fbpx
giovedì, Maggio 16, 2024

Regolamento Ecodesign, il Parlamento europeo chiede di più

Rendere più stringente la lotta all’obsolescenza programmata, vietare la distruzione dei prodotti invenduti del tessile e dell’elettronica e un occhio particolare ad alcuni prodotti critici. Sono le richieste del Parlamento europeo in vista della discussione finale: mentre in sede di Consiglio Ue nazioni come l’Italia frenano

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

La Commissione Ambiente del Parlamento europeo chiede una revisione della proposta di Regolamento Progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili (il cosiddetto Ecodesign, in inglese ESPR RegulationEcodesign for Sustainable Products Regulation) elaborata dalla Commissione europea. Una presa di posizione verso l’inasprimento di alcune norme, con l’obiettivo di contrastare l’obsolescenza programmata, stabilire il divieto immediato alla distruzione di prodotti tessili ed elettronici invenduti e avere una definizione più estesa di sostanze pericolose.

Saranno queste le richieste del Parlamento Ue in sede di discussione con le altre istituzioni europee, Consiglio e Commissione, in vista dell’approvazione definitiva della nuova normativa, il cui scopo principale, partendo dal modo in cui i prodotti vengono progettati, è favorire e rendere più semplice la riparazione, il riutilizzo e il riciclo di numerosi beni di consumo, riducendo quindi la produzione di nuovi rifiuti e l’impatto ambientale complessivo.

Con 68 voti a favore, 12 contrari e 8 astenuti, il documento finale della Commissione Ambiente evidenzia come ci sia all’interno del Parlamento europeo un esteso supporto alla proposta legislativa a cui la Commissione europea lavora da marzo 2022. Il 12 luglio è previsto il voto del Parlamento Ue in seduta plenaria, mentre entro la fine dell’anno si spera di arrivare al voto finale degli Stati membri in sede di Consiglio europeo.

Leggi anche: Cosa contiene il “realistico e non velleitario” PNIEC del governo Meloni

Passaporto digitale e priorità nella scelta dei prodotti

Tornando alla posizione della Commissione Ambiente del Parlamento Ue, nel testo finale c’è il completo supporto a una delle misure chiave del nuovo Regolamento ESPR: il passaporto digitale dei prodotti, dove sono contenute tutte le informazioni necessarie perché consumatori e imprese possano fare scelte informate al momento dell’acquisto in merito all’impatto ambientale e, soprattutto, sulla semplicità e i costi di riparazione del prodotto. La proposta del Parlamento Ue è di allestire una piattaforma online per permettere ai consumatori di confrontare i differenti passaporti.

Poiché le regole sulla progettazione ecocompatibile riguardano quasi tutti i prodotti venduti sul mercato interno, ad eccezione di alimenti, mangimi, medicinali e organismi viventi, il Parlamento chiede alla Commissione di dare la priorità nell’intervento legislativo ad alcune categorie di prodotti: ferro, acciaio, alluminio, prodotti tessili (in particolare indumenti e calzature), mobili, pneumatici, detergenti, vernici, lubrificanti e prodotti chimici.

Il divieto di distruzione dei prodotti invenduti

E proprio sui prodotti tessili e le apparecchiature elettroniche arriva l’aggiunta del Parlamento europeo al testo originale della Commissione Ue, confermando quanto già discusso dai 27 Stati membri dell’Ue a maggio. E se consideriamo che anche i Paesi membri, sebbene dopo una lunga trattativa e con dei distinguo, hanno assunto una posizione comune nella stessa direzione, ci sono buone possibilità di vedere l’ingresso di questa norma all’interno del nuovo Regolamento ESPR.

L’obiettivo dichiarato è il divieto di distruggere i beni invenduti di vestiario, calzature e apparecchiature elettriche ed elettroniche. Per arrivarci, le aziende dovranno dapprima comunicare il numero esatto dei prodotti distrutti e la ragione per cui è stato fatto. Sulla base di questi dati, i parlamentari chiedono alla Commissione di identificare i prodotti per i quali dovrebbe essere introdotto il divieto di distruzione. Del resto, per avere un’idea del peso che rappresenta il settore dell’abbigliamento per il clima, basti pensare che sono legate ad esso fino al 10% delle emissioni di CO2 globali ogni anno.

Leggi anche: I crediti per la biodiversità sono il nuovo fronte della finanziarizzazione della natura?

Il divieto di obsolescenza programmata

Questo divieto va di pari passo con l’altro architrave del Regolamento Ecodesign: la lotta all’obsolescenza programmata e lo stimolo allo sviluppo dell’economia circolare, e quindi al riuso, al riutilizzo e al riciclo. La posizione della Commissione Ambiente di Strasburgo è chiara: vietare e rendere impossibile l’obsolescenza programmata dei prodotti elettrici ed elettronici. E questo significa che le aziende produttrici devono rendere disponibili aggiornamenti software in modo da garantire la longevità degli apparecchi elettronici e pezzi di ricambio adeguati.

I prodotti, insomma, devono essere progettati fin dall’inizio perché siano facili da riparare e riutilizzare anche dai singoli consumatori, attraverso la consultazione di manuali di istruzioni. “È ora di porre fine al modello ‘prendi, produci, smaltisci’ che è così dannoso per il nostro pianeta, la nostra salute e la nostra economia. Questa legge garantirà che i nuovi prodotti siano progettati in modo da portare benefici a tutti, rispettare i planetary boundaries e proteggere l’ambiente”, ha commentato la relatrice della Commissione Ambiente, l’italiana Alessandra Moretti.

Leggi anche: Ripristino della natura, passi avanti in Europa. Ma l’Italia è contraria

L’Italia guida il fronte dei Paesi scontenti del Regolamento ecodesign

La stessa Italia, invece, a livello di Consiglio europeo, è stata tra le nazioni più insoddisfatte dell’accordo raggiunto dai Paesi membri, che hanno espresso una posizione finale vicina a quella della Commissione europea sul testo legislativo. In questo, naturalmente, influisce la differenza politica tra la maggioranza a Roma e all’interno di Commissione e Parlamento europeo. Sebbene il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, al termine del Consiglio abbia dato “un giudizio sostanzialmente positivo” alla proposta di Regolamento, allo stesso tempo ha chiesto miglioramenti nella parte dedicata al settore tessile. Settore particolarmente importante per l’Italia, con un valore che si aggira intorno ai 56 miliardi di euro.

Nello specifico, Urso ha dichiarato che “il testo non sembra riflettere completamente un equilibrio bilanciato tra i vari interessi in gioco”. Leggendo tra le righe del comunicato inviato alla stampa, l’Italia chiede che vengano riconosciute delle esenzioni, per quanto riguarda gli obblighi di ecocompatibilità, non solo alle micro e piccole imprese, ma anche per le medie imprese, “al fine di accrescerne la competitività”.

Queste richieste sono state messe a verbale “in una dichiarazione ad hoc di cui il Consiglio dovrà tenere conto in vista del trilogo”. Tra i Paesi al fianco dell’Italia nel chiedere ulteriori miglioramenti al testo ci sono Croazia, Bulgaria, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania, Grecia, Lettonia, Finlandia, Lituania, Malta, Repubblica Ceca. Insomma, prima dell’approvazione del nuovo Regolamento Ecodesign, ci sono ancora dei nodi da sciogliere: si spera entro l’anno e senza particolari stravolgimenti.

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie