L’acqua in bottiglia, soprattutto nel Nord del mondo, viene percepita come sicura dal punto di vista igienico e accessibile. E invece, secondo un report dell’Onu, l’industria dell’acqua in bottiglia, che ha registrato una vertiginosa crescita negli ultimi decenni, può minare gli obiettivi di sviluppo sostenibile sanciti dalle Nazioni Unite. Il riferimento è alla cosiddetta Agenda 2030, il programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Tra i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030 – Sustainable Development Goals, SDGs – il punto 6 riguarda proprio la garanzia della disponibilità e dell’accesso all’acqua, la risorsa più vitale del nostro pianeta, nonché una gestione sostenibile e delle strutture igienico-sanitarie.
Secondo il report realizzato dall’Institute for Water, Environment and Health (il think tank delle Nazioni Unite sull’acqua creato dal Consiglio direttivo dell’ONU nel 1996) e diffuso pochi giorni prima della Giornata mondiale dell’acqua (22 marzo), per fornire acqua potabile a circa due miliardi di persone che ne sono sprovviste basterebbe un investimento annuale inferiore alla metà dei 270 miliardi di dollari attualmente spesi ogni anno per l’acqua in bottiglia.
È solo uno dei tanti dati significativi contenuti nel report, che si basa su un’analisi della letteratura e dei dati provenienti da 109 Paesi. Ma quali sono i contenuti principali di questo report?
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L’espansione dell’industria dell’acqua in bottiglia è un problema
Il report dell’Onu parte dal fatto che in soli 50 anni l’acqua in bottiglia si è trasformata in “un settore economico importante ed essenzialmente autonomo”, registrando una crescita del 73% dal 2010 al 2020. E le vendite dovrebbero quasi raddoppiare entro il 2030, andando dagli attuali 270 miliardi di dollari a 500 miliardi di dollari. Quando gli obiettivi Onu di sviluppo sostenibile sono stati concordati nel 2015, le esperte e gli esperti consultate dalle Nazioni Unite avevano stimato che sarebbe stato necessario un investimento annuo di 114 miliardi di dollari dal 2015 al 2030 per raggiungere l’obiettivo chiave numero 6, ovvero quello di un’acqua potabile e sicura per tutte e tutte.
Oggi, invece, il rapporto dell’Institute for Water, Environment and Health fa notare che l’industria dell’acqua in bottiglia guadagna, in un solo anno, più del doppio delle cifre stabilite dall’Onu. Nel documento si legge che “l’industria dell’acqua in bottiglia non è allineata strategicamente con l’obiettivo di fornire l’accesso all’acqua potabile o almeno rallenta i progressi globali in questo senso, distraendo gli sforzi di sviluppo e reindirizzando l’attenzione verso un’opzione meno affidabile e meno conveniente per molti, pur rimanendo altamente redditizia per i produttori”. Si tratta di un caso paradigmatico sociale di ingiustizia ambientale e sociale.
Tanto che il commento al report di Kaveh Madani, nuovo direttore dell’Institute for Water, Environment and Health, è netto: “L’aumento del consumo di acqua in bottiglia riflette decenni di progressi limitati e molti fallimenti dei sistemi di approvvigionamento idrico pubblico. Miliardi di persone in tutto il mondo non hanno accesso a servizi idrici affidabili mentre altri godono del lusso dell’acqua“.
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Percezioni errate sull’acqua
Lo studio cita una serie di sondaggi che mostrano come l’acqua in bottiglia è spesso percepita nel Nord del mondo come un prodotto più sano e più gustoso dell’acqua del rubinetto, quasi fosse più un bene di lusso che una necessità. Nei paesi a reddito medio e basso, il consumo di acqua in bottiglia è legato alla scarsa qualità dell’acqua del rubinetto e a sistemi di approvvigionamento idrico pubblico spesso inaffidabili, problemi spesso causati dalla corruzione e dal sottoinvestimento cronico nelle infrastrutture idriche.
Sono spesso le stesse aziende produttrici di bevande a commercializzare l’acqua in bottiglia come alternativa sicura all’acqua del rubinetto, attirando l’attenzione sui guasti, magari isolati, del sistema idrico pubblico. “Anche se in alcuni paesi l’acqua convogliata è o può essere di buona qualità – afferma il ricercatore e autore principale dello studio ONU, Zeineb Bouhlel – è probabile che il ripristino della fiducia del pubblico nell’acqua del rubinetto richieda notevoli sforzi di marketing e di advocacy”.
