino. Costruire un parco giochi con vecchie pale eoliche. Trasformare gli avanzi della tosatura in isolante termico per case. Realizzare tessuti con le bucce delle arance. Coltivare funghi con gli scarti del caffè. Costruire campi da calcio in sughero o gomma riciclata.
Insomma non c’è dubbio: un’Italia che sta portando avanti un profondo cambiamento c’è e raccontarla non solo è lodevole ma – come da sempre noi di Terra Nuova riteniamo – è davvero indispensabile. Per dare il buon esempio, certo, ma anche e soprattutto per valorizzare queste realtà e farle divenire, finalmente, volano anche di quell’altra economia, quella basata sul Pil, la crescita e il paradigma ormai obsoleto delle risorse infinite e dell’aumento costante della produzione.
Martedì 5 dicembre al Campo dei Miracoli al Corviale (Roma) si è mosso un importante passo in questa direzione. Un posto non a caso. Siamo in piena periferia di Roma di fronte al cosiddetto serpentone. In un luogo che fino a qualche anno fa luogo di spaccio e criminalità in mano alla Banda della Magliana e che oggi è un bene pubblico restituito alla collettività e alla legalità. Ma anche alla sostenibilità: legno, argilla, canapa, canniccio, pannelli solari, geotermia, nel Campo dei Miracoli non c’è cemento e non c’è plastica. Si tratta del il primo esperimento di BioArchitettura Sociale in Italia. Qui tutto è stato realizzato con materiale biodegradabile, commestibile e in autocostruzione. Al suo interno si trova Radio Impegno , la radio che non dorme mai, e la prima sede di Calciosociale italiana. “Un luogo di riscatto sociale, di riconoscimento e di bellezza partecipata, a km0, costruita e pensata insieme” come l’ha definito Massimo Vallati.
Insomma non potevano scegliere luogo migliore per presentare il progetto “Storie di Economia Circolare”: un atlante virtuale, una mappa interattiva e in continuo aggiornamento, per raccogliere tutte le migliori esperienze di Economia Circolare italiana. Al portale www.economiacircolare.com sarà abbinato anche un Concorso a premi per “raccoglitori di storie”, patrocinato dal Ministero dell’Ambiente, che premierà ogni anno giornalisti, scrittori, fotografi e videomaker che attingeranno dall’Atlante per individuare le storie da raccontare e da presentare in gara. Le storie vincitrici saranno pubblicate ogni anno su testate giornalistiche di rilevanza nazionale, dando ulteriore occasione di visibilità alle aziende virtuose raccontate.
L’iniziativa, promossa da Ecodom Consorzio e CDCA – Centro Documentazione Conflitti Ambientali insieme a Poliedra – Politecnico di Milano, A Sud Onlus, Fondazione Ecosistemi, Banca Etica e Zona, è nata “dalla necessità di promuovere a livello culturale un cambiamento radicale del sistema di sfruttamento delle risorse e delle persone, dei cicli di produzione e delle abitudini di consumo”. A spiegarlo è come spiega la Presidente CDCA Marica Di Pierri che aggiunge quanto sia importante “testimoniare e mettere in rete queste buone pratiche, al fine di rendere fruibili gratuitamente ai cittadini così da innescare processi di consapevolezza, favorire lo scambio di esperienze e la promozione di modelli economici fondati su filiere etiche e sostenibili”.
Alla presentazione hanno partecipato la Presidente Associazione A Sud, Laura Greco, il Direttore Generale Fondazione Ecosistemi, Silvano Falocco, il regista Andrea Segre, Emiliana Renella di Banca Etica e Giorgio Arienti, Direttore Generale Ecodom nonché co-promotore del progetto, che ha denunciato come molto spesso oggi il pericolo risiede nella stessa economia circolare, quella del riciclo a tutti i costi: “Un’economia circolare che non si preoccupa dell’aspetto ambientale è assimilabile a qualsiasi altra corsa all’oro. Abbiamo bisogno di standard di qualità obbligatori per tutti emanati a livello europeo. E abbiamo bisogno di parametri per misurare chi fa economia circolare. Non solo dal punto di vista del risultato economico. Questo è l’unico modo per premiare i soggetti che effettivamente chi fa economia circolare. Tutto il resto è greenwashing”.
A fargli eco è stata Silvia Pezzoli, ricercatrice poliedrica che spiega che proprio alla base della mappatura dell’Atlante vige un principio di integrazione a 360 gradi: “Ciò che descrive in miglior mondo l’economia circolare è l’integrazione, l’unica modalità che ci resta per affrontare crisi di fatto integrate. L’economia circolare non può che basarsi sulla sostenibilità ambientale e sociale insieme”.
Quindi: riduzione dei consumi energetici, transizioni verso energie rinnovabili, utilizzo di materie prime non vergini, ma anche filiere etiche sostenute da realtà, associative e produttive, pubbliche e private, in grado di andare oltre al business e di cooperare tra loro sulla base di conoscenze e decisioni condivise.
