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sabato, Dicembre 14, 2024

È possibile vivere in una casa tutta elettrica? Intervista a Nicola Armaroli

"C’è poco da difendere e molto da cambiare": così Nicola Armaroli, dirigente di ricerca del Cnr e tra i più noti esperti di energia in Italia, spiega perché facciamo fatica ad abbandonare le fonti fossili. Raccontandoci come funziona la sua casa tutta elettrica. "Cosa serve ancora?"

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista freelance. Ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane - I Quaderni de L’Ora, radio100passi, Palermo Repubblica, MeridioNews - e nazionali. Nel 2014 ha pubblicato il libro inchiesta “Fate il loro gioco, la Sicilia dell’azzardo” e nel 2018 l'ibrido narrativo “La città a sei zampe”, che racconta la chiusura della raffineria di Gela da parte dell’Eni. Si occupa prevalentemente di ambiente e temi sociali.

Nel 2020, mentre tutti o quasi eravamo concentrati sulla pandemia, lui dava alle stampe un libro che, due anni dopo, già dal titolo appare quasi profetico: “Emergenza energia, non abbiamo più tempo” (Edizioni Dedalo). Recuperare quel libro, immersi come siamo in una crisi energetica che ha visto il prezzo del gas alle stelle e frenare già la crescita post-Covid, è ancor più necessario.

Specie perché l’autore di quel libro è Nicola Armaroli: chimico, dirigente di ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), è uno dei più noti esperti in Italia in tema di energia ed è un aperto sostenitore dell’elettrificazione dei consumi. Se nemmeno l’Unione europea è pronta ad abbandonare le fonti fossili, come hanno dimostrato prima la partita della tassonomia e poi la guerra in Ucraina, è davvero possibile, con gli strumenti attuali, chiedere questo sforzo alla popolazione?

Perché quel che sembra chiaro è che il trittico carbone-petrolio-gas è osteggiato, almeno a parole, da tanti e tante. E anche chi usa e  guadagna su queste energie promette che non durerà per sempre. Ma quanto è lunga questa transizione energetica? O l’elettrificazione dei consumi è in fondo un’utopia che si deve perseguire ma non si potrà mai realizzare?

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Su Linkedin ha fatto discutere molto il suo post in cui annunciava il primo pieno a chilometro zero della sua auto elettrica, effettuato grazie al fotovoltaico installato sul tetto di casa. Perché, secondo lei, c’è ancora così tanta resistenza anche a livello personale? Voglio dire: se le resistenze dei governi sono immaginabili, visto che le pressioni delle lobby del gas sono evidenti, perché le persone sembrano così renitenti?

Non mi aspettavo centinaia di commenti, trattandosi di una cosa che diventerà molto diffusa e verrà considerata normale prima di quanto immaginiamo. Tra i commenti negativi alcuni esprimevano argomenti classici ma piuttosto spuntati (materiali e riciclo delle batterie) o fuori luogo sul tema del post (l’elettricità la produciamo coi fossili). Potremmo definirla una minoranza esuberante, ma non molto informata. Al di là delle considerazioni tecnologiche e tecniche, è una questione di mentalità: continuiamo a ragionare come abbiamo sempre fatto, ripetendo ossessivamente concetti infondati. Un esempio su tutti: le rinnovabili da sole non bastano per garantire la transizione energetica. Siccome in un’ora di tempo il sole manda sulla terra l’energia che l’umanità consuma in un anno, la disponibilità di energia rinnovabile è esattamente l’ultimo problema. Semmai la questione è tecnologica, economica e di disponibilità di materie prime per convertire i flussi rinnovabili. E’ su questo che dobbiamo incentrare la discussione e lavorare. Ebbene le tecnologie per la transizione energetica sono già disponibili oggi per almeno il 90%, e spesso sono anche le più economicamente convenienti. Lo sviluppo di modelli circolari permetterà anche di affrontare con successo il tema delle materie prime. Un altro concetto duro a morire è che per scaldarsi o muoversi bisogna bruciare qualcosa: io non lo faccio e mi scaldo e muovo lo stesso, quindi oggi è possibile. È un tunnel mentale da cui non riusciamo a uscire, una resistenza al cambiamento umanamente comprensibile, ma non più giustificabile. Da almeno mezzo secolo, ogni 5-10 anni, ci accorgiamo che c’è un problema con gli idrocarburi, ma ci ostiniamo a tenere in piedi il sistema, cambiando semplicemente fornitori. È una strategia perdente. Un’osservazione che trovo davvero insopportabile in questi giorni è che petrolio e gas sono l’energia dei poveri e l’elettricità da rinnovabili è quella dei ricchi. Da decenni petrolio e gas alimentano tensioni, guerre, cambiamento climatico che danneggia particolarmente i più poveri e un’enorme concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi. E comunque una persona che fa il pieno dell’auto a casa, con una normale presa di corrente collegata alla rete, spende meno della metà rispetto alle fonti fossili. Un divario che aumenta ulteriormente con il costo attuale dei carburanti. Cosa serve ancora?

Evidentemente i dati non bastano … 

E’ così. Buckminster Fuller sosteneva che per essere veri innovatori non bisogna provare a cambiare il modello esistente ma bisogna crearne uno nuovo. Perché se ci si ostina a voler modificare ciò che c’è già, ci saranno resistenze enormi. Facciamo un esempio che possono comprendere tutti: come ha fatto Elon Musk a diventare l’uomo più ricco del mondo? Ha preso un settore che era fossilizzato, è proprio il caso di dirlo, da decenni e ne ha inventato uno nuovo. Attenzione, Musk non ha inventato né il motore elettrico né le batterie a litio, entrambe c’erano già. Ma ha semplicemente capito che la densità di energia di una batteria al litio consentiva ormai di utilizzarla in un’automobile. Tra l’altro Musk non mi sta particolarmente simpatico per molte sue prese di posizione, però bisogna riconoscere che ha avuto il coraggio di mettersi contro il più grande conglomerato industriale della storia, cioè automotive più oil&gas. E ha vinto.

