È notizia nota, non solo agli addetti ai lavori, che aziende come Nestlé, PepsiCo e Carlsberg stiano investendo da diverso tempo moltissime risorse economiche per produrre imballaggi di carta che possano sostituire la plastica. L’obiettivo di queste, e di diverse altre grandi aziende è, almeno nelle intenzioni, ridurre la produzione di plastica per un minore impatto sul pianeta. Missione lodevole, se non fosse per alcune conseguenze che scelte di questo genere stanno portando.
La sostituzione tout court dei materiali, senza alcuna reale analisi su misura del consumo e impatto sul pianeta, sta infatti causando una sovraproduzione di carta con il relativo abbattimento di intere foreste. Secondo l’Ong Environmental Paper Network, sono necessari oltre tre miliardi di alberi per soddisfare l’attuale richiesta di imballaggi.
L’esperienza del lockdown
Le buone intenzioni non andrebbero demonizzate, e certamente una riduzione della produzione e dell’utilizzo di plastica è una rotta da non abbandonare. Ma un cambio di rotta non può non tener conto di diversi fattori, soprattutto quando si tratta di ambiente.
Volendo fare una piccola verifica dei numeri, è sufficiente fare un salto indietro nel tempo fino al 2020: il mondo intero – o quasi – chiuso in casa per la pandemia. L’aumento delle spedizioni è una necessità per chi non può uscire di casa, di conseguenza la necessità di carta da imballaggio aumenta sproporzionalmente. Per farsi una idea si pensi ad Amazon, la più grande azienda al mondo che ha nella logistica, quindi nelle spedizioni, il cuore della sua storia. Nel terzo trimestre del 2020, l’azienda di Jeff Bezos produce il triplo dell’utile netto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: parliamo di 6,3 miliardi di dollari, con un aumento del valore delle azioni di Amazon che sfiorerà circa del 60%. Bene, ora pensate che tutto questo denaro cammina in parallelo con milioni di pacchi avvolti nella carta.
Nel giro di qualche mese da quell’infausto febbraio 2020 persino le riserve di carta vengono scalfite in maniera significativa, coinvolgendo tutta una serie di settori a cominciare da quello dell’editoria e la produzione di libri. Cartiere in difficoltà e prezzi che salgono alle stelle, e come difendersi? Non riducendo il consumo di carta, magari riducendo packaging spesso inutili, ma aumentando e spingendo la produzione a dismisura quindi disboscamento. Con il tempo anche la guerra in Ucraina non favorirà la tendenza, riducendo l’offerta nonostante una domanda in aumento. Per inciso, molta di questa carta che si presenta come “certificata” arriva da terreni coltivati per la produzione di cellulosa, parliamo quindi di piantumazione di foreste monocolturali che contengono un’unica varietà di albero, ma mancano di biodiversità e il cambiamento climatico potrebbe incidere anche negativamente su piante e terreni.
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Grande distribuzione e bottiglie di vodka
La rivista The Grocer ha condotto una piccola indagine chiedendo a dieci catene di supermercati i loro dati sulla quantità di imballaggi che accompagnano le merci. La plastica ovviamente resta, ma le catene Tesco e Iceland hanno fornito informazioni molto interessanti sulla quantità di carta: un aumento del 7,5% delle tonnellate di carta nel 2022, e un calo della plastica del 4,2%.
Alla base delle scelte sull’utilizzo o meno di un materiale, ci sono certamente le buone intenzioni e la ritrovata tendenza alle politiche sostenibili da parte delle aziende produttrici e di distribuzione, la parola chiave sembra essere riciclo del materiale utilizzato da poter comunicare per autopromozione. Le aziende si interrogano su come poter essere più “green”, ma spesso le risposte e le soluzioni proposte sono solo parziali. Ad esempio, come abbiamo visto con la carta, la scelta di un materiale che può essere riciclato non ne limita automaticamente la produzione. Molti produttori, proprio in ragione di ciò, stanno abbandonando l’uso della plastica flessibile – notoriamente difficile da riciclare – a favore della carta.
