Chi ha assistito dal vivo ad almeno un evento con Letizia Palmisano sa bene che una delle frasi a cui ricorre più spesso è “il miglior rifiuto? È sempre quello che non viene prodotto”, alla quale segue un elenco di buoni esempi sul come fare a mettere a dieta la pattumiera, evitare che un bene divenga uno spreco e sul come valorizzare le risorse.
Questo spirito di riduzione degli sprechi e di attenzione alla sostenibilità è presente anche nel nuovo saggio scritto dalla giornalista e collega di EconomiaCircolare.com “Sette vite come i gatti. Ridare valore agli oggetti. Storie di economia circolare” pubblicato da Città Nuova e in uscita il 29 settembre in libreria e online. Attraverso esempi concreti, l’autrice racconta diverse realtà impegnate nel riuso e nell’economia circolare, fornendo spunti e modelli da seguire per cambiare il nostro approccio al consumo. Come sempre, la penna di Letizia Palmisano riesce ad unire divulgazione, approfondimento e coinvolgimento del lettore su temi sempre più centrali per lo sviluppo sostenibile.
La scommessa con noi stessi: quante vite riusciamo a far vivere ai nostri oggetti?
Il libro parte da un dato di fatto: ogni anno noi umani consumiamo molte più risorse di quelle messe a disposizione generosamente dalla Madre Terra. Cosa fare per riportare il nostro stile di vita in equilibrio? Già con “10 idee per salvare il Pianeta prima che sparisca il cioccolato” scritto a quattro mani con Matteo Nardi, l’autrice ha iniziato a raccontare come – dalla casa all’ufficio, dall’organizzazione del proprio matrimonio alla natalità – siano tante le azioni che ognuno di noi può compiere per ridurre la propria impronta ambientale.
Il nuovo saggio non parla dei nostri ambiti quotidiani ma parte da loro, dagli oggetti (materiali e immateriali) che usiamo solitamente, per raccontare la storia delle loro materie prime e per approfondire i tanti e differenti modi che ci sono per donare ai beni una seconda, terza… o settima vita.
Capitolo dopo capitolo indaga i diversi approcci possibili con ciò che già possediamo, dai vestiti ai mobili, passando per libri e giocattoli. Si parla anche di ciò che può sembrare a impatto zero solo perché immateriale, come una e-mail, per scoprire che poi non è così. Vengono, inoltre, approfonditi i temi della riparabilità e del disassemblaggio, dimostrando come, con piccoli accorgimenti, possiamo restituire valore agli oggetti, evitare lo spreco e prolungarne significativamente il ciclo di vita a beneficio dell’ambiente.
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Storie di economia circolare protagoniste del libro
Non si parla però solo di beni, anzi. Come il sottotitolo anticipa, questa è una vera e propria raccolta di “storie di economia circolare” (e vi anticipiamo che molti sono i link agli approfondimenti della nostra testata), preziosi spunti per dare e darsi – come sottolineano Giorgia Fanari e Matteo Nardi che ne hanno curato la prefazione – una seconda possibilità.
“L’idea del libro – ci spiega l’autrice – nasce proprio a seguito delle tante conversazioni nelle presentazioni dal vivo e online avute dopo l’uscito di ’10 idee’. Dal confronto con le persone nascono sempre nuove domande e al contempo sono tante le persone che, prendendo spunti dai diversi temi, hanno il piacere di condividere ciò che fanno in prima persona o le piccole grandi scoperte, azioni e scelte che non sono altro se non vere e proprie prese di posizione che dicono da che parte si vuole stare: se da quella del futuro sostenibile o da quella di un domani veramente difficile per tutti. Col mio lavoro di giornalista, attraverso i libri ma anche tramite i canali social cerco di far conoscere questa rete che continua a crescere e che mostra come un sistema circolare non sia pura teoria ma potrebbe essere il nuovo modo di ridisegnare la società“.
Nel primo capitolo dedicato ai vestiti si racconta di chi dell’amore per i capi d’epoca ne ha fatto un mestiere come Mademoiselle Vintage o del progetto Dar Bazar, l’emporio dove gli abiti e gli accessori non si pagano e dove si trovano sostenibilità e solidarietà. Nel secondo capitolo protagonisti sono i giocattoli e si scopre che a Campobasso vi è il team del Rigiocattolo, veri e propri angeli custodi dei balocchi di ieri e di oggi. Per gli oggetti quotidiani, nella terza parte del saggio, oltre a scoprire come poter risparmiare sfruttando il mondo dell’usato, non possiamo non invidiare (noi che non siamo a Bologna) l’esistenza di Leila, l’oggetoteca che non è solo un luogo ove prendere in prestito gli oggetti, ma anche dove il cambiamento culturale è davvero in atto. Gli stessi principi e valori li ritroviamo nei Repair Café e qui scopriamo a chi e come venne l’idea di aprire Aggiustotutto nella Capitale e così via passando dagli edifici disassemblabili ai mobili componibili e scomponibili.
I due capitoli conclusivi sono dedicati rispettivamente all’ecoturismo, alle forme di ospitalità circolari (dagli alberghi diffusi allo scambio casa) e all’arte che nasce dai rifiuti e, l’ultimo, proprio ai libri. Qui non si può non citare la Casa dei libri senza prezzo o l’intervista all’esperta che ci spiega perché difficilmente riusciamo a staccarci dai libri dopo averli letti e li lasciamo invecchiare per anni nelle librerie.
Attraverso queste storie, Letizia Palmisano mostra in modo efficace come l’economia circolare non sia un miraggio utopistico, ma una realtà già concreta in tante esperienze sul territorio. Piccole e grandi iniziative che dimostrano come, con creatività e impegno, si possa dar vita a modelli economici e sociali rigenerativi. Leggendo queste testimonianze di persone che ogni giorno lavorano per un futuro più sostenibile, nasce spontanea la voglia di emularli e fare la propria parte. Perché, come dice l’autrice, anche i piccoli gesti nella nostra quotidianità possono contribuire al cambiamento.
Un libro quindi ricco di spunti e suggestioni, che ci invita in modo positivo e propositivo ad approfondire il nostro rapporto con il mondo degli oggetti ed essere protagonisti, con rinnovato entusiasmo, della transizione verso un’economia circolare capace di generare benessere diffuso e tutelare il Pianeta.
A questo punto non ci resta che chiedervi: e voi che rapporti avete con gli oggetti che vi circondano?
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