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Siamo immersi nella campagna elettorale, sommersi dalle proposte e dai programmi che arrivano dai partiti in lizza per rappresentarci in Parlamento e governare il Paese. Il nostro magazine ha deciso di raccontare tutto questo sia dal punto di vista della politica che da quello della società civile: interviste a candidati sui temi strettamente legati all’economia circolare ma anche più generalmente ambientali; e domande alle associazioni per avere il loro punto di vista.
Apriamo oggi questa serie di contributi con l’intervista a Vittorio Cogliati Dezza, del Coordinamento del Forum Disuguaglianze e Diversità.
Questa campagna elettorale e i programmi presentati dai partiti, secondo voi, hanno visto assegnare all’economia circolare (non solo al riciclo ma anche a prevenzione e riduzione) un ruolo adeguato? Perché? Quali partiti si sono in particolare distinti?
Qualche segnale di attenzione c’è. Probabilmente trascinato dal fatto che mai come quest’anno il tema ambientale ha avuto spazio nei programmi elettorali, anche se egemonizzato da energia e clima. Si tratta spesso di semplici citazioni del problema, senza coglierne i nessi con le opportunità che l’economia circolare potrebbe offrire rispetto all’aumento dei costi delle materie prime, oggi mediaticamente coperto dal costo dell’energia, ma non per questo meno incisivi. E senza la consapevolezza della necessità di ridurre la produzione complessiva di rifiuti. Superficialità dovuta, probabilmente, alla scarsa cultura ambientale della classe dirigente nazionale, e, a caduta, della classe politica. Il panorama offerto comunque è molto differenziato.
Balza agli occhi lo spartiacque tra pro e contro i termovalorizzatori, da una parte Unione Popolare (UP), Verdi/Sinistra Italiana e Cinque Stelle, dall’altra Terzo Polo e Destra, in mezzo il silenzio del PD. Poi, però, le posizioni si differenziano. La proposta più articolata è quella del Terzo Polo (dalle macroaree regionali alla tariffa puntuale, dalle informazioni in etichetta al supporto ai Comuni), rimangono su posizioni di principio e generali Unione Popolare (disincentivare l’usa e getta, “basta discarica”) e i 5S (“stop a nuovi inceneritori e a tecnologie obsolete”, “promuovere il vuoto a rendere”), mentre Verdi/SI articolano le loro proposte: “rifiuti zero”, plastic tax, filiere industriali di recupero e riciclo, sviluppo delle moderne tecnologie, mentre lascia perplessi il divieto di spostare i rifiuti fuori regione, che potrebbe, paradossalmente, portare a nuovi inceneritori, Regione per Regione. La Destra si appella “all’attuazione del piano strategico nazionale di economia circolare” che dovrebbe, tra le altre cose, “trasformare il rifiuto in energia rinnovabile”.
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Le misure proposte per la progressiva riduzione delle forniture di gas russo (ad esempio i rigassificatori), sono un compromesso tra l’urgenza del bisogno di energia e i tempi fisiologici del passaggio alle rinnovabili? O vengono usati dai partiti come occasione per prolungare lo status quo?
La risposta dei partiti a questa emergenza è la cartina di tornasole di quanta importanza effettiva diano i diversi schieramenti alla lotta contro i cambiamenti climatici. Anche qui le posizioni sono nettamente differenziate. Mentre UP e 5S si limitano a ribadire il tetto al prezzo del gas e stop a nuove trivellazioni, Verdi/SI disegnano il percorso per un futuro senza metano, le posizioni delle altre forze politiche sembrano voler cambiare qualcosa, per non cambiare quasi nulla. Per Verdi/SI la posizione è chiara, bisogna “sfruttare tutte le infrastrutture esistenti per compensare possibili contrazioni o stop del gas russo prima di considerare nuove infrastrutture gas” e comunque in una prospettiva di “definitivo abbandono del gas metano e uscita dalla generazione a gas nel sistema elettrico entro il 2035”. Per raggiungere il difficile equilibrio tra emergenza di oggi e prospettive di domani la proposta si articola in diverse misure complementari, accompagnate dall’accelerazione dell’installazione di rinnovabili, al ritmo di 15GW anno.
Per il PD invece il ricorso ai rigassificatori è necessario, come soluzione-ponte per pochi anni. Peccato che fissino la data di smobilitazione a “ben prima del 2050”, formula ambigua che va comunque ben oltre il limite già fissato dal Governo Draghi per i finanziamenti pubblici ai nuovi rigassificatori (2043). Il Terzo Polo non ha remore a sbilanciarsi, propone che il Sud, come hub energetico del Mediterraneo, diventi il naturale approdo dei gasdotti, un investimento incompatibile con l’uscita dal gas in tempi utili per il clima, e poi l’aumento di produzione di gas nazionale, che è in contraddizione con la necessità di “rafforzare la strategia sulle energie rinnovabili” nelle sue diverse sfaccettature e la riduzione nel medio periodo del 55% delle emissioni di CO2 con fonti rinnovabili, attraverso “i sistemi di cattura e stoccaggio della CO2 prodotta dalle centrali termoelettriche”. L’ambiguità di queste formulazioni appare evidente, come chi vuole avere “la botte piena e la moglie ubriaca”, senza scegliere una direzione di futuro. La destra, su questi temi, rimane molto generica, a parte la proposta, da tutti condivisa, del price-cap europeo per il gas, ed un generico invito a diversificare gli approvvigionamenti energetici per l’autosufficienza, in cui rientra il “pieno utilizzo delle risorse nazionali, anche attraverso la riattivazione e nuova realizzazione di pozzi di gas naturale in un’ottica di utilizzo sostenibile delle fonti”.
