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lunedì, Dicembre 16, 2024

La circolarità delle auto elettriche? Un obiettivo necessario ma ancora lontano

Entro il 2035 le case automobilistiche dovranno iniziare a produrre soltanto auto a emissioni zero. Come si sta adeguando il mercato automotive per diventare davvero circolare?

Antonio Carnevale
Antonio Carnevale
Nato a Roma, giornalista pubblicista dal 2012, autore radiofonico ed esperto di comunicazione e new media. Appassionato di sport, in particolare tennis e calcio, ama la musica, il cinema e le nuove tecnologie. Da qui nasce il suo impegno su StartupItalia! e Wired Italia, dove negli anni - spaziando tra startup, web, social network, piattaforme di intrattenimento digitale, robotica, nuove forme di mobilità, fintech ed economia circolare - si è occupato di analizzare i cambiamenti che le nuove tecnologie stanno portando nella nostra società e nella vita di tutti i giorni.

Dal 2035 in tutta l’Unione europea si potranno vendere solo auto e furgoni a emissioni zero, quindi con motori 100% elettrici o a idrogeno. È questa la notizia principale arrivata negli ultimi giorni dal Parlamento Europeo, che ha approvato lo stop alla vendita di auto a benzina, diesel e gpl. La misura in questione – parte del pacchetto Fit for 55  – dovrà ora superare il vaglio dei singoli Stati membri.

Insomma, il percorso potrebbe essere ancora travagliato, ma la strada sembra comunque essere tracciata. Complici gli obiettivi di sostenibilità ambientale a livello comunitario e la conseguente necessità di una rapida riconversione produttiva, infatti, l’industria automobilistica è impegnata già da tempo nello sviluppo della mobilità elettrica, oltre che connessa, autonoma e condivisa. È in continua crescita il numero di aziende che hanno investito e prevedono di investire in un approccio circolare alla produzione (qui una sintesi degli sviluppi più recenti).

Oltre alle case automobilistiche, però, anche governi e cittadini sono chiamati a fare la propria parte per superare le criticità legate all’adozione di questa novità tecnologica. Servono iniziative efficaci per promuovere una nuova mobilità, garantendo infrastrutture e incentivi. Occorre risolvere il problema del reperimento delle materie prime e garantire nuova vita alle batterie e altri componenti dei veicoli elettrici, in un’ottica circolare.

Diamo un po’ di numeri

L’Unione europea è la terza produttrice mondiale di CO2 e solamente le automobili rappresentano il 12% di tutte le emissioni, mentre l’intero settore dei trasporti è responsabile di un quarto del totale. Secondo gli accordi del Green Deal, l’Europa è chiamata a ridurre del 90% le emissioni delle auto entro il 2043, per raggiungere la neutralità climatica nel 2050.

Quello dell’auto elettrica è un mercato in forte crescita. Il 2020, l’anno della pandemia, è stato anche quello che ha registrato risultati migliori, con un +12% del mercato delle auto elettriche (ibride e full electric). A spingere questa crescita sono stati gli incentivi all’acquisto, ma anche l’aumento dell’offerta di veicoli e il calo dei prezzi.

Quest’ultimo appare un fattore chiave per orientare la scelta dei consumatori. A contribuire ad una maggiore diffusione sarà inoltre il miglioramento delle prestazioni. Già oggi alcuni modelli promettono un’autonomia che può arrivare fino a 500 chilometri senza dover ricaricare. Maggiore autonomia e prezzi inferiori, è questo che potrà favorire l’incremento delle auto elettriche.

Si stima che il prezzo delle batterie continuerà a scendere, arrivando a dimezzarsi entro il 2030. Per quella data, secondo un report di McKinsey e Bloomberg New Energy Finance sul futuro della mobilità sostenibile in ambito urbano, il 60% delle vetture in circolazione sarà elettrico. Due auto su tre, nelle grandi città, viaggeranno a batteria.

