Il sistema alimentare contribuisce per il 30% alle emissioni totali di gas serra a livello globale. È una delle maggiori cause al mondo di inquinamento delle acque e dell’aria, distruzione di habitat, deforestazione, perdita di fauna selvatica, uso e degrado del suolo, consumo di acqua dolce. E la produzione alimentare è, a sua volta, minacciata da questi disastri ambientali.
Come affrontare il problema? Negli ultimi anni si è cercato di ridurre l’impronta di carbonio dell’industria alimentare attraverso lo sviluppo di alternative alla carne e altri alimenti ad alta intensità energetica e di risorse, nonché la creazione di processi di produzione alimentare più sostenibili. Tra le innovazioni più significative c’è sicuramente la stampa 3D.
Una stampante 3D è un dispositivo che crea oggetti tridimensionali secondo un processo additivo automatizzato. Nel caso delle tecnologie a uso alimentare, il materiale viscoso viene depositato uno strato sopra l’altro fino a ottenere il prodotto finale che arriverà nel piatto. Oggi ci sono dozzine di dispositivi per stampa alimentare sul mercato che consentono di ottenere cibi dalle forme originali, risparmiando sugli scarti della materia prima e aumentando la sostenibilità della filiera alimentare.
Il cibo del futuro
La tecnologia di queste macchine si è evoluta negli ultimi anni, promettendo di riscrivere il nostro modo di cucinare e di mangiare, offrendo l’opportunità di sperimentare nuove forme – difficili da riprodurre a mano –, consistenze e sapori.
In questo modo BluRhapsody, startup dell’italianissima Barilla, crea ad esempio formati di pasta completamente nuovi e personalizzati. La produzione classica, via estrusione, dei vari formati di pasta permette per forza di cose un numero limitato di forme. In questo modo, invece, si aprono scenari completamente diversi. Il prezzo è un po’ salato, ma di sicuro non sono formati di pasta da mangiare tutti i giorni!
La stampa 3D però, apre anche possibilità nuove. Uno dei grandi vantaggi è la possibilità di operare una personalizzazione dei cibi che risponda alle specificità di ogni persona e al suo stato di salute, come ad esempio nel caso di intolleranze, problemi di deglutizione o esigenze alimentari dettate da alcune patologie. Ad esempio, il progetto europeo Performance – guidato dalla compagnia tedesca Biozoon – ha tentato l’introduzione della stampa 3D come metodo di produzione automatizzata di pasti speciali per chi è affetto da disfagia.
Il progetto, al termine del finanziamento dell’Unione Europea, non era ancora pronto per un trasferimento su scala industriale e quindi è stato sospeso. Di certo, però, la stampa 3D per il cibo apre a scenari nuovi, che vanno dalla cucina di un ristorante fino a quelle degli ospedali. E ancora, delle navi spaziali, per consentire agli astronauti di seguire un’alimentazione sana e corretta nei lunghi viaggi verso pianeti lontani.
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La stampa 3D cambierà le nostre abitudini alimentari?
Tra i vantaggi dell’utilizzo di una stampante 3D in cucina c’è quindi la possibilità di personalizzare i pasti, non solo nella forma ma anche nel contenuto dei diversi nutrienti, partendo da un impasto base formulato sulle necessità della persona che dovrà mangiarlo. La riproducibilità e la precisione nello stampare il cibo offrono anche la certezza di evitare sprechi alimentari, utilizzando solo le giuste dosi, con scarti pari a zero.
Del resto, la stampa 3D è la tecnologia “antispreco” per definizione: aggiunge materiale, limitando gli scarti e garantendo un impatto positivo sull’ambiente. È così anche nel settore alimentare. Nella stampa 3D, si utilizza esclusivamente la materia prima strettamente necessaria e si eliminano inoltre le confezioni del cibo, limitando al massimo i rifiuti. Proprio per questo, uno studio del 2018 inserisce la stampa 3D tra “le 12 tecnologie che favoriranno lo sviluppo di ecosistemi urbani sostenibili”.
La stampa 3D si presenta anche come un’alleata del cosiddetto non-conventional food. Essendo compatibile con più materie prime, infatti, sarebbe più semplice usare – ad esempio – alghe o insetti come fonte di proteine. Cambiare le abitudini alimentari, però, richiede tempo. Una stampante alimentare 3D può accelerare questo cambiamento? Questa è l’idea alla base del progetto della designer Susana Soares, Insects au Gratin, che mira a ridurre il consumo di carne utilizzando gli insetti, che attualmente non sono consumati nel mondo occidentale anche se rappresentano una risorsa certa.
