Sulla proposta di regolamento per gli imballaggi presentata giovedì dalla Commissione europea è scontro aperto. Che sarebbe andata così era già evidente dalle reazioni del mondo produttivo e, almeno in Italia, della politica alla bozza filtrata qualche giorno prima della pubblicazione.
Le ragioni della Commissione
“Far fronte a questa crescente fonte di rifiuti e alla frustrazione dei consumatori”. Quando la Commissione racconta le nuove misure proposte per gli imballaggi e i rifiuti connessi, parte da qui. In media – leggiamo nella nota stampa – ogni europeo produce quasi 180 kg di rifiuti di imballaggio all’anno. Gli imballaggi sono tra i principali prodotti ad impiegare materiali vergini: il 40% della plastica e il 50% della carta utilizzate nell’UE sono infatti destinati agli imballaggi. Negli ultimi 10 anni i rifiuti di imballaggio sono aumentati di oltre il 20% nell’UE e, stima la Commissione, entro il 2030 l’UE registrerebbe un ulteriore aumento del 19% dei rifiuti di imballaggio e, per quelli in plastica, addirittura del 46%. “Le nuove norme intendono mettere fine a questa tendenza”. Evidenti, secondo l’esecutivo UE, i vantaggi. Quelli ambientali, ovviamente. “Entro il 2030 le misure proposte dovrebbero ridurre le emissioni di gas a effetto serra derivanti dagli imballaggi a 43 milioni di tonnellate rispetto alle 66 milioni di tonnellate di emissioni che verrebbero liberate se la legislazione non fosse modificata; si tratta di una riduzione che equivale grossomodo alle emissioni annue della Croazia. Il consumo di acqua si ridurrebbe di 1,1 milioni di m3. I costi dei danni ambientali per l’economia e la società si ridurrebbero di 6,4 miliardi di € rispetto allo scenario di base per il 2030”. Ma anche i vantaggi economici: “Le industrie degli imballaggi monouso dovranno investire nella transizione, ma le ripercussioni complessive sull’economia e sulla creazione di posti di lavoro nell’UE saranno positive. Si calcola che, entro il 2030, la sola promozione del riutilizzo dovrebbe portare a oltre 600 000 posti di lavoro nel settore del riutilizzo, molti dei quali presso piccole e medie imprese locali”.
“Dopo aver affrontato il problema della plastica monouso – ha detto il vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo Frans Timmermans – stiamo facendo il prossimo passo verso un futuro senza inquinamento. Le proposte di oggi riducono i rifiuti di imballaggio, promuovono il riutilizzo e la ricarica, aumentano l’uso della plastica riciclata e agevolano il riciclaggio degli imballaggi. I cittadini europei vogliono eliminare gli imballaggi eccessivi e quelli inutilmente voluminosi e le imprese sono pronte a rispondere con soluzioni e sistemi di imballaggio sostenibili e innovativi”.
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Il plauso
Apprezzamenti alla linea della Commissione arrivano da Greenpeace Italia, secondo cui il regolamento ha avuto “l’ambizione di tradurre in atti concreti i principi contenuti nelle varie direttive comunitarie. Si tratta delle direttrici da seguire per realizzare una vera economia circolare e ridurre drasticamente la nostra dipendenza dalle materie prime e dagli idrocarburi da cui si produce la plastica”. “La proposta della Commissione europea rappresenta un’opportunità unica per fermare i rifiuti marini alla fonte”, ha affermato Natividad Sánchez, che guida la campagna per la plastica di Oceana (ong per la conservazione degli oceani) in Europa. “È preoccupante, tuttavia, che gli obiettivi di riutilizzo degli imballaggi per bevande e dei contenitori per l’e-commerce siano stati ridotti, e alcuni addirittura dimezzati, rispetto alla bozza di testo trapelata solo un mese fa”. Secondo Reloop, la piattaforma europea che promuove politiche e modelli di business basati sull’uso consapevole e circolare delle risorse, “rappresenta un primo passo molto positivo verso un’economia circolare a livello europeo e potrebbe fare molto per ridurre l’inquinamento da plastica, aumentare il riutilizzo ed evitare gli imballaggi monouso”.
Reazione in chiaro scuro quella di UNESDA, l’associazione che rappresenta l’industria europea dei Soft Drinks. Ha affermato Nicholas Hodac, direttore generale di UNESDA: “La proposta pubblicata è ambiziosa e contiene diversi importanti fattori abilitanti per il viaggio dell’Europa verso una maggiore raccolta e riciclaggio e l’integrazione di un maggiore riutilizzo. Tuttavia, sono necessari ulteriori miglioramenti per supportare il nostro settore nel raggiungimento della piena circolarità e nell’integrazione di un maggiore riutilizzo: non vediamo l’ora di impegnarci con il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea in modo da garantire che il quadro legislativo crei i giusti fattori abilitanti affinché il nostro settore si muova verso la piena circolarità degli imballaggi per bevande in Europa”. Prima di tutto UNESDA lamenta che “mancano prove del fatto che l’approccio proposto per gli obiettivi di riutilizzo porterà ai risultati ambientali previsti”. Inoltre, sottolineano le imprese, la legislazione dovrebbe “affrontare con urgenza la questione del downcycling di materiali per uso alimentare in applicazioni non alimentari. Attualmente non include un meccanismo di accesso prioritario o diritto di prelazione che garantisca un accesso più equo alla quantità necessaria di contenuto riciclato a quei settori che sono tenuti a utilizzare materiali di qualità alimentare per conformarsi ai requisiti di sicurezza dell’UE”.