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Il mercato italiano

Negli ultimi due anni le immatricolazioni di auto elettriche in Italia hanno fatto registrare numeri straordinari, in linea con quanto sta accadendo a livello internazionale. Nel 2021, le vendite di veicoli PHEV (Plug-In Hybrid Electric Vechicles) e BEV (Battery Electric Vehicles) hanno raggiunto il 7,7% del totale (oltre 68mila veicoli). Una quota di mercato undici volte superiore a due anni fa.

Crescono poi i modelli elettrificati in vendita – quasi sestuplicati dal 2015, con un’accelerazione nell’ultimo triennio – e le infrastrutture di ricarica pubbliche. Quest’ultime sono fondamentali per aiutare la diffusione e superare “l’ansia da autonomia”, almeno fino a quando la nuova generazione di auto non sarà presente sul mercato in maniera preminente.

La possibilità di poter facilmente ricaricare il proprio veicolo spingerà ulteriormente la crescita del mercato. Se al 31 dicembre 2021 in Italia risultano installati oltre 26mila punti di ricarica in circa 13mila infrastrutture, lo Smart Mobility Report 2020 del Politecnico di Milano stima, per il 2030, tra i 57mila (scenario base)  e gli 83mila punti di ricarica (scenario accelerato) sul territorio nazionale.

Il rapporto sulla mobilità elettrica elaborato dal PoliMi prevede che entro il 2030 una macchina su sette sarà elettrica e oltre la metà delle nuove immatricolazioni (55%) riguarderà auto elettriche, per un totale di circa 5 milioni e mezzo di veicoli circolanti.

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Problemi di circolarità

La maggiore diffusione della mobilità elettrica comporterà l’inevitabile incremento della domanda di energia, che ad oggi è garantita ancora, in maniera preponderante, dai combustibili fossili. Il beneficio ambientale di avere veicoli elettrici circolanti rischia quindi di essere vanificato, nel breve periodo, almeno finché non verrà accelerata la transizione verso le energie rinnovabili.

Inoltre, i veicoli elettrici nonostante l’utilizzo di energia pulita hanno un forte impatto ambientale per via della necessità di reperire metalli, minerali e terre rare per la batteria e i componenti elettrici ed elettronici. Non è un caso se la carenza di chip semiconduttori durante la pandemia ha portato a ritardi nella produzione dei veicoli.

Ma sono di certo le batterie a rappresentare la parte sostanziale del problema, richiedendo materie prime critiche – tra cui litio, cobalto e grafite – con un impatto ambientale fortissimo per la loro estrazione. Senza contare i problemi di carattere geopolitico legati alla dipendenza di Paesi come il nostro con potenze mondiali come Cina, Russia e Stati Uniti per il reperimento di tali risorse (un approfondimento sull’urban mining).

Per ovviare in parte a questo problema, ad esempio, la startup californiana KoBold Metals, sta usando l’intelligenza artificiale per mappare il sottosuolo e individuare la presenza dei materiali utili come cobalto e nichel, necessari per le batterie dei veicoli elettrici. Per le stesse ragioni, la startup The Metals Company sta sperimentando dei veicoli robotici, che dovrebbero riuscire a raccogliere questi materiali dai fondali marini.

Più auto elettriche ci saranno in circolazione, infatti, maggiore sarà la richiesta di materie prime. Ma anche la quantità di batterie da smaltire in ottica di economia circolare. Sarà fondamentale, dunque, non solo reperire materie prime ma reinserire nel ciclo economico i materiali che compongono le batterie a fine vita. Un processo attualmente ancora complesso da un punto di vista tecnico e particolarmente oneroso.

Un team di ricercatori dell’Oak Ridge National Laboratory del Dipartimento dell’Energia statunitense sta lavorando su un sistema di smontaggio robotizzato, che possa semplificare il processo di smaltimento e riciclo delle batterie. L’obiettivo è riuscire a riciclare e riutilizzare in modo sicuro ed efficiente i materiali critici delle batterie, riducendo i rifiuti tossici.