Dall’auto alle case: anche qui la vulgata più diffusa è che il gas conviene rispetto a una casa tutta elettrica. Come risponde?

Prima di riempire un contenitore, occorre prima verificare che non sia bucato: la prima cosa da fare è l’isolamento termico dell’abitazione. Nel mio caso ho utilizzato mattoni in legno-cemento, una miscela di legno di scarto e cemento, che ospitano il cappotto termico in una cavità interna. In Italia vi sono forti incentivi fiscali per il cambio degli infissi o la posa di un cappotto termico, da moltissimi anni. Chi ne ha approfittato, ha fatto un affare sia per le proprie tasche che per la salute di tutti. Torniamo in parte al discorso di prima: il cambiamento è possibile, ma solo se ognuno fa la propria parte, lasciando perdere i luoghi comuni. Oggi ci sono aziende specializzate che permettono di realizzare case “no gas”, anche convertendo l’esistente. Occorre però rivolgersi a professionisti preparati e aggiornati. La tendenza, per un installatore tipo che per tutta la vita ha lavorato con le caldaie a gas, è quella di riproporre il solito modello. C’è bisogno di tanta formazione, rivolta non solo ai giovani, ma a tutti gli operatori del settore.

C’eravamo lasciati un anno fa con lei che era in procinto di staccarsi dalla rete del gas. Ora lei abita in una casa tutta elettrica. Ci racconta come funziona?

Era un vecchio rudere nel centro storico di un piccolo comune, demolito e ricostruito, che ora si basa su un sistema energetico integrato. Il sistema di riscaldamento/raffrescamento è a pavimento, così da poter operare a temperature dell’acqua circolante molto contenute, in inverno 32-35 gradi. In un locale tecnico sono ospitate tutte le macchine. C’è un contenitore coibentato con 500 litri di acqua sanitaria riscaldata da 3 pannelli solari termici sul tetto; quando il sole non è sufficiente, entra in azione la pompa di calore geotermica. Quest’ultimo sistema – che garantisce il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti tutto l’anno – occupa un volume molto ridotto in quanto lo scambio termico avviene nel sottosuolo dove sono state posate sonde verticali sino a 120 m di profondità, pescando a una temperatura media di 17 gradi, senza alcun prelievo di acqua dal sottosuolo. C’è poi la parte destinata al ricambio dell’aria, vale a dire la ventilazione meccanica forzata che garantisce la salubrità degli ambienti non solo eliminando umidità e muffe ma anche microinquinanti e patogeni, senza compromettere l’efficienza termica dell’edificio. Infine abbiamo il cuore energetico produttivo dell’intero sistema: un impianto fotovoltaico trifase da 10,4 kW con inverter e batterie di accumulo da 24 kWh e una wallbox per la ricarica dell’auto elettrica. Tutta la casa ha una struttura antisismica, anch’essa incentivata con la leva fiscale. E, ci tengo a sottolinearlo, non ha camini: emissioni in atmosfera, zero.

Non è un po’ complicata una casa del genere?

In realtà funziona tutto autonomamente. Posso controllare gli impianti in tempo reale, attraverso semplici app come ne usiamo tante. Posso impostare la temperatura di ogni singola stanza a seconda delle esigenze. Diciamo che l’aspetto più divertente è verificare il risparmio che consente un sistema del genere rispetto alle bollette di luce e gas di questi mesi. Il ritorno economico dell’investimento sarà certamente anticipato rispetto alle stime che facemmo oltre due anni fa.

La commissione Trasporti del Parlamento europeo ha bloccato la proposta che voleva la transizione verso l’auto esclusivamente elettrica entro il 2035. È un passo indietro dell’Europa? E se l’Europa fa un passo indietro, cosa c’è da aspettarsi dall’Italia?

La decisione di questa commissione non ha valore esecutivo. Di certo è in corso una battaglia tra interessi diversi attorno a questi temi, e lo dico per esperienza, avendo lavorato per il Ministero delle Infrastrutture al report sulla decarbonizzazione dei trasporti. Si torna ancora una volta a ciò che dicevamo all’inizio: ci sono resistenze e c’è chi pensa che il motore termico durerà ancora molto a lungo. Si tratta di una tecnologia che, nella sua essenza, è la stessa da oltre 100 anni. È ragionevole pensare che continueremo a lungo a muoverci come 100 anni fa? Quali sono le cose che facciamo come 100 anni fa? Che il trasporto leggero vada verso l’elettrificazione è ormai evidente. La ragione  principale è l’efficienza: per fare gli stessi chilometri, un’auto a batteria  consuma 3-4 volte meno energia di una a benzina. Ritardare questo processo rischia di far diventare l’auto termica la nuova Blockbuster,  il nuovo Nokia o la nuova Kodak: tutte aziende che si sono ostinate a difendere il proprio modello, ormai sorpassato, per poi soccombere. Le resistenze – mentali e non – al cambiamento sono una zavorra per l’economia e il benessere della società. Se non cambiamo in fretta, la crisi climatica travolgerà tutto. C’è poco da difendere e molto da cambiare.

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