Il nucleare può essere una soluzione?
UP e 5S non ne parlano, Verdi/SI e PD lo respingono. Terzo Polo e Destra rilanciano il mito di un nucleare pulito e sicuro. Qui lo spartiacque è netto, più che su termovalorizzatori e metano.
La sostanza del problema è che il nucleare è stato rilanciato dal ministro Cingolani, un anno fa, come vera e propria “arma di distrazione di massa”, per depotenziare le aspettative dell’opinione pubblica sulle rinnovabili, e ridare spazio al gas. Non c’è altra spiegazione. Perché il nucleare sicuro non esiste, la fusione è di là da venire (giusto in questi giorni l’ENEA ha comunicato che forse il reattore sperimentale ITER, frutto di una larga collaborazione internazionale, potrebbe essere acceso tra tre anni), nulla c’è in campo per questa tecnologia, e le poche centrali oggi in cantiere hanno moltiplicato costi e tempi di costruzione. Per non parlare del presidente dell’ ENEL, che, in tempi non sospetti, ha detto che non ha senso parlarne.
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Restiamo ancora sulla crisi energetica: le misure indicate dai partiti in questa campagna elettorale a favore dell’efficienza sono, secondo voi, adeguate?
La risposta è NO. Di efficienza si parla molto poco. L’unico programma che ne fa una priorità è quello di Verdi/SI. Gli unici riferimenti, toccati da tutti, riguardano gli interventi sulla mobilità sostenibile, se vogliamo farli rientrare nel capitolo dell’efficienza, e gli interventi per l’efficentamento energetico degli edifici, o stabilizzando gli attuali incentivi (5S, Verdi/SI, PD), o con altri interventi (ad es. il teleriscaldamento previsto dal Terzo Polo). I 5S rilanciano proponendo un nuovo “superbonus energia imprese, sempre basato sulla circolazione dei crediti fiscali, per permettere alle imprese di investire a costo zero nel risparmio energetico e nelle fonti rinnovabili”. I Verdi/SI articolano le loro proposte per “l’eliminazione dei combustibili fossili dalle abitazioni mediante energie rinnovabili, efficienza energetica, pompe di calore e ogni altro processo che porti all’elettrificazione completa delle abitazioni”, stabiliscono un orizzonte temporale rendendo tutti gli incentivi “duraturi almeno fino al 2030”, garantendo l’accesso prioritario alle fasce sociali più deboli, si ripromettono di introdurre “premialità aggiuntive alle imprese che investono in rinnovabili ed efficienza energetica” e di rimodulare il sostegno all’acquisto di sole auto elettriche.
Secondo voi le misure previste dai partiti per la transizione ecologica tengono in giusto conto anche la giustizia sociale e la difesa dei soggetti più deboli? Cosa bisognerebbe fare in tal senso?
Anche qui il tema si insinua in alcuni programmi, in altri (come Terzo Polo e Destra è completamente assente), ma spesso fermandosi a petizioni di principio e buone intenzioni. Unica eccezione una proposta molto dettagliata del PD.
L’UP parla di “trasporto pubblico a basso costo, gratuito per i meno abbienti”. Per i Verdi/SI occorre “fornire interventi di sostegno selettivi solo per i più bisognosi”, mentre l’accesso agli incentivi per il risparmio energetico va reso “prioritario per le fasce sociali più deboli” e la povertà energetica va ridotta “a zero entro il 2025” (ma come? verrebbe da chiedersi) e occorre garantire l’accesso equo all’energia verde per tutti, come pure gli incentivi all’acquisto di auto devono essere “solo per le utilitarie e solo per la prima auto e modulati in base al reddito”.
Il PD, invece, per sostenere “una transizione ecologica socialmente equa” propone l’introduzione di un contratto “luce sociale” per famiglie con redditi medi e bassi: contratto di fornitura energetica prodotta totalmente da fonti rinnovabili e acquistata dalla società pubblica Acquirentre Unico. Il contratto avrà durata decennale e, fino a un massimo di 1.350 KWH/anno per famiglia – pari al 50% del consumo medio – l’energia verrà fornita a costo zero e sulla parte di consumo eccedente i prezzi saranno calmierati. Per Terzo Polo e Destra solo qualche riferimento a misure universalistiche sul costo dell’energia (Terzo Polo rilancia i prosumer, Destra la riduzione dell’IVA sui prodotti energetici).
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