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venerdì, Novembre 15, 2024

Nel 2021, dopo l’anno del lockdown, i rifiuti speciali sono cresciuti più del Pil

“Si assiste – spiega ISPRA – ad una generale ripresa delle attività economiche e, conseguentemente, della produzione industriale e manifatturiera”. Vi raccontiamo, attraverso alcuni dati essenziali, il Rapporto Rifiuti speciali: i trend di produzione e la gestione nell’anno del dopo il lockdown

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Redazione EconomiaCircolare.com

Nel 2021, anno della ripresa delle attività economiche successive alla pandemia e al lockdonw,  come era prevedibile aumenta la quantità di rifiuti speciali (quelli delle attività produttive) prodotta in Italia. E aumenta più di del Pil. Lo fa sapere il Rapporto Rifiuti Speciali dell’ISPRA, una sorta di bibbia per il settore, che “fornisce un quadro di informazioni oggettivo, puntuale e sempre aggiornato sulla produzione e gestione dei rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi”. Dopo il fermo delle attività economiche dovuto alla crisi pandemica, spiega ISPRA, nel 2021 si registra una crescita significativa nella produzione dei rifiuti speciali. La ripresa nei settori industriale, artigianale e dei servizi segna un aumento dei rifiuti generati dalle attività produttive”.

Ecco i dati essenziali del rapporto.

 

12,2%             E’ l’aumento percentale della produzione dei rifiuti del 2021 rispetto al 2020: corrisponde a circa 18 milioni di tonnellate. Un aumento di gran lunga maggiore di quello del Pil, cresciuto del 6,7%. “Si assiste – leggiamo nel report – ad una generale ripresa delle attività economiche e, conseguentemente, della produzione industriale e manifatturiera, grazie anche al graduale ripristino degli scambi commerciali fondamentali nelle catene di approvvigionamento delle materie prime e dei prodotti semilavorati, con un aumento del PIL del 7%, a fronte di una crescita della produzione dei rifiuti del 12,2%. Escludendo i rifiuti da attività di costruzione e demolizione la crescita risulta più contenuta e pari al 6,7%”.

Il totale nazionale dei rifiui speciali ha raggiunto nel 2021 i 165 milioni di tonnellate La produzione dei rifiuti speciali, strettamente correlata alle attività economiche, si concentra nel nord Italia, dove il tessuto industriale è più sviluppato, con quasi 96,4 milioni di tonnellate (58,4% del dato complessivo nazionale), mentre al Centro si attesta a 27,2 milioni di tonnellate (16,5% del totale), e al Sud a 41,3 milioni di tonnellate (25,1%). Le regioni che producono più rifiuti speciali sono Lombardia (37,4 milioni di tonnellate), Veneto (18 milioni) ed Emilia Romagna (14,6 milioni).  Al Centro la maggiore produzione è nel Lazio (10,2) e al Sud in Puglia (11,4).

Rifiuti speciali

7,4 milioni         L’Italia è un importatore netto di rifiuti, infatti, vengono importate circa 7,4 milioni di tonnellate (per questo i rifiuti speciali complessivamente gestiti in Italia sono 178,1 milioni di tonnellate, riepestto ai 165 prodotti) a fronte di un’esportazione di poco superiore a 3,9 milioni di tonnellate.

Il 98,7% dei rifiuti importati (circa 7,3 milioni di tonnellate) è costituito da rifiuti non pericolosi e il restante 1,3% (98 mila tonnellate) da rifiuti pericolosi. In particolare importiamo rottami metallici provenienti dalla Germania (1,9 milioni di tonnellate) e dalla Francia (399 mila tonnellate di rifiuti) recuperati dalle industrie metallurgiche localizzate in Lombardia e in Friuli-Venezia Giulia. Dalla Svizzera provengono 432 mila tonnellate di terre e rocce destinate per la quasi totalità in Lombardia in attività di recupero ambientale.