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Come allungare la vita delle batterie

Il problema, dunque, non è soltanto la disponibilità di risorse, ma quale percentuale riusciamo a recuperare a fine vita per ottenere materie prime seconde utili per alimentare il ciclo produttivo.​

In condizioni ideali, è stato stimato che il riciclaggio delle batterie dei veicoli elettrici fuori uso potrebbe fornire il 60% di cobalto, il 53% di litio, il 57% di manganese e il 53% di nichel necessari a livello globale nel 2040. Ad oggi però, secondo Eurostat, materiali come cobalto e litio hanno tassi di riutilizzo pari a zero.

Oltre al riciclo poi, sarà indispensabile puntare su una maggiore durata, su riparazione e manutenzione. E anche sul riutilizzo: le batterie ad uso automotive a fine vita raggiungono ancora una capacità del 70-80%. Anziché riciclarle, potrebbero essere utilizzate in altre settori, come le rinnovabili.

I componenti non più performanti, ma non esausti, potrebbero essere integrati nell’infrastruttura elettrica grazie alla tecnologia vehicle-to-grid (V2G), fungendo da celle di riserva per l’intera rete. Potrebbero essere utilizzate così per immagazzinare energia o per la stessa ricarica delle auto, contribuendo ad aumentare la penetrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico.

Nel gennaio scorso, è stato avviato un progetto da parte del centro australiano di ricerca collaborativa per la transizione energetica Race for 2030 che mira proprio a sfruttare l’intelligenza artificiale nella gestione dei veicoli elettrici e nell’ottimizzazione delle risorse V2G.

L’agenzia tedesca Bundesverband Erneuerbare Energie ha provato a calcolare i vantaggi del riutilizzo delle batterie. Considerando le dimensioni della batteria di 40 kWh, un tasso di vita secondaria dell’80% e la sostituzione della batteria dopo 7 anni, con un milione di auto elettriche su strada si avrebbero 25 GWh di capacità di accumulo di “seconda mano” entro il 2025. Entro il 2030, la capacità dovrebbe quadruplicare fino a 100 GWh: in grado cioè di soddisfare per due ore l’intero fabbisogno della Germania.

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Per una mobilità elettrica davvero circolare

È importante, quindi, che il settore adotti un approccio più complessivo, occupandosi di tutto il ciclo di vita della mobilità elettrica, dalle materie prime al loro riciclo, dalla produzione di energie rinnovabili all’immissione del veicolo sul mercato. Per i veicoli elettrici è necessario un approccio circolare sin dalla loro produzione, per ridurre il loro impatto ambientale a fine vita. Riparazione, riutilizzo, rigenerazione e riciclaggio possono prolungare la vita utile dei veicoli elettrici e dei loro componenti.

La transizione ai veicoli elettrici dovrebbe essere guidata da politiche e strategie di economia circolare, che consentano di adottare un approccio sistemico. L’Europa si è mossa in questo senso, fissando una roadmap, definendo standard comuni e puntando allo sviluppo dell’infrastruttura necessaria. Nel 2020 è stato proposto anche un nuovo regolamento sulle batterie, che mira ad aumentare trasparenza, tracciabilità e responsabilità lungo tutto il ciclo di vita della batteria, specificando anche i tassi di riciclaggio per litio, cobalto e nichel e gli obiettivi d’uso dei materiali riciclati.

A livello nazionale, sono certamente una buona notizia i 38 miliardi stanziati dal Pnrr (circa il 20% dei fondi disponibili) per la mobilità sostenibile. Bene anche il rinnovo degli incentivi all’acquisto, con 650 milioni l’anno per tre anni, fino al 2024. Al contempo, il governo deve lavorare per promuovere una nuova mobilità accelerando sullo sviluppo dell’infrastruttura pubblica e lavorando per la costruzione di una rete di ricarica privata.

Secondo uno studio del Capgemini Research Institute, l’industria automobilistica è in vantaggio rispetto ad altri comparti sul rispetto degli standard globali di sostenibilità, ma il Governo è chiamato a risolvere le incertezze che ancora circondano questo comparto, per fare finalmente dei passi definitivi verso la riconversione del settore.

Leggi anche: L’automotive cambia pelle. Anche grazie all’economia circolare

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