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giovedì, Gennaio 23, 2025

Greenpeace: “Positivo ai PFAS l’80% dei campioni di acqua potabile raccolti in Italia”

L’indagine “Acque Senza Veleni” dell’associazione ha raccolto e fatto analizzare campioni di acqua potabile in tutta Italia: dalle analisi risultano presenti il cancerogeno PFOA, il possibile cancerogeno PFOS e decine di altre molecole della famiglia dei PFAS: “Milioni di persone nel nostro Paese hanno ricevuto nelle loro case acqua contaminata da alcuni PFAS classificati come cancerogeni”

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, un passato nell’associazionismo e nella ricerca non profit, collabora con diverse testate

“Nonostante l’Italia ospiti alcuni dei più gravi casi di contaminazione dell’intero continente europeo (in parti del Veneto e del Piemonte) a oggi i controlli sui PFAS nelle acque potabili sono per lo più assenti o limitati a poche aree geografiche”. Partendo da questa lacuna, tra settembre e ottobre 2024 Greenpeace ha raccolto campioni di acqua potabile in 235 città di tutte le Regioni e le province autonome. E li ha fatti analizzare alla ricerca degli inquinanti eterni (Forever Chemicals, come vengono definiti per la capacità di resistere nell’ambiente senza degradarsi).

Il risultato delle analisi commissionate da Greenpeace, effettuate da un laboratorio indipendente e raccolte in un report presentato ieri, è che solo una ridottissima minoranza dei campioni di acqua potabile racccolti dalle fontanelle pubbliche italiane può vantare di essere PFAS-free: libera dalla presenza di queste molecole che preoccupano il mondo scientifico, i cittadini e le cittadine, e gli attivisti: i PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) sono presenti infatti nel 79% dei campioni: otto su 10.  

Dati che riflettono la presenza degli inquinanti e ne misurano la concentrazione, ma non la mettono in relazione coi limiti stabiliti dalla direttiva europea sulle acque potabili che entrerà in vigore dal 2026: perché Greenpeace – sulla base di studi scientifici e delle decisioni più restrittive adottate da Paesi come Germania, Spagna, Svezia – non ritiene quei limiti adeguati a tutelare la salute delle italiane e degli italiani.

“È inaccettabile che, nonostante prove schiaccianti sui gravi danni alla salute causati dai PFAS, alcuni dei quali riconosciuti come cancerogeni, e la contaminazione diffusa delle acque potabili italiane, il nostro governo continui a ignorare questa emergenza, fallendo nel proteggere adeguatamente la salute pubblica e l’ambiente”, afferma Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. “Ancora oggi non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei PFAS. Azzerare questa contaminazione è un imperativo non più rinviabile. Il governo Meloni deve rompere il silenzio su questa crisi: la popolazione ha diritto a bere acqua pulita, libera da veleni e contaminanti”.

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PFOA, PFOS, TFA e gli alti

Nei laboratori i campioni sono stati setacciati alla ricerca di 58 molecole appartenenti all’amplissimo gruppo dei PFAS (numero maggiore rispetto alle 24 previste dal recepimento italiano della direttiva citata). 

Le sostanze più diffuse riscontrate nei 260 campioni raccolti, spiega Greenpeace, sono risultate, nell’ordine, il cancerogeno PFOA (nel 47% dei campioni), seguito dal composto a catena ultracorta TFA (in 104 campioni, il 40% del totale, presente in maggiori quantità in tutti quei campioni in cui è stato rilevato) e dal possibile cancerogeno PFOS (in 58 campioni, il 22% del totale). 

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Risultati non certo rassicuranti, insomma. È stata osservata, sottolinea Greenpeace, “una diffusa presenza di questi composti pericolosi, con almeno tre campioni positivi per ogni Regione, eccezion fatta per la Valle d’Aosta in cui sono stati prelevati solo due campioni”.

Livelli elevati si registrano in Lombardia (ad esempio in quasi tutti i campioni prelevati a Milano) e in numerosi comuni del Piemonte (Torino, Novara, alcuni comuni dell’alessandrino, ma anche Bussoleno in Valle di Susa), del Veneto (anche in comuni fuori dall’area rossa già nota per essere tra le più contaminate d’Europa, come Arzignano, Vicenza, Padova e Rovigo), dell’Emilia-Romagna (Ferrara, Comacchio, Reggio Emilia), della Liguria (Genova, Rapallo, Imperia), della Toscana (Arezzo, Lucca, Prato), della Sardegna (Olbia, Sassari e Cagliari) e Perugia in Umbria.

