Il caro energia, fenomeno scoppiato a fine 2021 come effetto della pandemia e accentuato dalla guerra in Ucraina, si ripercuote anche sul settore dei rifiuti e dell’economia circolare. “Le associazioni delle imprese italiane che operano nel settore dei servizi ambientali e dell’economia circolare hanno scritto al premier Mario Draghi – si legge in una nota di Fise Assoambiente – chiedendo misure urgenti per fronteggiare i rincari che stanno rendendo non più sostenibili le attività di raccolta e gestione dei rifiuti”. Già nelle prossime settimane, se la situazione dovesse rimanere immutata, alcuni servizi di raccolta e trattamento dei rifiuti potrebbero essere a rischio.
La lettera inviata negli scorsi giorni da Alleanza Cooperative Italiane Servizi (Agci Servizi, Confcooperative Lavoro e Servizi, Legacoop Produzione e Servizi), Assoambiente, Confindustria Cisambiente e Utilitalia è indirizzata al presidente del Consiglio Mario Draghi e ai ministri Daniele Franco (Economia e Finanze), Roberto Cingolani (Transizione Ecologica), Giancarlo Giorgetti (Sviluppo Economico), nonché al presidente di Arera Stefano Besseghini. La preoccupazione maggiore degli operatori del settore è rivolta al prezzo del carburante – nella fase di raccolta dei rifiuti ciò incide fino al 15% del costo totale – ma i timori di maggiori costi, e dunque dell’insostenibilità dell’intero servizio, si ripercuotono in tutte le fasi del ciclo integrato.
I contratti pubblici e privati che regolano il settore non contemplavano certo l’arrivo di questa crisi. Col risultato che gli impegni assunti non tengono conto degli aumenti di questi mesi. E ciò si somma ad altri fattori, come la difficoltà di reperire materie prime sul mercato, che vale anche per altri settori produttivi.
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Soffrono maggiormente il riciclo, i pfu e le piccole medie imprese
Abbiamo chiesto a Fise Assoambiente maggiori dettagli sulle difficoltà del settore. Ecco le risposte che ci sono arrivate:
In quale parte della filiera ci sono le maggiori preoccupazioni?
Il settore della gestione rifiuti si compone di diverse attività, dalla raccolta alla gestione impianti per il riciclo, recupero e smaltimento. Ognuna di queste fasi di gestione risente dell’attuale contesto in modo diverso: ad esempio nella fase di raccolta molto incide il costo del carburante, che è infatti oggetto di correttivi normativi. Per le attività di riciclo gli impatti si misurano più sui costi energia elettrica e gas che vincola l’operatività di tali imprese: queste imprese infatti, già di per se energivore, si trovano a fronteggiare un aumento straordinario dei prezzi dell’energia che incide fortemente sulla loro sostenibilità, anche perché non adeguatamente bilanciato dagli aumenti delle materie prime ottenute dal trattamento dei rifiuti. A titolo esemplificativo si evidenzia come, negli ultimi mesi, l’incidenza del costo energetico sulla produzione dei materiali ottenuti dalla frantumazione dei pneumatici fuori uso è passato dal 23-35% al 45-55%, con le prevedibili conseguenze considerato tale aumento non viene bilanciato dagli aumenti delle materie prime ottenute dal trattamento dei rifiuti. Anche le altre filiere del trattamento dei rifiuti soffrono la medesima situazione con un raddoppio dei costi energetici, acuiti dal fatto che le piccole e medie imprese si trovavano già nella situazione di pagare l’energia significativamente di più delle grandi imprese.
Ci sono differenze tra zone geografiche in queste difficoltà?
Non si rilevano differenze se non nel fatto che naturalmente il problema è più sentito nelle aree del nostro Paese dove sono più presenti gli operatori del settore.
Come sono andate finora, se ci sono state, le interlocuzioni col Governo? Sono previsti incontri in questi giorni?
