giovedì, Novembre 6, 2025

Economia globale sempre meno circolare: solo il 6,9% dei materiali viene da riciclo

Il Circularity Gap Report 2025 ci racconta di un sistema economico in cui il riciclo e l’uso di materia riciclata, pur in aumento, non riescono a tenere il passo con la crescita complessiva dei consumi. Ricordando anche che il riciclo da solo non è sufficiente a ricondurre gli impatti ambientali entro il perimetro sicuro dei limiti planetari

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, redattore di EconomiaCircolare.com e socio della cooperativa Editrice Circolare

Continua a scendere il tasso di circolarità dell’economia globale. Secondo il Circularity Gap Report 2025 (CGR) è calato al 6,9% (gli ultimi dati disponibili fanno riferimento al 2021), rispetto al 7,2% del 2018 (dati 2015): solo il 6,9% dei materiali che entrano nell’economia sono materiali riciclati.

Una sintesi efficace delle cause, e quindi delle leve su cui le soluzioni dovranno agire, si trova a pagina 27 dello studio pubblicato ieri da Circle Economy in collaborazione con Deloitte: “Questo calo è in gran parte dovuto alla crescita sostenuta dell’uso complessivo dei materiali, che supera la crescita dell’uso dei materiali secondari. In altre parole, finché il consumo di materiali continuerà ad aumentare, la chiusura completa dei cicli dei materiali è incompatibile con la crescita della produzione di materiali”. Anche se, come si legge ancora, “di fronte alle crescenti sfide globali, l’economia circolare offre un mezzo per ricablare le pratiche lineari radicate che non sono più utili alla maggior parte delle persone o al pianeta” questo ricablaggio non basta. Non c’è riciclo che tenga se non arrestiamo l’aumento forsennato dei consumi.

“In assenza di forti obiettivi globali che ci tengano sulla giusta strada, stiamo andando fuori rotta per diversi indicatori chiave”, evidenzia il documento. “La gestione delle risorse naturali e le tendenze globali di utilizzo dei materiali si stanno muovendo nella direzione sbagliata: l’estrazione di materiali e la produzione di rifiuti sono in crescita, mentre i tassi di riciclaggio e di smaltimento controllato sono entrambi in calo su un periodo di cinque anni”. Inoltre, mancano obiettivi ufficiali e scientificamente fondati per l’utilizzo dei materiali a livello globale, il che rende difficile guidare i progressi.

Ma procediamo con ordine.

Circularity gap report 2025 economia circolare
Fonte: Circularity gap report 2025

Consumo di materia e crisi ambientali

Abbiamo ormai superato la soglia dei 100 miliardi di tonnellate di materiali estratti all’anno, sottolinea il CGR. Un consumo ormai fuori controllo non direttamente correlabile all’aumento della popolazione globale. Il consumo pro capite di materiali è infatti passato da 8,4 tonnellate nel 1970 a 12,2 tonnellate nel 2020, alimentato dall’urbanizzazione, dalla crescita del PIL e dal consumismo. Né può essere univocamente correlato al benessere delle persone, a meno di intendere per benessere quello legato al soddisfacimento di bisogni indotti. È invece sicuramente correlabile al peggioramento delle condizioni di vita sul Pianeta: “Oggi conosciamo l’impatto dei livelli attuali e senza precedenti di utilizzo di materiali vergini: elevate emissioni di gas serra, perdita di biodiversità e inquinamento”. Ben il 70% delle emissioni globali, ricorda il report, deriva dalla movimentazione e dall’utilizzo dei materiali.

Circularity gap report 2025 economia circolare
Fonte: Circularity gap report 2025

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Il gap globale di circolarità e il necessario ‘ricablaggio’ dell’economia

Il riciclo sta crescendo: l’uso di materiali secondari, ci dice il CGR, è aumentato da 7,1 miliardi di tonnellate nel 2018 a 7,3 miliardi di tonnellate nel 2021. Eppure la “metrica della circolarità”, la quota dei materiali riciclati che entrano nel sistema economico globale, continua a diminuire: la stragrande maggioranza di questi materiali è vergine, con la percentuale di materia secondaria che, come abbiamo detto, è scesa dal 7,2% al 6,9% (quindi il gap, la circolarità che manca, riguarda il 93,1% dei materiali).  