Nel 2050 saremo circa 10 miliardi sulla Terra: c’è bisogno di cibo per sfamare tutti i suoi abitanti. Gli insetti sono una fonte proteica a basso costo sia ambientale che economico: producono meno emissioni e non hanno bisogno di tanta acqua. Con la stampa 3D potrebbero essere trasformati in forme più attraenti e appetitose e serviti nei nostri piatti. “L’aspetto del cibo influenza l’accettazione e l’esperienza del gusto”, sostiene Soares. “Migliorando questa estetica, possiamo utilizzare risorse che non sono ancora state toccate”.
Lotta allo spreco di cibo
Quanto cibo ancora commestibile scartiamo? Tanto. Ci sono Paesi del mondo in cui si fa un enorme spreco di cibo – l’Italia è fra questi: secondo l’ultimo report dell’Osservatorio Waste Watcher, ogni italiano getta circa 27 kg di cibo all’anno – mentre in altri mancano le risorse. La stampa 3D permette di riutilizzare, con un’altra forma, quello che può essere ancora mangiato, ma anche bucce e scarti agricoli commestibili, che possono essere inclusi in snack ricchi di fibre, utili ad integrare il normale apporto giornaliero.
Pensiamo al cibo scartato che non è abbastanza bello per essere venduto nei supermercati, ma è ancora buono. Pane secco e altri prodotti da forno, frutta e verdura matura, in questo modo possono evitare di finire al macero. La startup olandese Upprinting Food ha deciso di affrontare questo problema e sta lavorando con cibo brutto ma gustoso (video di seguito). Facendo tesoro dell’esperienza nel design industriale della sua fondatrice, Elzelinde van Doleweerd, trasforma resti di cibo commestibile in snack dalle forme accattivanti e più appetibili per il consumatore finale.
Per la sua laurea in Industrial Design presso la Eindhoven University of Technology, Van Doleweerd ha collaborato con un’azienda tecnologica con sede in Cina per sviluppare prodotti alimentari stampati in 3D dagli avanzi di cibo. “Osservando la popolazione in crescita, in futuro sarà necessario più cibo, ma d’altra parte, un terzo del cibo prodotto oggigiorno nel mondo viene sprecato. Con l’uso delle nuove tecnologie, voglio esplorare le sfide alimentari della società”.
Da qui è nata l’idea di setacciare i prodotti alimentari più sprecati nei Paesi Bassi, come pane, latticini, verdura e frutta, col suo progetto Upprinting Food. Ha preso questi avanzi e li ha trasformati in nuovi prodotti alimentari attraverso l’uso di una stampante alimentare 3D. “Nei Paesi Bassi stiamo sprecando molto pane”, ha detto. “Quando il pane è vecchio, è secco e non ci piace più mangiarlo. Per questo ho iniziato sviluppando una pasta alimentare con il pane vecchio“.
Il cibo 3D è già nei nostri piatti
Ad oggi le stampanti 3D per alimenti vengono utilizzate soprattutto nelle cucine professionali di grandi chef che le impiegano nella realizzazione di piatti gourmet o nella cucina molecolare. Anche i panettieri ottengono dalla stampa 3D nuove forme originali per i loro prodotti di panificazione. Ci sono aziende che le impiegano per realizzare carne di origine vegetale, mentre altre per creare pasti sfiziosi per persone che non possono mangiare cibi solidi, come ad esempio gli anziani o chi ha subito interventi chirurgici.
Nel 2018, però, la startup italiana Novameat ha presentato una grande novità nel settore del food tech: il primo prototipo di bistecca vegetale stampata in 3D a partire da materie prime completamente vegetali. Da allora il mercato della carne vegetale è in costante crescita. Secondo una ricerca di Barclays Plc il mercato varrà ben 140 miliardi di dollari entro il 2029. Sempre più persone sono sensibili all’argomento e preferiscono non mangiare prodotti animali perché vegetariani, vegani o perché ritengono il consumo eccessivo di carne dannoso per l’ambiente.
Nei supermercati la proposta di prodotti sostitutivi alla carne sta crescendo in maniera impressionante. Dal 2022 la “bistecca vegetale” stampata in 3D di Novameat viene distribuita da steak house, ristoranti e supermercati spagnoli (la startup ha base a Barcellona), mentre a Londra la carne stampata in 3D dell’israeliana Redefine Meat ha fatto il suo ingresso nel menù dei ristoranti del celebre chef stellato Marco Pierre White.
Giuseppe Scionti, CEO di Novameat, sostiene che la sfida più grande sia stata, ed è ancora, quella di dare al prodotto il sapore e la consistenza della carne. La loro bistecca è formata da 60-70% di acqua e dal 20% di proteine, provenienti da piselli gialli, oli vegetali, aromi, coloranti naturali ed estratti di alghe utili per le fibre. “Ha le stesse dimensioni e proprietà nutrizionali di una comune bistecca – ha spiegato Scionti – ma con un impatto ambientale significativamente minore. Per esempio, la produzione della nostra bistecca vegetale stampata in 3D richiede il 95% di acqua in meno rispetto alla produzione di un normale hamburger”.