Il 67% delle 3,9 milioni di tonnellate di rifiuti esportati è costituito da rifiuti non pericolosi ed il restante 33% (circa 1,3 milioni di tonnellate) da rifiuti pericolosi. Esportiamo prevalentemente in Germania (831 mila tonnellate di cui 582 mila tonnellate pericolosi), rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti (270 mila tonnellate) e dalle attività di costruzione e demolizione (266 mila tonnellate);

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47,7%              Quasi la metà (il 47,7%) dei rifiuti speciali proviene dalle attività di costruzione e demolizione (78,7 milioni di tonnellate), settore che si conferma come il principale nella produzione totale di rifiuti speciali. Il settore dell’edilizia ha “visto la riattivazione e/o apertura di cantieri destinati alla costruzione di infrastrutture e opere pubbliche e di edilizia abitativa e commerciale. È stato oggetto, negli ultimi anni, di incentivi disposti dal Governo per la ristrutturazione degli immobili  mirati alla riqualificazione energetica degli edifici”. Per questa tipologia di rifiuti, spiega ISPRA, risulta significativa la percentuale di riciclo (80,1%) superando ampiamente l’obiettivo del 70% fissato dalla normativa al 2020. Si tratta prevalentemente di produzione di rilevati e sottofondi stradali

Per la restante quota di rifiuti, il 18,2% è prodotto dall’insieme delle attività manifatturiere (circa 30,1 milioni di tonnellate). Le altre attività economiche contribuiscono, complessivamente, alla produzione di rifiuti speciali con una percentuale pari a 9,9% (circa 16,2 milioni di tonnellate);

93,5%                   I rifiuti non pericolosi rappresentano il 93,5% del totale dei rifiuti prodotti, aumentati di 17,1 milioni di tonnellate (+12,5%). Minore la crescita di quelli pericolosi di circa 820 mila tonnellate (+8,3%). Complessivamente, i rifiuti speciali non pericolosi ammontano a 154,3 milioni di tonnellate, quelli pericolosi a quasi 10,7 milioni di tonnellate.

24,2%                   La quota dei rifiuti non pericolosi che deriva dalla gestione dei rifiuti. Il 24,2% dei rifiuti non pericolosi prodotti, infatti, pari a 39,9 milioni di tonnellate, deriva appunto “dalle attività di gestione dei rifiuti e di risanamento ambientale”, con un incremento, rispetto al 2020, del 6,1% (+2,3 milioni di tonnellate). Questo aumento, spiega ISPRA, è dovuto, principalmente, ai rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, la cui produzione mostra un generale riallineamento ai dati del 2019: “La crescita della produzione di rifiuti dal settore dei presidi ambientali è un indicatore di un’attenzione crescente del sistema industriale al contenimento degli impatti ambientali”.

Sulla produzione dei rifiuti pericolosi, invece, incide più di tutti il settore manifatturiero con il 37%, corrispondente a 3,9 milioni di tonnellate. Il 33,1% è attribuibile alle attività di gestione dei rifiuti e di risanamento ambientale, pari a 3,5 milioni di tonnellate, seguite dal settore dei servizi, del commercio e dei trasporti (19,7%) con 2,1 milioni di tonnellate, di cui 1,5 milioni di tonnellate di veicoli fuori uso. La maggior parte dei rifiuti pericolosi prodotti dal settore manifatturiero deriva dal comparto metallurgico, da quello della fabbricazione di prodotti chimici e farmaceutici, della fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio e della fabbricazione di prodotti in metallo.

Rifiuti speciali

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10.763                 La gestione dei rifiuti speciali è attuata da 10.763 impianti presenti in Italia (5.928 sono situati al Nord, 1.899 al Centro e 2.936 al Sud). In Lombardia sono presenti 2.153 infrastrutture, il 20% del totale degli impianti presenti sul territorio nazionale.

Considerando la tipologia di impianti, quelli dedicati al recupero di materia sono 4.601 (42,7% del totale). Gli impianti che effettuano il coincenerimento dei rifiuti sono 300, mentre quelli di incenerimento sono 74 e le discariche operative 270 (119 per rifiuti inerti, 140 per rifiuti non pericolosi e 11 per rifiuti pericolosi);

72,1%              La quota di riciclo dei rifiuti speciali. “Il recupero di materia è la forma di gestione prevalente, con il 72,1% (128,3 milioni di tonnellate)”, spiega ISPRA. Seguono con il 10% (17,9 milioni di tonnellate) le operazioni intermedie di smaltimento e, con il 5,7% (10,2 milioni di tonnellate) lo smaltimento in discarica. Risultano contenute, rispettivamente con l’1% e con lo 0,6%, le quantità avviate al coincenerimento (1,9 milioni di tonnellate) e all’incenerimento (1,1 milioni di tonnellate).