Guardando alla politica, secondo Tiziana Beghin, capodelegazione al Parlamento europeo del Movimento Cinque Stelle, “questa è la strada giusta”. Pascal Canfin, l’eurodeputato che presiede la commissione per l’ambiente del Parlamento europeo, parla di un importante passo avanti.
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Le bocciature
Nonostante le rassicurazioni di Timmermans durante la conferenza stampa di presentazione della proposta di regolamento per gli imballaggi (“nessuno vuole mettere fine alle pratiche di riciclo o mettere in discussione gli investimenti”) contro la proposta si è alzato un muro.
Secondo European, associazione che tiene insieme i grandi produttori e utilizzatori europei di packaging (da Coca-Cola a Nestlé a Unilever) la norma “rischia di andare contro gli obiettivi del Green Deal, riportando indietro le lancette dell’orologio del riciclo e compromettendo la funzionalità degli imballaggi nel proteggere i prodotti e prevenire i rifiuti”. Antonio D’Amato, ex presidente di Confindustria e Ad del gruppo Seda International Packaging, intervistato dal Messaggero ha parlato di una “visione profondamente demagogica e dirigista, che rinuncia al principio di neutralità tecnologica: si sceglie di penalizzare gli imballaggi riciclabili in favore di prodotti riutilizzabili o dell’eliminazione stessa dell’imballaggio”. In questo modo, precisa, “si negano le evidenze scientifiche sul migliore impatto ambientale del packaging monouso riciclabile e se ne dimentica la funzione fondamentale di protezione dell’integrità dei cibi, di tutela della salute dei consumatori e di riduzione dello spreco alimentare”. Commentando la bozza del documento, qualche giorno fa Comieco, il consorzio per il riciclo di carta e cartone, scriveva: ”Economia circolare addio, comparto del riciclo anno zero si potrebbe dire. La proposta mette a rischio l’intero comparto dell’industria del riciclo”. Assorimap, l’Associazione Nazionale delle imprese che riciclano le materie plastiche, ha parlato di provvedimenti che mettendo a rischio la sopravvivenza delle imprese. Coldiretti: “Seppur condivisibile negli obiettivi di riduzione dei rifiuti, la norma avrà effetti opposti e negativi sulla filiera europea e sui consumatori”. Sulla stessa linea Confagricoltura: “E’ opportuno che la commissione riveda la nuova proposta di regolamento. Serve un percorso condiviso, graduale e armonizzato”. Quando ancora si discuteva sulla bozza del regolamento sugli imballaggi, il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, haparlato di un impatto “devastante” sull’industria italiana. Secondo L’associazione degli industriali il regolamento “rende nei fati paradossalmente più difficile la trasformazione dei rifiuti in materie prime seconde vitali per l’economia europea, mettendo a repentaglio milioni di posti di lavoro e miliardi di euro di investimento proprio in questo momento in cui l’Europa ha bisogno di una crescita resiliente e sostenibile”. Ma anche parte degli ambientalisti muove critiche alla proposta, “sbagliata nel merito, perché rischia di compromettere il sistema industriale italiano dell’economia circolare. E nel metodo: una cosa di questo tipo non si può affrontare con un regolamento”, secondo Stefano Ciafani, presidente di Legambiente.
Fin qui il mondo produttivo e associativo. Arriviamo alla politica. “Ci opporremo in tutte le sedi”, ha commentato Nicola Procaccini, eurodeputato di Fratelli d’Italia. Per il Viceministro all’Ambiente Vannia Gava abbiamo a che fare con “un muro ideologico, l’assenza di aperture al confronto e l’inadeguatezza davanti a situazioni di eccellenza come quella del nostro Paese”. Gava entra nei dettagli: “Per altro, il sistema di vuoto a rendere proposto dall’UE, con tanto di cauzione a carico dei consumatori, può costare fino a 10 volte di più dell’attuale sistema di raccolta differenziata, senza la garanzia che possa produrre effetti migliori per il riciclo e registrare un minore impatto sull’ambiente”. Quindi conclude, “se la direttiva imballaggi non ha trovato la giusta applicazione in alcuni Paesi, non si capisce perché debbano essere puniti i Paesi più efficienti, i cui modelli di trattamento dei rifiuti sono delle best practices che andrebbero imitate. Non molleremo e daremo battaglia”.
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