Paul Foulkes Arellano, esperto di economia circolare e fondatore Circuthon Consulting sostiene: “Tutte le decisioni sugli imballaggi nel Regno Unito sono guidate dalla riciclabilità”. Ma nonostante gli sforzi, ammette Arellano, la percentuale di plastica flessibile riprocessata rimane bassa, quindi le aziende spesso passano a un mix tra carta e materiale plastico. Lizzie Smith, specialista di imballaggi presso la società di consulenza sulla sostenibilità Anthesis spiega: “La carta non fa la metà delle cose di cui hai bisogno, quindi hai bisogno di rivestimenti e strati”.
La tendenza quindi è quasi una moda, inutile negarlo. Oggi anche Absolut Vodka ha lanciato una bottiglia composta per il 57% da carta e per il 43% da un rivestimento in plastica proprio sostenendo una maggiore sostenibilità. Ma il riciclo di queste bottiglie sarà davvero cosa semplice? Un tema aperto a cui risponde Roger Wright, responsabile dei rifiuti e degli imballaggi presso Biffa (azienda britannica attia da oltre 100 anni nel trattamento dei rifiuti) “i materiali compositi sono una storia diversa, il 43% nella bottiglia di Absolut è eccessivo”.
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“Secondo i clienti, imballaggio in carta uguale imballaggio sostenibile, anche se contiene plastica”
“Sappiamo che i clienti preferiscono gli imballaggi in carta rispetto ai materiali plastici”, afferma Rob Thompson, responsabile degli imballaggi presso The Co-op, cooperativa attiva tra l’altro nella grande distribuzione britannica. Quello che Thompson non considera è che le normative sulla sicurezza alimentare non si adattano bene alla carta riciclata e la tendenza è quella di utilizzare materiale vergine cosa che il più delle volte viene omessa dalle informazioni sulle etichette, e comunque sfugge ai consumatori poco attenti. Secondo Deloitte, oltre il 60% dei consumatori britannici ritiene che la carta sia l’opzione più sostenibile per l’imballaggio.
Una ricerca che ha coinvolto 4.000 persone provenienti da Regno Unito, Stati Uniti e Paesi Bassi – pubblicata sul Journal of Consumer Research – ha dimostrato che una barretta di cioccolato o uno snack avvolti in plastica, con uno strato esterno di carta, sono percepiti come più rispettosi dell’ambiente rispetto a una barretta di sola plastica (anche se avvolta nella stessa quantità di plastica). Dalla ricerca appare chiaro che più un imballaggio di carta è presente su un prodotto, più questo viene percepito come ecologico, e i consumatori pagherebbero anche 15 centesimi in più per lo strato di imballaggio non necessario. Un cane che si morde la coda.
Gli imballaggi alimentari a base di carta sono commercializzati come un’alternativa sostenibile alla plastica, anche se di solito sono combinati proprio con plastica o altri rivestimenti chimici. Materiali che raramente includono contenuto riciclato e favoriscono la deforestazione globale e il consumo di acqua industriale, come mostra un nuovo rapporto di una coalizione di ONG composta da dell’Ufficio Europeo per l’Ambiente, Zero Waste Europe, Fern, Environmental Paper Network e l’alleanza Rethink Plastic.
Mentre l’UE sta attualmente rivedendo le sue regole per far fronte alla crescita incontrollata dei rifiuti da imballaggio, il rapporto indaga se la carta monouso rappresenti una soluzione credibile per la crescente crisi dei rifiuti in Europa. Parliamo di uno studio che risponde alle costose e ampissime campagne da parte dei produttori di imballaggi e marchi di fast food, che spingono in tal senso anche con attività di lobbying a Bruxelles. Per approfondire questo aspetto, la coalizione di ONG ha collaborato con altre realtà indipendenti che si occupano di deforestazione e commissionato uno studio all’organizzazione di ricerca indipendente Profundo.
I dati forniti dalle aziende, le analisi delle organizzazioni non governative, le preoccupazioni e gli studi della UE e di alcuni singoli Stati in cerca di soluzioni per la riduzione dei rifiuti, assieme alla tendenza del mercato che non va mai sottovalutata sono elementi da tenere sotto controllo per lo studio di questo fenomeno.
La riduzione delle plastiche è necessaria, ma la sovraproduzione indiscriminata di carta, senza alcun controllo e senza una politica che limiti l’uso degli imballaggi, fanno in modo che questo resti un tema aperto. Anche se le parole “green”, “economia circolare” e “riciclabile” sono all’interno di questo dibattito, non è detto che siano sufficienti: si rischiano operazioni di greenwashing dannose.
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