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Lo sviluppo di un’economia circolare è una parte fondamentale degli sforzi dell’Unione Europea per affrontare i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e l’inquinamento. Eppure, secondo un nuovo report dell’Agenzia europea per l’ambiente (AEA), “nonostante i progressi legislativi compiuti negli ultimi cinque anni, gli sforzi per trasformare l’economia europea, in gran parte lineare e ‘usa e getta’, in un’economia circolare richiederanno ulteriori azioni coraggiose e una forte attuazione delle misure esistenti”. In “Accelerating circular economy in Europe – state and outlook 2024“, pubblicato a fine marzo, l’Agenzia afferma che è essenziale un’azione decisa per ridurre drasticamente i rifiuti, dare priorità alla riduzione dell’uso delle risorse, migliorare i tassi di riciclaggio e migliorare l’introduzione di prodotti progettati per la circolarità. E ridurre i consumi.
“L’economia circolare è ormai un concetto ampiamente accettato. Va oltre la semplice gestione dei rifiuti: si tratta piuttosto di mantenere alto il valore dei materiali e di farli durare più a lungo nell’uso cui sono destinati. Cerca inoltre di eliminare dall’economia l’uso di materiali non necessari. Ciò richiede nuovi modelli di business e una transizione più decisa dai modelli di proprietà alle soluzioni basate sui servizi”, sottolinea l’Agenzia.
Il rapporto dell’AEA, oltre a fornire un’analisi di come l’UE stia procedendo nella transizione verso un’economia più circolare, indica opzioni e prospettive per accelerare ulteriormente il processo.
Andare oltre il riciclo dei rifiuti
L’UE ha messo in atto misure per consentire il passaggio a un’economia circolare: questa trasformazione è sancita dal Piano d’azione per l’economia circolare, una delle parti fondamentali del Green Deal europeo. Negli ultimi anni si sono registrati progressi positivi verso la circolarità in Europa, come l’aumento dei tassi di riciclaggio e l’emergere della sharing economy e di altri modelli di business circolari: con un tasso di circolarità dell’11,5% nel 2022, l’Europa consuma una percentuale di materiali riciclati superiore a quella di altre regioni del mondo. Tuttavia, rileva il rapporto, “i progressi nell’UE sono stati lenti e siamo ancora lontani dall’ambizione di raddoppiare il tasso di circolarità dell’Unione entro il 2030”.
Se l’economia circolare viene spesso, erroneamente, identificata col solo riciclo, l’Agenzia europea per l’ambiente ci dice che dobbiamo allargare lo sguardo a tutto ciò che previene i rifiuti: “È improbabile che si possa raggiungere una riduzione significativa della produzione di rifiuti entro il 2030. Il riciclaggio è aumentato nel tempo, ma negli ultimi anni i tassi sono rimasti stagnanti”.
È vero che molte politiche di economia circolare sono ancora relativamente nuove e alcune non sono ancora state pienamente attuate a livello nazionale, riflette l’AEA. E che l’impatto di queste misure richiede del tempo per essere trasferito nei modelli di business, nei modelli di consumo e, in ultima analisi, nei nostri modelli di utilizzo delle risorse. Tuttavia, “oltre all’attuazione delle politiche esistenti, si può fare di più”: ”Le politiche dell’Unione Europea in materia di economia circolare sono state rafforzate negli ultimi anni, ma devono ancora diventare più vincolanti e orientate agli obiettivi per accelerare l’adozione di un’economia più rigenerativa in Europa. Ciò significa andare oltre l’attuale forte attenzione ai rifiuti per affrontare più direttamente l’uso delle risorse.”.
I responsabili politici dell’UE dovranno studiare ulteriori interventi per accelerare la transizione: “Un’opzione – l’introduzione di obiettivi in settori diversi dalla raccolta e dal riciclaggio dei rifiuti – aumenterebbe la priorità delle azioni di economia circolare per le autorità nazionali e garantirebbe la concentrazione sull’attuazione di azioni che generano risultati misurabili”.
L’attenzione al solo riciclo ha poi messo in ombra i primi step dell’economia circolare, tanto che “i casi di studio concreti di modelli di business circolari sono limitati, soprattutto per quanto riguarda le attività critiche di riparazione o rigenerazione. Ciò è particolarmente evidente per i modelli che hanno il potenziale di sconvolgere lo status quo causando un cambiamento su larga scala in un intero settore”.