Tutti d’accordo i presenti, esperti, scienziati e politici, sulla necessità di far evolvere il sistema in questa direzione.
Simona Bonafè, Parlamentare Europea, relatrice del pacchetto legislativo sull’economia circolare approvato il marzo scorso dal Parlamento Europeo, ha raccontato come proprio questo pacchetto dovrebbe essere concluso entro fine anno. Una crescita inclusiva che fa leva su un dato di fatto: in Ue siamo poveri di materie prime ma ricchi di innovazione. Non è solo economia di rifiuti o ambientale ma ha l’ambizione di essere un nuovo modello di sviluppo. Non bastano storie di imprenditori virtuosi ma serve un sistema. L’economia circolare è una necessità. Se continuiamo così il pianeta ci presenterà il conto.
Gli ha fatto eco Stefano Mazzetti che ha precisato come in realtà l’Italia non sia in una posizione così negativa nel quadro europeo ma che per avvantaggiarci serve un cambio di paradigma che non ragioni esclusivamente sul rifiuto e sullo smaltimento ma che consideri tutta la catena. “Il nodo di fondo è la relazione tra quello che il singolo fa e il ritorno economico che si ha – chiarisce Mazzetti – la circolarità sta anche in un meccanismo di obiettivi/premi ben stabiliti: chi più inquina più paga, chi meno inquina meno paga. Ma per far questo sarebbe necessario una revisione della fiscalità ambientale”.
Massimo De Rosa del M5 Stelle ha sottolineato però quanto la maggior parte dei politici sia disinteressata o ignorante su questi temi: “Dobbiamo mettere in piedi una rivoluzione che ci porti a una reale economia circolare perché siamo a un punto di non ritorno. Dobbiamo sì riciclare ma prima ancora dobbiamo ridurre i rifiuti a monte. E dobbiamo informare. Questi dati di cui stiamo discutendo li si conosce da anni ma la politica è stata miope – continua De Rosa – non si è mai capito che investire in questa economia circolare significa creare posti di lavoro, creare guadagno, creare benessere per la società. E nonostante si dica che siamo in crisi avremmo oltre 16 miliardi di euro di sussidi dannosi per l’ambiente, di cui 11 destinati alle fossili, che si potrebbero utilizzare per aiutare realtà che creano un guadagno reale, anche per il territorio e quindi per l’intera comunità”.
A fronte però di tante belle parole e concrete e quanto mai significative esperienze l’intervento conclusivo di Luca Mercalli ha disegnato uno scenario quanto mai allarmante.
Il meteorologo e divulgatore scientifico si è dichiarato portavoce di una comunità scientifica che da anni denuncia a gran voce la grave situazione in cui siamo. Proprio recentemente 15.000 scienziati a 25 anni dal primo vertice sul clima di Rio de Janeiro del ’92 hanno denunciato come di tutte le emergenze individuate neppure una sia migliorata. Anzi. “la nostra epoca storica, contraddistinta dall’attività dell’uomo sapiens non per merito ma per i danni, sta lasciando un’eredità davvero scomoda a chi verrà dopo”. Un’eredità fatta di poche risorse e tanto inquinamento con cui le prossime generazioni dovranno fare i conti. “Così come i rifiuti che abbiamo prodotto con la civiltà industriale sono per lo più permanenti – spiega Mercalli – anche gli errori ambientali che abbiamo commesso e che tuttora stiamo commettendo non sono quasi mai correggibili”.
Per questo anche se ormai tornare a una terra sana è impossibile, dobbiamo far di tutto per stabilizzarci e fermarci a un aumento di 2 gradi (come concordato durante la Cop21 di Parigi): “È l’unica speranza che abbiamo. Speranza che comunque comporta gravi problemi”.
Cosa fare quindi? “Dobbiamo mettere in atto questi tre punti da subito: utilizzare la tecnologia per per tagliare gli sprechi, puntare su energie rinnovabili, ottimizzazione degli scarti, recupero dello spreco; mettere dei limiti ai propri consumi e ai propri desideri di consumo; smettere di crescere demograficamente”.
Questa è la ricetta per il futuro del mondo di cui si dovrebbe occupare la politica. Facendo i conti dei flussi fisici prima che finanziari. “Del resto il debito economico non è che una spia di quello ecologico e il concetto è sempre lo stesso – spiega Mercalli – facciamo festa con la roba degli altri. L’Italia già ad aprile ha consumato il suo capitale ecologico. Per i restanti mesi siamo a debito e questo succede a causa del nostro stile di vita in rapporto alle risorse, esigue, di cui disponiamo”. Cos’ facendo, a chi verrà dopo di noi, non resteranno che le briciole. “Ecco l’eredità che stiamo lasciando ai nostri figli – conclude Mercalli – e non datemi del gufo, questa è scienza”.
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