Prima in Grecia e poi in Italia, le immagini delle persone in fuga dalle isole – costrette ad andare via da incendi e alluvioni causate dalla crisi climatica – si sono presto diffuse in tutto il mondo. Considerate un paradiso di benessere e di biodiversità, le 27 isole minori dell’Italia – insieme alle due isole maggiori, Sicilia e Sardegna – hanno visto, dopo il periodo pandemico, un vero e proprio boom di arrivi. A luglio Favignana, la più nota delle isole Egadi, ha registrato più di 40mila visite al giorno, con tutte le conseguenze negative che un numero così ampio di persone, in uno spazio così ristretto, può comportare.
Votate anima e corpo al turismo, spesso loro malgrado, le isole minori devono comunque fare i conti con una sostenibilità che è più nella teoria che nella pratica. Lo dimostrano l’annuale rapporto “Isole Sostenibili – Le sfide della transizione ecologica nelle isole minori”, curato dall’Osservatorio sulle isole minori di Legambiente e CNR-IIA, e lo studio “Assessment of Energy, Mobility, Waste, and Water Management on Italian Small Islands”, pubblicato sulla rivista scientifica Sustainability. Diventa interessante analizzarne i contenuti, soprattutto alla luce del fatto che le isole minori in Italia vivono praticamente due stagioni: l’estate, con i turisti che diventano molto più numerosi dei residenti, e le altre stagioni, in cui finiamo per dimenticarci della vita nelle isole minori.
Leggi anche: Nell’era della crisi climatica quale sarà il futuro del turismo in Italia? Ecco quel che c’è da sapere
Lo studio di Legambiente e CNR sulle isole
“Nonostante dei timidi passi avanti, in Italia sulle isole minori la piena sostenibilità è ancora un traguardo lontano”: comincia così il comunicato stampa che sintetizza la quinta edizione del report che Legambiente realizza insieme all’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Consiglio Nazionale delle Ricerche sulla vita nelle isole minori. Dalla gestione dei rifiuti alla mobilità, dal ciclo delle acque all’energia, dal consumo di suolo alla tutela delle aree protette, sono tanti gli aspetti che vengono analizzati dall’associazione ambientalista e dall’ente pubblico. Aspetti che per la prima volta vengono messi insieme attraverso l’indice di sostenibilità medio: per le 27 isole minori si giunge a una media del 40%.
“Guardando alle singole isole – si legge ancora – tra quelle più avanzate nel percorso di sostenibilità ci sono le isole Tremiti con un indice pari al 53%, seguite dalle isole Egadi (Favignana, Marettimo, Levanzo), le Eolie (Lipari, Vulcano, Stromboli, Panarea, Filicudi e Alicudi), le isole Pelagie (Lampedusa e Linosa) che raggiungono il 49%, e dall’isola di Capraia che si attesta al 47%. Segno che si sta puntando su politiche territoriali capaci di coniugare sostenibilità ambientale, innovazione e attenzione per il territorio. In ritardo, invece, La Maddalena, con un indice pari al 21%, l’Isola d’Elba (26%) ed Ischia (29%)”.
Sette, secondo Legambiente e CNR-IIA, gli obiettivi che le isole minori si devono prefiggere:
- obiettivo governance (con un coordinamento tra isole e ministeri);
- obiettivo adattamento (puntando a zero consumo di suolo);
- obiettivo mitigazione (puntando ad avere isole 100% sostenibili entro il 2050);
- obiettivo 4R (riduci – riusa – ricicla – recupera, per un modello di gestione sostenibile dei rifiuti e promuovendo politiche di riutilizzo delle risorse, campagne plastic free e di informazione);
- obiettivo zero perdite (efficientando la rete idrica e aumentando il recupero delle acque piovane e grigie);
- obiettivo zero pollution (migliorando i sistemi di depurazione, anche nelle stagioni di alto tasso turistico)
- obiettivo mobilità sostenibile a zero emissioni al 2050 (promuovendo sistemi di sharing mobility, zone pedonali e limitazioni alle auto più inquinanti)
Per raggiungere tali scopi, CNR-IIA e Legambiente hanno individuato quattro azioni pratiche da mettere in campo. In particolare occorre:
1) istituire una cabina di regia unica presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per migliorare e supportare la governance dei territori in una fase così delicata come quella che stiamo vivendo.
2) redigere i Piani di Sviluppo Sostenibile al 2030 per le isole minori per raggiungere gli obiettivi individuati;
3) creare un coordinamento unico sulla gestione dei fondi del PNRR, per sfruttare al meglio e in maniera efficace le opportunità che il Piano offre;
4) potenziare il ruolo dell’associazione ANCIM (Associazione Nazionale Comuni Isole Minori) affinché accresca sempre più il proprio ruolo di coordinamento fra le isole minori e il governo centrale.