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Nell’ambito delle sue analisi, Greenpeace Italia ha verificato anche la presenza nelle acque potabili italiane del TFA (acido trifluoroacetico), la molecola del gruppo dei PFAS “più diffusa sul pianeta, per cui nel nostro Paese non esistono dati pubblici”. Il TFA è “una sostanza persistente e indistruttibile ancora oggetto di approfondimenti scientifici che, per le sue stesse caratteristiche, non può essere rimossa mediante i più comuni trattamenti di potabilizzazione”.

Cosa emerge dalla analisi? Il comune di Castellazzo Bormida (AL) ha mostrato i valori più elevati (539,4 nanogrammi per litro), seguito da Ferrara (375,5 nanogrammi per litro) e Novara (372,6 nanogrammi per litro). Concentrazioni molto alte si registrano anche ad Alghero (SS), Cuneo, Sassari, Torino, Cagliari, Casale Monferrato (AL) e Nuoro. La Sardegna (77% dei campioni positivi), il Trentino Alto Adige (75% dei campioni positivi) e il Piemonte (69% dei campioni positivi) sono le Regioni in cui la contaminazione da TFA è risultata essere più diffusa.

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I limiti della nuova direttiva e i Paesi “non allineati”

A partire dall’anno prossimo, entrerà in vigore in Italia la revisione della direttiva europea sulla acque potabili (Drinking Water Directive-DWD, 2020/2184), che prevede i seguenti limiti: 500 nanogrammi per litro (o 0,5 microgrammi per litro) per il parametro “PFAS totali” e 100 nanogrammi per litro (o 0,1 microgrammi per litro) per il parametro “Somma di PFAS”. In Italia quest’ultimo valore sarà determinato dalla somma di 24 dierse molecole. Valori che, afferma Giuseppe Ungherese, “destano preoccupazione perché secondo le più recenti conoscenze scientifiche la presenza di PFAS nell’acqua può costituire un pericolo anche a concentrazioni molto basse”.

A questo riguardo Greenpeace ricorda le indicazioni dell’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare): che, si legge nel sito dell’agenzia, nel 2020ha stabilito una nuova soglia di sicurezza per le principali sostanze perfluoroalchiliche, o PFAS, che si accumulano nell’organismo umano. La soglia, una dose settimanale tollerabile di gruppo (DST) di 4,4 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo alla settimana, viene specificata in un parere scientifico sui rischi per la salute umana derivanti dalla presenza di queste sostanze negli alimenti”.

Greenpeace ricorda anche che recentemente l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) ha dichiarato che i limiti in via di adozione con la DWD rischiano di essere inadeguati a proteggere la salute umana. “Per questo numerose nazioni europee (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e la regione belga delle Fiandre) e gli Stati Uniti hanno già adottato limiti più bassi”, afferma Ungherese. 

Secondo le evidenze raccolte da Greenpeace, “milioni di persone nel nostro Paese hanno ricevuto nelle loro case acqua contaminata da alcuni PFAS classificati come cancerogeni, la cui presenza è considerata inaccettabile in molte nazioni”. L’associazione prova allora ad immaginare cosa sarebbe successo che i risultati ottenuti della analisi fossero stati effettuati in uno di questi Paesi: “È emerso, ad esempio, che il 41% dei campioni analizzati supera i parametri danesi e il 22% supera i valori di riferimento negli Stati Uniti”.

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La petizione

Da tempo Greenpeace Italia ha lanciato una petizione che chiede al nostro governo di “mettere al bando l’uso e la produzione di tutti i PFAS, sostituendoli con alternative più sicure e già disponibili nella quasi totalità dei settori industriali.” La petizione, sottoscritta da oltre 136 mila persone, “non ha trovato ancora alcun riscontro nell’azione legislativa: l’esecutivo italiano e i ministri competenti continuano a non intervenire sacrificando milioni di persone alla contaminazione da PFAS”.

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