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Il “modesto” disaccoppiamento, i planetary boundaries e l’idea di benessere
Sebbene in passato l’Europa abbia registrato forti aumenti nel consumo di risorse, “questa tendenza si è più o meno stabilizzata negli ultimi anni. Il consumo totale di materiali nel 2022 è stato inferiore del 2% rispetto al 2000, mentre il PIL dell’UE è aumentato del 31%”. Ciò indica un “leggero disaccoppiamento assoluto del consumo di risorse dell’UE dalla crescita economica”. Disaccoppiare la crescita economica dai suoi impatti ambientali è una strategia che mira a incrementare l’attività economica senza un contemporaneo aumento dell’uso di risorse materiali. È inoltre degno di nota il fatto che il consumo di servizi da parte delle famiglie – salute, istruzione, finanza, attività ricreative e altro – sia aumentato in volume del 43% tra il 2000 e il 2019, un dato significativamente superiore all’aumento del 26% della spesa totale delle famiglie nello stesso periodo: “Ciò sembra suggerire uno spostamento emergente nei modelli di spesa dei consumatori verso i servizi e lontano dalle spese ad alta intensità di materiali e prodotti”.
Tuttavia l’AEA ci ricorda che “affidarsi esclusivamente ad aggiustamenti incrementali, correzioni tecnologiche e miglioramenti dell’efficienza all’interno del sistema esistente non sarà sufficiente a ridurre l’uso di materiali e i relativi impatti ambientali a un livello che rispetti i confini planetari”. Nonostante i notevoli miglioramenti nell’efficienza dei processi, in generale, infatti, “non sono state raggiunte riduzioni assolute delle impronte ambientali. Inoltre, nel tempo, l’aumento dei consumi nelle economie in crescita e gli effetti di rimbalzo possono superare i guadagni di efficienza”. Per questo, secondo l’Agenzia, “un’attenzione esclusiva ai miglioramenti incrementali dell’efficienza rappresenta un approccio debole al consumo sostenibile, non sarà sufficiente a ridurre l’uso assoluto di risorse materiali e, nel migliore dei casi, rimanderà gli impatti ambientali”.
Serve invece una riflessione sugli obiettivi: più beni o più benessere? “La nozione di benessere dovrebbe essere centrale per comprendere il significato di una vita sana e come raggiungerla”.
Oltre al consumo di materia, l’Agenzia punta i riflettori anche sulla conseguente produzione di rifiuti, che sta mostrando anch’essa “un modesto disaccoppiamento relativo dalla crescita economica”, anche se “è improbabile che si possa raggiungere una riduzione significativa della produzione di rifiuti entro il 2030”. Quanto al riciclo, raccontato spesso come ‘la’ soluzione, “è aumentato nel tempo, ma negli ultimi anni i tassi sono rimasti stagnanti”.
Il raggiungimento di un’effettiva “circolarità” richiede mercati funzionanti, ma per molti materiali riciclati i mercati delle materie prime secondarie non stanno funzionando bene, il che riflette l’urgente necessità di affrontare le sfide relative ai prezzi, agli standard e alla stabilità dell’approvvigionamento. L’attenzione per la gestione dei rifiuti dovrebbe ora passare alla “produzione di riciclati di alta qualità, in grado di competere sul mercato con le materie prime vergini”.
Ridurre i consumi
L’Agenzia europea per l’ambiente ci ricorda che l’economia circolare è prevenzione, anche degli acquisti inutili. Anche con un relativo disaccoppiamento delle pressioni ambientali dalla crescita economica, infatti, l’aumento dei consumi e della produzione associata continua a portare l’estrazione di risorse a livelli insostenibili “che non possono essere affrontati adeguatamente solo con un aumento del riciclo”. Per questo “c’è la necessità di ridurre il consumo di prodotti dagli attuali livelli insostenibili, ma le tendenze attuali nell’UE si stanno purtroppo muovendo nella direzione opposta”. I volumi di consumo all’interno dell’UE continuano infatti a crescere e in assenza di elevati livelli di circolarità, a questa crescente domanda di prodotti e servizi corrisponde inevitabilmente un aumento significativo della domanda di materie prime.