Per maggiori informazioni si può cliccare qui.
Leggi anche: I fondi del Pnrr e l’ingresso in Costituzione: così le isole minori provano a diventare sostenibili
Lo studio sulla vulnerabiltà delle isole minori ai cambiamenti climatici
Che le isole minori dell’Italia siano più soggette ai cambiamenti climatici – per via della posizione più isolata rispetto al resto del Paese, delle dimensioni più ridotte e della carenza di servizi primari – è un fatto abbastanza noto, conosciuto da tempo. Ma l’estate 2023, se mai ce ne fosse bisogno, ha fatto comprendere l’urgenza di adeguate misure di mitigazione e di adattamento.
A questo proposito è utile recuperare lo studio scientifico, realizzato da un’equipe internazionale che ha visto la collaborazione dell’università La Sapienza, dell’università di Taiwan e del CNR, che valuta proprio, come suggerisce il titolo, la “gestione dell’energia, della mobilità, dei rifiuti e delle risorse idriche nelle piccole isole italiane“. Anche in questo i dati non sono incoraggianti.
“I risultati – si legge nella sinossi dello studio – mostrano che 18 delle 26 isole non sono interconnesse con la rete nazionale e che le fonti rinnovabili coprono meno del 5% della domanda di energia su 25 delle 26 isole. Il numero pro capite di veicoli privati raggiunge le 90 auto ogni 100 abitanti su tre isole. La media della raccolta differenziata nelle isole è del 52%, ben lontana dalla soglia minima consigliata del 65%. Condotte o autocisterne su 17 delle 26 isole garantiscono l’approvvigionamento idrico, e gli impianti di desalinizzazione non sono ancora la regola, mentre su 12 isole è stata rilevata la presenza del trattamento delle acque reflue, che spesso fornisce solo un trattamento parziale”.
Chi arriva nelle isole minori nel periodo estivo tende a non farci caso, preferendo farsi cullare dai panorami mozzafiato, ma la gestione ambientale delle isole è a dir poco deficitaria. “Come molte delle piccole isole del Mediterraneo – si legge nello studio – anche quelle italiane sono fortemente dipendenti dai combustibili fossili e devono affrontare problemi specifici come la generazione di energia elettrica su piccola scala, gli alti costi di distribuzione, il sottoutilizzo delle fonti di energia rinnovabile, il potenziale, l‘alta stagionalità della presenza umana, la scarsità d’acqua, i rifiuti non trattati, un modello antiquato di mobilità. Nel preservare queste isole, le politiche hanno un ruolo preciso”.
Eppure le potenzialità più grandi per attuare prima e meglio la transizione ecologica sono proprio nelle isole minori. Perché le caratteristiche che fanno registrare le attuali difficoltà sono, allo stesso tempo, le più indicate per un cambiamento (piccole dimensioni, lontananza dalla terraferma).
“Il percorso verso la decarbonizzazione è ancora più impegnativo per le piccole isole – si legge ancora nello studio – ma allo stesso tempo esse possono rappresentare piccoli laboratori e aree pilota per sperimentare la transizione ecologica. Sostenere le piccole isole nella transizione verso un’energia pulita, responsabile dal punto di vista ambientale e generata localmente contribuirà a proteggere gli ecosistemi locali e la salute delle comunità. A questo proposito, il nesso acqua-energia-rifiuti è fondamentale per la sostenibilità delle piccole isole”.
Quel che serve, come emerge sia nello studio di Legambiente che in questo, è un maggior coordinamento. “Da questo punto di vista, è possibile realizzare un coordinamento efficace tra le isole italiane ed evitare di perdere le opportunità definite a livello europeo con programmi e risorse (tra cui il PNRR – Piano Nazionale di Recupero e Resilienza a valere sui fondi UE di nuova generazione). Un piano di sostenibilità climatica e ambientale per ogni isola dovrebbe essere sviluppato in linea con gli obiettivi della strategia europea e nazionale (come il Green New Deal, il PNRR e il Piano Nazionale Energia e Clima), con obiettivi chiari per il 2030, delineando le soluzioni per un modello energetico incentrato sulle fonti rinnovabili e affrontando le sfide per la corretta gestione del ciclo dell’acqua e dei rifiuti e la riduzione degli stessi“.
Leggi anche: Le isole minori alla prova della circolarità. “L’auspicio è di diventare autosostenibili”
© Riproduzione riservata