Un rapporto difficile ma non impossibile quello tra le italiane e gli italiani e gli acquisti nei negozi di prodotti sfusi e alla spina. Stando ai risultati del questionario diffuso dal nostro magazine insieme a Junker app e Sfusitalia, i negozi che vendono prodotti sfusi sono frequentati ancora da una minoranza, anche se ampia (43%), di persone. Tuttavia una larghissima maggioranza, quasi l’84% di chi ha partecipato alla survey e non frequenta negozi sfusi, lo farebbe volentieri. Sono oltre 10mila (10.015) le persone che hanno risposto alle domande sui prodotti e i negozi sfusi che EconomiaCircolare.com ha predisposto e diffuso insieme a Junker app e Sfusitalia. “Il campione non rappresenta statisticamente la totalità degli italiani, ma le 10mila risposte volontarie (per cui ringraziamo anche chi segue il nostro magazine) costituiscono un carotaggio che ci aiuta a capire il fenomeno “sfuso”, a farci un’idea del livello di consapevolezza delle persone e a verificare quali fattori ostacolano la maggiore diffusione dei punti vendita” spiega il direttore editoriale di EconomiaCircolare.com, Raffaele Lupoli.
Il sondaggio, veicolato grazie all’app di Junker e ai canali di Sfusitalia, è parte della campagna informativa “Ma quanto sei sfuso/a?” con la quale si analizza la propensione ai consumi e si sensibilizzano le persone verso scelte sempre più sostenibili, a partire dall’abbandono degli imballaggi usa e getta inutili. “Siamo molto soddisfatti di aver sottoposto il questionario sullo sfuso alla nostra grande community di utenti: dalla loro sensibilità e attenzione verso i risvolti ambientali delle scelte quotidiane è emerso che il cambiamento culturale dal riciclo verso la prevenzione dei rifiuti è già pienamente in atto” commenta Noemi De Santis, PR Manager di Junker app: “Questa è un’ottima notizia e come Junker siamo pronti a supportare progetti per accompagnare gli utenti nel cambio di modello di consumo”.
Sfuso sì o no, quanto e cosa
Stando alle risposte raccolte, quasi sei persone su 10 (57%) non frequentano negozi che vendono prodotti sfusi: né quelli che offrono solo prodotti senza imballaggi né rivenditori che tra i loro scaffali hanno anche sfuso. Solo il 43%, dunque, ha lo sfuso nelle proprie esperienze di acquisto: si tratta soprattutto di negozi con corner dedicati e in misura molto minore di esercizi che offrono esclusivamente prodotti disimballati.
“Ma quanto sei sfuso/a?”:EconomiaCircolare.com, Junker app, Sfusitalia
Il prodotto senza imballaggio, anche per chi non lo acquista, resta un obiettivo desiderabile: quasi l’84% di chi non frequenta negozi sfusi vorrebbe infatti farlo.
La presenza di prodotti senza imballaggi insieme ai prodotti offerti confezionati invoglia ad acquistare disimballato: tra chi frequenta negozi tradizionali che hanno corner dedicati ai prodotti sfusi, solo una piccola percentuale non si lascia tentare dal “prodotto leggero”. Il resto fa acquisti sfusi, anche se con una frequenza non molto alta: solo il 25% compra sfuso una o più volte la settimana, circa il 40% lo fa una volta al mese e il 30% acquista sfuso “raramente”.
Grosso modo le stesse abitudini di acquisto si riscontrano, stando ai risultati del sondaggio, tra chi frequenta sfuserie, i negozi dedicati esclusivamente ai prodotti sfusi. Ma cosa si acquista? Il sondaggio di EconomiaCircolare.com, Junker e Sfusitalia ci dice che a farla da padrone sono soprattutto prodotti per il bucato, prodotti per la per la pulizia della casa, legumi e frutta secca. E poi cereali, prodotti per l’igiene personale, vino, tè e tisane.
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Le motivazioni
È soprattutto la motivazione ambientale (non produrre rifiuti) che spinge ad acquistare sfuso. L’altra spinta rilevante riguarda aspetti sia ambientali che economici: si acquista sfuso “per scegliere la quantità di prodotto da acquistare ed evitare sprechi”. Sostenere i negozi di prossimità è l’altro motivo dominante. Fin qui, come vediamo, le motivazioni hanno a che fare più con un’etica individuale attenta agli altri e all’ambiente che non alle scelte interessate della teoria economica classica. Che arrivano solo in seconda battuta, con preferenze ridotte: la migliore qualità dei prodotti, costi più contenuti, maggiore comodità nella conservazione dei prodotti sfusi nella dispensa.