Secondo il rapporto, “la composizione minerale dell’acqua in bottiglia può variare in modo significativo tra marche diverse, all’interno della stessa marca in paesi diversi e persino tra bottiglie diverse dello stesso lotto”. Il rapporto elenca esempi provenienti da oltre 40 Paesi in ogni regione del mondo di contaminazione di centinaia di marchi di acqua in bottiglia e di tutti i tipi di acqua in bottiglia. “Questa recensione costituisce una forte prova contro la percezione fuorviante che l’acqua in bottiglia sia una fonte di acqua potabile indiscutibilmente sicura“, afferma ancora Bouhlel. Tra l’altro, fa notare ancora il report, le industrie che imbottigliano l’acqua generalmente sono soggette a meno controlli rispetto ai servizi idrici pubblici.
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Impatti e numeri sull’acqua
Da non sottovalutare, poi, anche gli impatti locali dell’industria dell’acqua in bottiglia sulle risorse idriche. Negli USA, ad esempio, Nestlé Waters estrae 3 milioni di litri al giorno da Florida Springs; in Francia, Danone estrae fino a 10 milioni di litri al giorno da Evian-les-Bains nelle Alpi francesi; e in Cina, l’Hangzhou Wahaha Group estrae fino a 12 milioni di litri al giorno dalle sorgenti dei monti Changbai. Per quanto riguarda l’inquinamento da plastica, le ricercatrici e i ricercatori citano stime secondo cui l’industria ha prodotto circa 600 miliardi di bottiglie e contenitori di plastica nel 2021, che si trasformano in circa 25 milioni di tonnellate di rifiuti in PET – la maggior parte dei quali non riciclati e destinati alle discariche – una massa di plastica pari alla peso di 625.000 autocarri da 40 tonnellate. Si tratta di un tema di cui abbiamo parlato più volte nel nostro giornale, compresa la perversa correlazione tra produzione di plastica e aziende fossili.
E ora alcuni numeri particolarmente significativi che si trovano nel report Onu:
- ogni minuto in tutto il mondo vengono vendute oltre 1 milione di bottiglie d’acqua
- il consumo annuo mondiale dei tre principali tipi di acqua in bottiglia – trattata, minerale e naturale – è stimato a 350 miliardi di litri
- i ricavi stimati per l’acqua in bottiglia, pari a 1.225 trilioni di dollari, rappresentano dal 17 al 24% del mercato globale delle bevande analcoliche confezionate
- il segmento di mercato più grande (con il 47% delle vendite globali) è l’acqua in bottiglia trattata, che potrebbe provenire da acquedotti pubblici o acque superficiali e che subisce un trattamento di disinfezione come la clorazione
- la zona del mondo dove si consuma maggiormente acqua in bottiglia è l’Asia che si affaccia sul Pacifico, seguita dal Nord America e dall’Europa
- gli Stati Uniti sono il Paese con il mercato più grande, con circa 64 miliardi di dollari di vendite, seguiti da Cina (quasi 45 miliardi di dollari) e Indonesia (22 miliardi di dollari). Insieme, questi tre Paesi costituiscono quasi la metà del mercato mondiale. Altri paesi top per vendite: Canada, Australia, Singapore, Germania, Messico, Thailandia, Italia, Giappone
- il costo medio di una bottiglia d’acqua in Nord America e in Europa è di circa 2,50 dollari, più del doppio del prezzo in Asia e Africa. L’Australia, che è il quinto mercato più grande, ha il prezzo medio più alto: 3,57 dollari per unità
- l’acqua in bottiglia per litro può costare da 150 a 1.000 volte di più del prezzo che un Comune applica per l’acqua del rubinetto
- l’Egitto è il mercato in più rapida crescita per l’acqua in bottiglia trattata (40% all’anno)
- cinque multinazionali – PepsiCo, Coca-Cola, Nestlé S.A., Danone S.A e Primo Corporation – hanno un fatturato combinato di 65 miliardi di dollari, oltre il 25% del totale globale
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