Per questo si deve fare di più: “La riduzione delle pressioni ambientali derivanti dal consumo sarà ottenuta attraverso azioni che interessano l’intero ciclo del prodotto, ma è giustificata una particolare attenzione agli aspetti precedenti al consumo”. Secondo l’AEA, le decisioni di acquisto (a livello di organizzazione e a livello personale) dovrebbero seguire la valutazione della necessità di un nuovo prodotto o servizio. Si dovrà “consumare meno acquistando solo ciò che è necessario e mantenendo i prodotti esistenti in uso più a lungo; consumare meglio utilizzando prodotti che consentono un consumo circolare e riducono l’impatto ambientale; consumare in modo diverso, abbracciando nuove pratiche come la sharing economy o i beni di seconda mano, o passando a beni e servizi con un impatto meno negativo”.
La responsabilità, ovviamente, non è in capo ai soli cittadini consumatori. L’educazione e la sensibilizzazione sono importanti per informare i consumatori – individui e organizzazioni – sul loro ruolo, “ma i governi e le imprese devono agire per consentire il passaggio al consumo sostenibile. I beni e i servizi più circolari e sostenibili devono essere forniti a prezzi competitivi rispetto alle opzioni dell’economia lineare, devono essere forniti sistemi di raccolta adeguati e infrastrutture di riciclaggio”.
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Accelerare la transizione circolare
Dopo aver indicato la direzione da seguire, il rapporto dell’Agenzia spiega anche quali sarebbero i passi da fare per raggiungere l’obiettivo, con “interventi e misure che potrebbero essere messi in atto nel breve termine per accelerare l’adozione di un’economia circolare”. Vediamoli.
Introdurre obiettivi quantitativi vincolanti per l’economia circolare, in particolare per quanto riguarda l’uso delle risorse. Attualmente esistono pochi obiettivi vincolanti sull’economia circolare. Ad esempio, il raddoppio del tasso di uso circolare della materia nel Circular economy action plan e la richiesta di riduzione dell’impronta materiale dell’UE sono aspirazioni volontarie. I nuovi obiettivi dovrebbero concentrarsi su particolari flussi di materiali (ad esempio con obiettivi vincolanti sul consumo di materie prime vergini) e includere azioni di monitoraggio e valutazione delle prestazioni.
Continuare la sensibilizzazione, l’educazione, il finanziamento e la creazione di competenze per un’economia circolare. La sensibilizzazione sull’economia circolare è importante per coinvolgere maggiormente una serie di soggetti interessati e per aumentare la comprensione e l’adesione ai cambiamenti che essa comporterà. Uno degli obiettivi, secondo l’Agenzia, è quello di scomporre la circolarità in aspetti pratici che siano più facilmente illustrabili ai cittadini, evidenziando al contempo i benefici che derivano da una maggiore circolarità.
Puntare sul concetto di sufficienza per limitare la domanda e l’offerta non necessarie. La sufficienza, utile per limitare la domanda e l’offerta non necessarie, può contribuire a far rientrare l’Europa nei suoi confini planetari. “L’idea di puntare a un consumo sostenibile e di introdurre livelli minimi e massimi di consumo viene talvolta definita sufficienza”, si legge nel report. Non esiste una definizione condivisa del termine, ma l’idea è di limitare la domanda e l’offerta non necessarie a un livello che non danneggi l’ambiente. Mentre l’efficienza riguarda la riduzione degli impatti relativi, cioè l’impatto per prodotto o per unità di consumo, la sufficienza mira a ridurre il livello assoluto del consumo.
Stimolare gli acquisti circolari pubblici e aziendali. Un modo per promuovere la domanda a lungo termine di soluzioni circolari è quello di promuovere gli acquisti circolari per gli acquisti pubblici (GPP-Green public procurement) e aziendali.
Accelerare l’adozione della progettazione circolare e dell’ecodesign. La progettazione è un’area critica a cui prestare attenzione, poiché si stima che l’80% di tutti gli impatti ambientali legati ai prodotti sia determinato durante la fase di progettazione di un prodotto. In una relazione speciale pubblicata lo scorso anno, la Corte dei Conti europea ha sottolineato la necessità di intraprendere ulteriori azioni per accelerare l’adozione della progettazione circolare.
Passare dalle imposte sul reddito alle imposte sulle materie prime estratte. Il 52% del gettito fiscale totale nell’UE proviene dalle imposte sul lavoro, rispetto al 6% delle imposte ambientali – quota inferiore del 17% rispetto a 20 anni fa. E con l’invecchiamento della popolazione europea e la necessità che i prezzi dei prodotti riflettano meglio i loro costi ambientali, aumentano le ragioni a favore dello spostamento dalle imposte sul reddito verso una maggiore tassazione delle materie prime estratte. Tra gli esempi di imposte sulle materie prime l’AEA cita la tassa danese sulle materie prime (sabbia, ghiaia, pietre, torba, argilla e calcare), che ha contribuito ad aumentare il riciclaggio dei rifiuti da costruzione e demolizione dal 12% nel 1985 al 94% nel 2004. Un’alternativa alla tassazione delle materie prime primarie è la sovvenzione delle materie prime secondarie, eliminando i sussidi dannosi per l’estrazione dei materiali o riducendo le imposte sui prodotti ecologici.