La carne sintetica sbarca in Europa?
Alimentazione sana, cibo sicuro, riduzione della povertà alimentare, ma anche benefici per il clima, la biodiversità, la sostenibilità ambientale e la circolarità sono gli obiettivi per il prossimo futuro dettati dal Green Deal europeo. L’Europa si sta muovendo per raggiungerli e, in tal senso, la carne sintetica potrebbe essere tra le soluzioni più promettenti.
Recentemente, anche l’Ue ha annunciato il possibile via libera a questo tipo di prodotto, a patto che “rispetti i nostri standard nutrizionali”. Ad accendere l’attenzione europea sulla carne sintetica è stato anche il via libera della Food and drug americana alla carne di pollo prodotta in laboratorio. I dati pubblicati dall’organizzazione non governativa Good Food Institute hanno rilevato che ben 107 società in 25 Paesi si stanno occupando di carne artificiale (dato del 2021) e le aziende di carne coltivata hanno attirato già 140 milioni di dollari in Europa. Secondo i dati del report Nomisma per la IX Conferenza economica di Cia-Agricoltori Italiani, la produzione globale di carne in vitro potrà superare i 2 milioni di tonnellate nel 2030.
Attualmente, però, questi prodotti non sono commercializzati nella UE. Per l’immissione sul mercato europeo è necessaria l’autorizzazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che deve effettuare la valutazione sulla sicurezza di questi prodotti, inclusa una valutazione su quanto siano nutrizionalmente vantaggiosi.
Al momento l’Italia ha deciso di vietare la produzione di carne sintetica. A fine marzo, infatti, il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge che prevede il divieto di produrre in Italia alimenti derivati a partire da colture cellulari o tessuti di animali vertebrati. In realtà, però, non ne è stata bloccata l’importazione. La carne sintetica dovrebbe rientrare tra i cosiddetti novel food, per la quale è necessaria l’autorizzazione da parte dell’EFSA per il suo commercio. Qualora – come già avvenuto negli Usa con la Fda – arrivasse l’autorizzazione, però, l’Italia non potrà più opporsi alla loro importazione e distribuzione. E così la carne sintetica potrà essere consumata anche in Italia, ma solo a patto che non sia “Made in Italy”.
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Tutto in 3D, dall’antipasto al dessert
Non solo carne. All’estero la ricerca avanza e in Israele la Steakholder Foods, in collaborazione con Umami Meats, è riuscita a creare anche un filetto di pesce da cellule animali coltivate e cresciute in laboratorio, utilizzando la stampante 3D. Umami spera di portare i suoi primi prodotti sul mercato il prossimo anno, a partire da Singapore e poi, in attesa di regolamentazione, in paesi come Stati Uniti e Giappone.
E ancora, dopo diversi tentativi, un gruppo di ricercatori del Creative Machines Lab della Columbia University è riuscito a realizzare una fetta di torta pronta da mettere in forno. In 30 minuti la stampante ha sovrapposto sette strati composti da impasto di biscotti, burro di arachidi, marmellata di fragole, nutella, puré di banana, sciroppo di amarena e glassa.
Gli autori dello studio, pubblicato su npj Science of Food, partner di Nature, sono convinti che la stampa 3D rivoluzionerà il modo di fare cucina. “Al momento la cheesecake è la cosa che ci riesce meglio, ma la stampante può produrre tanti altri cibi”, ha spiegato al Guardian Jonathan Blutinger, coordinatore della ricerca. “Possiamo stampare carne di pollo, di manzo, verdure e formaggi: qualunque cosa che possa essere trasformata in polvere, liquido o impasto”.
Ma siamo pronti a mangiare il cibo stampato in 3D? “C’è forse uno stigma associato a questa parola”, ha spiegato Blutinger. “Di solito con la stampa si pensa a un processo industriale. Ma è importante rendersi conto che questo non è diverso dal cucinare normalmente tranne che, invece di tritare gli ingredienti e tutto il resto, la macchina in pratica li sta solo assemblando“.
Di certo nei prossimi anni, tra insetti, carne sintetica e cibo stampato in 3D, la nostra dieta è destinata inevitabilmente a cambiare. Ma la stampa 3D dovrà evolversi ancora e superare i suoi attuali limiti, in primis legati ai tempi e ai costi ancora proibitivi, per poter entrare in pianta stabile nelle cucine di tutto il mondo.
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