Questo declino, pur a fronte dell’incremento nell’uso di materia prima riciclata, è in gran parte legato alla “crescita sostenuta” dell’uso dei materiali. L’estrazione globale è più che triplicata negli ultimi cinquant’anni, ricorda il CGR “raggiungendo recentemente la pietra miliare di 100 miliardi di tonnellate l’anno e, senza ‘invertire la tendenza’, è destinata ad aumentare di un ulteriore 60% entro il 2060”.

Proviamo ad immaginare di riciclare tutti i materiali che potenzialmente potrebbero esserlo ma che oggi non lo sono: un “enorme potenziale non sfruttato” che farebbe crescere il tasso di riciclo “fino a circa il 25%”. Non certo un dato risolutivo.

Il riciclo solo non basta

E allora, qual è la ricetta? “Un’economia veramente circolare dovrebbe essere a basso consumo di risorse: senza un profondo ricablaggio dei sistemi di produzione e consumo e senza l’applicazione di cambiamenti strutturali in tutti i sistemi chiave – dalla casa al cibo, dalla mobilità alla produzione – non saremo in grado di chiudere il cerchio del consumo di materiali”.

Certamente è essenziale aumentare il più possibile l’uso di materiali secondari, ma “c’è un limite naturale al riciclo”. La vera circolarità, si legge nel report, “non consiste nel recuperare e riciclare di più, ma richiede una ristrutturazione radicale del modo in cui estraiamo, produciamo e consumiamo i materiali”. Il Circularity Gap Report 2021, ad esempio, stimava che questa “ristrutturazione radicale” in sistemi chiave come l’edilizia abitativa, l’alimentazione e la mobilità, ridurrebbe l’uso di materiali di circa un terzo, “avvicinandoci di molto a un livello sostenibile di utilizzo dei materiali, stimato in 8 tonnellate pro capite”.

Circularity gap report 2025 economia circolare
Fonte: Circularity gap report 2025

Il ruolo degli stock

Nel CGR i flussi globali di materiali vengono suddivisi in tre categorie:

– CIRCOLARE: soni i materiali secondari (misurati con la metrica della circolarità) e la biomassa neutra dal punto di vista del carbonio (che assorbe cioè tanto carbonio quanto ne emette durante il suo ciclo di vita);

– LINEARE: interessa le biomasse non neutre dal punto di vista del carbonio: la cui estrazione e utilizzo ha comportato emissioni nette positive dovute all’uso del suolo e al cambiamento della copertura del suolo; questo indicatore rappresenta la porzione di biomassa “raccolta a un ritmo che non può essere rigenerato in modo sostenibile o prelevata da un luogo che altera gli equilibri ecologici naturali (input) o che non viene restituita all’ambiente”; e include “le sostanze chimiche utilizzate per la raccolta o la lavorazione della biomassa, nonché lo scarico di biomassa contaminata nell’ambiente”. E poi i combustibili fossili bruciati per produrre energia e altri materiali vergini non rinnovabili destinati alla discarica;

POTENZIALMENTE CIRCOLARE O LINEARE: In questa categoria rientrano i materiali vergini aggiunti agli stock – come edifici, infrastrutture e macchinari – che possono essere riciclati o sprecati alla fine del loro ciclo di vita, molti anni dopo l’utilizzo.

Circularity gap report 2025 economia circolare

Fonte: Circularity gap report 2025

Proprio gli stock hanno un ruolo cruciale. Il report sottolinea come “il rapido accumulo di stock è un fattore primario dell’aumento dell’estrazione di risorse”. Di tutti i materiali che entrano nell’economia globale, il 38% sono aggiunte nette vergini allo stock: si tratta soprattutto di “minerali non metallici, metalli e piccole quantità di materiali basati su combustibili fossili e biomassa utilizzati principalmente per edifici, infrastrutture, veicoli e macchinari”.

Ma questi stock non sono intrinsecamente positivi o negativi. “Anzi, se i principi della progettazione circolare vengono integrati fin da ora, possono potenzialmente incrementare la circolarità” rendendo possibile estrarre le “scorte” esistenti e ampliando i materiali riciclabili disponibili.