Siamo consapevoli delle complessità del contesto e della rilevanza e straordinarietà degli interventi già decisi dal Governo per far fronte a tale situazione di aumento dei prezzi senza precedenti. Qualora nei prossimi giorni non si registrino interventi volti ad attenzionare anche questo settore, confidiamo di poter avviare interlocuzioni con il Governo per illustrare e approfondire le specifiche problematiche.
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Le difficoltà degli altri servizi
Simili difficoltà, d’altra parte, si riscontrano in tanti altri settori. Il 23 marzo, in una conferenza stampa a Roma, il senatore del Gruppo Misto Massimo Berutti ha raccolto le sollecitazioni della federazione Confindustria Servizi HCFS, che raccoglie le imprese del facility, pulizie e sanificazione, disinfestazione, lavanderie industriali e dispositivi di protezione individuale e ristorazione collettiva.
“Ancora una volta – ha spiegato il presidente Lorenzo Mattioli – le imprese dei servizi sono le prime ad essere drammaticamente toccate dalle ripercussioni sia della pandemia, sia dalla guerra tra Ucraina e Russia, ma sono altrettanto importanti per mandare avanti questo paese e garantire ai cittadini e a tutte le famiglie quel livello essenziale dei servizi senza il quale sarebbe difficile riuscire a vivere. Tutte stanno avendo problemi per quanto riguarda prodotti per pulizia, sanificazione o disinfestazione (pensiamo alla carta aumentate del 10%, ad alcuni reagenti aumentati sino al 400%). Poi le materie prime alimentari, energia e gas per il lavanolo ospedaliero e la sterilizzazione. Gli aumenti energetici – precisa Mattioli- hanno ricadute nel settore tra il 30% e il 50% circa sui costi complessivi di servizio reso dalle nostre aziende. C’è bisogno, per questo: di rinegoziare gli appalti in essere se non si vuole rischiare, già da aprile, il blocco dell’operatività al 50%. Il che si ripercuoterebbe sulla sanità, sui trasporti, su tutti i posti di lavoro che vedranno ridurre le prestazioni erogate dalle nostre aziende. La normativa attuale, prevista nel provvedimento Sostegni ter, prevede infatti solo una revisione prezzi per gli appalti dei lavori senza tener conto delle esigenze delle imprese dei servizi che offrono prestazioni essenziali di pubblica utilità per il settore sanitario, per le scuole, e più in generale per la collettività”.
A rischio, secondo Egidio Paoletti, presidente di Assosistema Confindustria, ci sono circa 110mila posti letto “che non potrebbero più essere utilizzati negli ospedali e nei pronto soccorso”, mentre almeno 400mila operatori “dovranno lavorare senza le dovute protezioni e a rischio sono anche gli interventi chirurgici che solo nel 2019 erano pari a 4 milioni”.
Allo stesso modo, ha aggiunto Pietro Auletta di Uniferr, “le pulizie ferroviarie hanno garantito sicurezza negli spostamenti nella fase più dura della pandemia e l’incremento dei viaggiatori che si determinerà con la fine dello stato d’emergenza renderà necessario, da parte nostra, un incremento delle prestazioni. L’aumento dei costi di materie prime e prodotti rende necessario un intervento governativo per consentire alle imprese dei servizi di garantire le giuste misure di decoro, pulizia e sanificazione di treni e stazioni”.
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Autosufficienza energetica
La guerra in Ucraina ha messo in evidenza che viviamo in una società energivora. Se alla carenza di materie prime può sopperire, seppure in parte, l’economia circolare, si è visto che nulla può l’economia circolare contro gli aumenti dei prezzi dell’energia. Resta da verificare come si ripercuoterà sul settore, e più in generale su tutta l’industria l’europea (anche la moda, ad esempio, è in enorme difficoltà), la mossa del premier russo Vladimir Putin, che ha annunciato che d’ora in avanti accetterà soltanto pagamenti in rubli per le forniture di gas.
L’economia circolare che verrà dovrà essere autosufficiente anche dal punto di vista energetico. Affinché non dipenda dalle volontà di despoti e tiranni, che gestiscono le fonti fossili e ci tengono ancorati all’economia lineare.
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