Istituire un programma d’azione per il riutilizzo a livello europeo. Basandosi sul modello della piattaforma delle parti interessate all’economia circolare (ICESP), un programma d’azione per il riutilizzo potrebbe, afferma l’Agenzia europea per l’ambiente, fornire una guida per incoraggiare una cultura del riutilizzo in tutta Europa, facilitando lo scambio di conoscenze tra gli Stati membri sugli approcci di successo all’attività di riutilizzo.
Creare capacità di offerta e domanda per una maggiore durata dei prodotti. Per favorire l’allungamento della durata di vita dei prodotti, è necessario sia costruire le capacità per l’offerta, compresa la formazione delle competenze e le infrastrutture, sia fornire incentivi economici a tal fine. Le misure comprendono il coinvolgimento e l’abilitazione degli operatori del settore pubblico e privato a prolungare la durata di vita dei prodotti attraverso il riutilizzo, ad esempio attraverso la sensibilizzazione, la legislazione sul passaggio dal monouso al riutilizzo e la creazione di centri di preparazione al riutilizzo. Ciò dovrebbe includere anche misure per la manutenzione preventiva dei prodotti, il miglioramento delle opzioni di riparazione e rifabbricazione, l’incentivazione dei programmi di ritiro e la creazione di condizioni favorevoli per una maggiore condivisione dei prodotti.
Incoraggiare i consumatori a prolungare la durata di vita dei prodotti, anziché acquistarne di nuovi. Gli incentivi economici sono un fattore chiave per incoraggiare i consumatori a scegliere azioni che prolunghino la durata di vita dei prodotti invece di acquistarne di nuovi. Tali interventi dovrebbero affrontare la situazione in cui le opzioni di riparazione o di riutilizzo sono meno attraenti dal punto di vista economico e dovrebbero eliminare le barriere, come la mancanza di pezzi di ricambio adatti.
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Sviluppare criteri e una gerarchia per classificare la qualità del riciclaggio. Gli attuali obiettivi di riciclaggio si concentrano sul peso dei materiali trattati, ma non tengono conto del valore e dell’utilità dei materiali recuperati. Questo può portare a prodotti riciclati di bassa qualità che soddisfano gli obiettivi politici attuali, ma che in realtà possono rivelarsi difficili da commercializzare, se non con un forte sconto. Inoltre, alcune operazioni di riciclaggio producono materiali di valore o utilità inferiore a quelli originali e/o materiali impossibili da riciclare nuovamente. Per stimolare la considerazione delle materie prime secondarie come alternativa alle materie prime vergini, “è indispensabile che vi sia un flusso sostenuto e prevedibile di materiali di alta qualità provenienti dalle operazioni di riciclaggio”. Una gerarchia di pratiche comuni per garantire che i prodotti siano riciclati allo stesso valore contribuirebbe a rafforzare il mercato delle materie prime secondarie in tutta Europa. Per l’AEA dovrebbero essere introdotti criteri comuni UE sulla qualità, basati sulle caratteristiche delle materie prime secondarie, sul potenziale di ulteriore riciclo e sull’impatto ambientale del processo di riciclo.
Introdurre supporti temporanei e catalizzatori per rilanciare i mercati delle materie prime secondarie. I mercati delle materie prime sono ben consolidati e gli acquirenti sono in genere riluttanti a passare a fonti di materiali alternative, a meno che non vi siano incentivi significativi.
Applicare e rafforzare i sistemi di responsabilità estesa del produttore per un maggior numero di prodotti. Incorporando nel prezzo di mercato i futuri costi ambientali associati all’intero ciclo di vita del prodotto, i regimi di responsabilità estesa del produttore hanno dimostrato la loro efficacia nell’indurre buone pratiche di raccolta e trattamento dei materiali di scarto. Sebbene questi schemi comportino alcuni oneri amministrativi, dovrebbero essere presi in considerazione per l’applicazione ad altri flussi di prodotti selezionati in cui gli impatti ambientali sono elevati e il potenziale di recupero dei materiali dai rifiuti è forte.
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