Circularity gap report 2025 economia circolare
Fonte: Circularity gap report 2025

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Il tema della bioeconomia

Il report spiega che di tutti i materiali che confluiscono nell’economia, il 21,5% è costituito da biomasse a zero emissioni e il 2,2% da biomasse che invece nel loro ciclo di vita emettono carbonio (sono esclusi da queste quote “flussi di biomassa come il legname utilizzato per la costruzione di scorte o per applicazioni di imballaggio”). Una bioeconomia sostenibile, quindi, è importante per la transizione dell’economia circolare globale, riconoscono Circle Economy e Deloitte, “ma la misurazione del suo impatto rimane un punto cieco”.

A di là di questa prima suddivisione, infatti, il report sottolinea che quello delle biomasse resta un tema delicato: “Le estrazioni di biomassa comportano numerosi impatti ambientali non rilevati. Anche se rinnovabile, la biomassa non è sostenibile di default e la neutralità del carbonio è solo un criterio parziale per quantificare la sua circolarità”. Considerando solo l’aspetto del carbonio, non si tiene ad esempio conto, ammettono gli autori, “della perdita di complessità ecologica e di biodiversità che l’estrazione di biomassa può causare: ad esempio, le piantagioni monocolturali su larga scala possono esaurire i nutrienti del suolo, ridurre la diversità degli habitat e contribuire alla deforestazione, minacciando ecosistemi e specie”.

E arriviamo a quello che il report definisce il “punto cieco”: purtroppo oggi “non è possibile misurare altri criteri importanti” oltre a quello delle emissioni. Per questo motivo, “anche la biomassa a zero emissioni di carbonio deve essere considerata con attenzione e sfumature”. Per questo motivo, lo sviluppo di un’economia più circolare “richiederà un riequilibrio dell’uso del suolo globale: attualmente, una quota sproporzionata della terra del pianeta è utilizzata per l’agricoltura, in particolare per i pascoli e le colture alimentari. La trasformazione dei nostri sistemi alimentari verso pratiche circolari e rigenerative e diete a base vegetale e non trasformate sarà fondamentale per ridurre queste pressioni e ripristinare gli ecosistemi”.

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Una governance globale

All’analisi, il Circularity Gap Report 2025 affianca la proposta. Rivolta principalmente a governi e imprese.

Soprattutto alla luce delle non infrequenti problematiche nella catena di approvvigionamento globale della materie prime, in particolare quelle critiche, il CGP ricorda come le aziende che integrano strategie circolari possono avere vantaggi economici e vantaggi relativi alla riduzione della dipendenza dai mercati globali volatili.

Quanto ai governi, “hanno il mandato cruciale di creare le condizioni giuste per far prosperare la circolarità, livellando il campo di gioco spostando gli oneri fiscali, riorientando le sovvenzioni dalle attività lineari e reindirizzando i fondi governativi verso progetti e iniziative circolari”. Ma attenzioni ad atteggiamenti isolazionisti: “Nessun Paese può affrontare la riduzione dell’uso delle risorse in modo isolato: la transizione nel nostro mondo altamente globalizzato dovrebbe essere sostenuta da una forte collaborazione a livello regionale e, ove possibile, internazionale”.

La dimensione globale è dunque un tema molto importante secondo Circle Economy e Deloitte: “Nonostante il crescente riconoscimento della necessità di affrontare la cattiva gestione delle risorse e di allineare l’attività economica ai limiti di sicurezza del nostro pianeta, questo rapporto evidenzia la mancanza di obiettivi chiari e di un quadro di governance globale per monitorare il passaggio a un uso più sostenibile delle risorse”.

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La metodologia dello studio

Circularity Gap Report misura i progressi globali nella circolarità partendo dal “più grande database sulla circolarità al mondo, che comprende i dati di oltre 90 nazioni, 350 città e 1.000 aziende”, affermano Circle Economy e Deloitte. E lo fa attraverso il Circularity Indicator Set, un cruscotto di 11 indicatori “che forniscono una ‘pagella’ della circolarità dei materiali a livello globale”.

Da quest’anno, il rapporto amplia il proprio sguardo includendo altri 20 indicatori relativi agli “aspetti positivi” come ad esempio le statistiche globali sulla raccolta e il riciclo dei rifiuti, il consumo energetico e la tutela del territorio. Alla descrizione della metodologia è dedicata un’ampia parte del report

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