Lo smaltimento in discarica interessa circa 10,2 milioni di tonnellate di rifiuti (il 5,7% del totale gestito), di cui circa 9 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi e oltre 1,2 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi. Gli impianti situati nel nord del Paese smaltiscono il 50,8% del totale dei rifiuti avviati in discarica; gli impianti del Centro il 26,7% e quelli del Sud il 22,5%. Dall’analisi delle quantità smaltite nelle diverse categorie di discarica, si osserva la seguente ripartizione: circa 3,8 milioni di tonnellate sono allocate nelle discariche per rifiuti inerti (36,9% del totale smaltito), 5,3 milioni di tonnellate in quelle per rifiuti non pericolosi (52%), e oltre 1,1 milione di tonnellate nelle discariche per rifiuti pericolosi (11,1%). Nell’anno 2021, il numero totale delle discariche operative è pari a 270; 119 discariche per rifiuti inerti, 140 discariche per rifiuti non pericolosi, e 11 discariche per rifiuti pericolosi;

Rifiuti speciali

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339 mila                              Tante sono le tonnellate di rifiuti contenenti amianto prodotti in Italia nel 2021. Rispetto al 2020 si registra una diminuzione del 12,2%. “Non si rileva, in generale, un’attività sistematica di decontaminazione delle infrastrutture presenti sul territorio, da cui dovrebbe derivare una progressiva crescita della produzione di questi rifiuti”, afferma ISPRA, che include i rifiuti con amianto tra i flussi “che, per quantità o complessità, presentano le maggiori criticità gestionali”.

Le altre categorie di rifiuti problematici sono:

 

  • Veicoli fuori uso. Complessivamente, la filiera raggiunge una percentuale di reimpiego e riciclaggio pari all’84,3% del peso medio del veicolo, “leggermente sotto il target dell’85% previsto per il 2015 dalla normativa”, ricorda ISPRA. Il recupero totale, invece, per il quale è fissato un obiettivo del 95%, “non viene conseguito non essendo effettuato il recupero energetico di nessuna delle frazioni derivanti dal trattamento dei veicoli”;
  • Pneumatici Fuori Uso. In Italia sono state gestite oltre 488 mila tonnellate di PFU, a cui si aggiungono 70 mila tonnellate esportate all’estero. La gran parte dei PFU raccolti è avviata a recupero di materia (81,1%), tuttavia “deve essere rafforzata la raccolta per garantire che tutti i flussi di rifiuti di pneumatici siano debitamente valorizzati”;
  • Fanghi di depurazione delle acque reflue urbane. I quantitativi di fanghi dal trattamento delle acque reflue urbane prodotti sul territorio nazionale sono pari a poco più di 3,2 milioni di tonnellate, con una contrazione del 4,5% rispetto al 2020. Il 52,3% del totale gestito è avviato a smaltimento e il 45,6% a recupero. Per i fanghi di depurazione il Programma nazionale di gestione dei rifiuti ha individuato la necessità di implementare tecnologie di recupero anche di tipo energetico;
  • Rifiuti da costruzione e demolizione. L’80,1% dei rifiuti da costruzione e demolizione è stato riciclato, superando ampiamente l’obiettivo del 70% fissato dalla normativa al 2020. Tuttavia, leggiamo nel rapporto, “il recupero riguarda prevalentemente la produzione di rilevati e sottofondi stradali, bisogna quindi nobilitare gli utilizzi con una riconversione in nuovi prodotti”;
  • Rifiuti sanitari. I rifiuti sanitari prodotti in Italia sono pari a oltre 265 mila tonnellate, di cui circa 239 mila tonnellate di rifiuti pericolosi. Per questi ultimi si rileva una crescita del +14% rispetto al 2020. Lo smaltimento di questi rifiuti rappresenta circa il 75% del totale. “La normativa di settore, che privilegia le operazioni di smaltimento, è comunque ormai datata e potrebbe essere aggiornata favorendo, ove possibile, forme sicure di recupero”.

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