L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, più nota con la sigla Antitrust, ha avviato un’istruttoria nei confronti di Infinite Styles Services CO. Limited, la società con sede a Dublino che gestisce il sito italiano di Shein, la famosissima azienda cinese di vendite di abbigliamento online a basso prezzo. L’attenzione dell’autorità pubblica italiana si concentra sulle affermazioni ambientali presenti nelle sezioni “#SHEINTHEKNOW”, “evoluSHEIN” e “Responsabilità sociale” del sito shein.com, ritenute potenzialmente ingannevoli.
Al di là dell’esito dell’indagine non si può certo restare sorpresi dalle accuse dell’Antitrust. Il colosso cinese, cresciuto enormemente in appena 4 anni (dal Covid in poi), è il simbolo più evidente dell’ultra fast fashion, con collezioni che si rincorrono settimana dopo settimana e giorno dopo giorno. Spingendo il settore verso una vera e propria “moda usa e getta”: dove gli abiti costano sempre meno (chi ha girato tra gli scaffali virtuali di Shein conferma che è difficile trovare un capo sopra i 50 euro) e restano sempre meno nei nostri armadi, finendo poi inceneriti o in discarica perché nei fatti non sono riciclabili a causa dei materiali usati (filati diversi tra loro e di bassa qualità), del design di prodotto e delle sostanze chimiche presenti.
Già a novembre 2022 un’accurata indagine di Greenpeace aveva denunciato questo “ciclo tossico”. Ora le indagini dell’Autorità rischiano di essere un duro colpo per la reputazione di un brand che di reputazione (sia ambientale che di qualità dei capi), in realtà, ne ha sempre avuta poca e ha basato il suo business sull’estrema convenienza economica.
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Le accuse di greenwashing
Secondo l’Autorità, la crescente consapevolezza delle consumatrici e dei consumatori sull’impatto ambientale delle loro scelte di acquisto ha spinto Shein a promuovere un’immagine di sostenibilità attraverso affermazioni vaghe e confuse. In particolare, i messaggi riguardanti la circolarità dei prodotti e il consumo responsabile sembrerebbero fuorvianti. Inoltre la collezione “evoluSHEIN”, dichiarata sostenibile, potrebbe non fornire informazioni adeguate sulla reale quantità di fibre ecologiche utilizzate, omettendo dettagli cruciali sulla riciclabilità dei capi.
L’istruttoria mette in evidenza anche un apparente paradosso. Mentre Shein enfatizza il proprio impegno verso la decarbonizzazione, i rapporti sulla sostenibilità per il 2022 e il 2023 indicano un incremento delle emissioni di gas serra, sollevando interrogativi sull’effettivo rispetto degli obiettivi dichiarati.
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Le prime reazioni all’istruttoria di Antitrust su Shein
Le associazioni di consumatori, come Codacons e Assoutenti, hanno già chiesto misure severe nei confronti di Shein. Secondo il Codacons, si tratterebbe di un caso di greenwashing, ovvero un ecologismo di facciata che inganna le persone e promuove acquisti basati su affermazioni non veritiere. Assoutenti, in particolare, ha chiesto un risarcimento per le consumatrici e i consumatori che hanno fatto acquisti sulla base di messaggi ingannevoli.
In risposta a queste accuse, Shein ha dichiarato la sua volontà di collaborare con le autorità e di mantenere la piena trasparenza nei confronti dei clienti. Tuttavia l’Antitrust ha già annunciato continuerà a monitorare la situazione per garantire che le pratiche commerciali della società siano conformi alle normative vigenti.
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