E quali sono le ragioni di chi non acquista sfuso? Il primo motivo è la distanza dai negozi che offrono questi prodotti. La risposta “Nel mio Comune non ci sono negozi che vendono sfuso o sono troppo lontani da dove vivo” è indicata da quasi la metà delle persone. Il secondo motivo ha a che fare con la mancanza di informazione su questo tipo di offerta: risponde “Non so dove trovare questa tipologia di negozi” poco meno della metà degli intervistati. Ampiamente minoritarie le altre motivazioni: chi trova “più igienico comprare prodotti già confezionati”, chi ritiene “più comodo comprare prodotti già confezionati”; chi giudica questi negozi troppo cari, non si fida della qualità dei prodotti sfusi o non mi ha voglia di portare con sé il contenitore da riempire.
La confusione sui prezzi
Abbiamo toccato uno dei temi caldi per chiunque faccia acquisti: quello dei prezzi. Se il costo è sempre una delle motivazioni che più pesa nella scelta dei prodotti, attorno allo sfuso c’è molta confusione. Un terzo circa di chi ha risposto al sondaggio ritiene che, a parità di qualità, i prodotti sfusi costino meno di quelli confezionati, un sesto circa afferma che invece costano di più, mentre uno su dieci che hanno prezzi equivalenti. Ma il dato più interessante è che la maggioranza relativa di chi ha risposto (circa 4 su 10) non ha opinioni in merito.
Nonostante, come abbiamo visto, non ci siano posizioni nettissime degli intervistati sul prezzo dei prodotti venduti senza imballaggio, proprio il prezzo è indicato delle persone che non acquistano sfuso come il principale fattore che le spingerebbe a farlo. Questo a ricordarci che le abitudini di acquisto non sono sempre frutto di scelte ragionate e razionali e che quando parliamo di sfuso regna ancora confusione. “C’è poca informazione in merito”, riflette Ottavia Belli, ceo e fondatrice di Sfusitalia: “Intanto quando si paragona il costo del prodotto in primis va paragonato il costo al chilo o al litro. E poi vanno paragonati prodotti identici per caratteristiche e qualità. C’è quindi un tema di informazione su cui lavorare: bisognerebbe far sapere che a parità di qualità del prodotto lo sfuso costa meno, è un’occasione per risparmiare”.
Tra le altre ragioni che incentiverebbero all’acquisto di prodotti sfusi emerse dal sondaggio, c’è proprio la richiesta di maggiore qualità dei prodotti (anche in questo caso abbiamo risultati non pienamente coerenti con altre risposte). E poi, in linea invece con quanto visto in precedenza, la possibilità di avere negozi vicino casa.
“È interessante vedere che a più di 8 persone su 10 che non frequentano negozi con prodotti sfusi piacerebbe invece farlo – commenta Belli –. Altrettanto interessante è vedere che il principale motivo di chi non frequenta sfuserie è la distanza o la difficoltà di sapere dove si trovano questi negozi. Basterebbe, quindi, indicargli dove sono i negozi sfusi – Sfusitalia serve anche a questo – e aprire nuovi punti vendita, nuovi corner per rendere il servizio sfuso più capillare possibile”.
Altre ragioni che spingerebbero verso i prodotti non imballati sono una maggiore varietà di offerta e la possibilità di disporre facilmente di tutte le informazioni riportate di solito sulle etichette degli imballaggi. Anche una maggiore garanzia di igiene avrebbe un peso nella decisione, insieme, ma con un punteggio minore, alla possibilità rassicurante di ritrovare nelle sfuserie i brand ai quali siamo abituati.
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“Contenitori da casa? Magari!”
Come EconomiaCircolare.com ha già raccontato, la legge 12/12/2019 n. 1411, il cosiddetto Decreto Clima, consente ai cittadini italiani di portare i propri contenitori riutilizzabili da casa per acquistare prodotti alimentari sfusi nei supermercati. Sappiamo, grazie a un’inchiesta di Greenpeace, quanto poco i supermarket applichino questa norma. Ma quanto è nota questa possibilità agli italiani? Una delle domande del questionario si focalizza proprio su questo. E ci dice – per quanto, lo ripetiamo, il questionario non abbia una validità statistica – che a conoscerla sono in pochi. Oltre due persone su tre non sanno dell’esistenza di questa norma. Nonostante ciò la giudicano “una soluzione interessante”. Se a queste persone sommiamo chi afferma di portare abitualmente i propri contenitori da casa per l’acquisto dello sfuso e chi ha provato a farlo ma al banco si è visto rifiutare questa possibilità, otteniamo che più dell’80% dei 10mila partecipanti alla survey è ben disposto verso la norma del Decreto Clima. Poco meno del 20%, invece, non apprezza questa possibilità o perché conosce la norma ma “preferisce non farlo” o perché non la conosce ma non lo farebbe in ogni caso.
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