Si è parlato molto di come affrontare il futuro dopo la pandemia, della necessità di cambiare prospettiva e modello di riferimento perché, quella che veniva definita normalità, in realtà non era più sostenibile e forse, addirittura, tra le cause scatenanti di ciò che è avvenuto.
L’inquinamento atmosferico in alcune Regioni, in particolare, veniva messo in collegamento con la diffusione del virus. Le iniziative sulla sostenibilità ambientale, sull’economia circolare e sui cambiamenti climatici si sono moltiplicate sui siti ambientali e su quelli economici: in rete, seminari, conferenze e convegni sull’argomento hanno assunto cadenza quasi giornaliera; tuttavia, le uniche soluzioni percorribili sembravano essere lo sviluppo sostenibile e l’economia circolare.
Tra i concetti di sostenibilità o di economia circolare come oggi viene intesa e il modello Cradle to Cradle però c’è una sostanziale differenza: lo sviluppo sostenibile parte dal presupposto della scarsità e si fonda sulla riduzione del danno, ma la semplice riduzione oggi non è più sufficiente.
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Ispirati dalla natura
Il sistema Cradle to Cradle (C2C) elaborato da Michael Braungart e William McDonough, trae ispirazione dalla natura: al principio di sostenibilità, che si basa sulla riduzione del danno, sostituisce un’azione positiva, di beneficio per tutti gli organismi viventi e per l’ambiente e rappresenta un costante esempio da applicare nella progettazione e nell’innovazione. Emulando la natura, le risorse hanno vita pressoché illimitata e viene eliminato il concetto stesso di rifiuto. Non si tratta quindi di migliorare l’esistente, ma di ripensare i nostri prodotti in un’ottica completamente diversa.
Secondo questo principio crolla anche la contrapposizione tra economia ed ecologia, i filtri sono all’inizio del processo e non a fine ciclo: nella progettazione, nei materiali, nel design; l’impronta ecologica, anziché essere ridotta, assume una valenza positiva nel rispetto dei tre principi fondamentali secondo cui tutto è nutrimento; per la produzione vengono impiegate solamente energie rinnovabili; vengono esaltate le diversità biologica, culturale e sociale.
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L’impatto planetario delle città
Secondo l’UN Habitat, entro il 2050 la popolazione mondiale crescerà da poco meno di 8 miliardi a 10 miliardi di persone; 250 anni fa viveva nelle città soltanto il 2% della popolazione mondiale, oggi è il 55% e nei prossimi 20 anni altri 2,5 miliardi di persone vivranno in aree urbane.
Nonostante sia importante la dimensione locale, non va quindi perso di vista l’aspetto che potranno avere le nostre città su scala planetaria se continueremo a seguire gli attuali modelli. E il principio C2C rappresenta una grande opportunità da applicare alle città che verranno costruite in futuro.
I comuni costituiscono l’unità amministrativa più vicina ai cittadini e possiedono un grande potenziale di trasformazione. L’associazione c2c.ngo che in Germania conta un migliaio di iscritti ha dedicato una sezione proprio alla creazione di una rete di città e regioni C2C, ma in cosa consiste la trasformazione Cradle to Cradle?
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Città Cradle to Cradle
Alcune città e intere regioni hanno avviato questo processo da anni, altre ci si sono avvicinate solo recentemente.
La Regione Venlo in Olanda, in occasione dell’esposizione di ortofloricoltura Floriade, nel 2012 è stata la prima regione ad aver applicato i principi Cradle to Cradle in ogni settore, ma soprattutto in edilizia (Municipio, scuola elementare De Zuidstroom); nei Paesi Bassi esistono altri esempi tra cui: il Park2020, circa 10.000 m2 nei pressi di Amsterdam, che si è posta l’obiettivo di diventare città Cradle to Cradle.
In Nordeuropa, un progetto decisamente interessante è quello che si è sviluppato lungo il quadriennio 2009-2012, finanziato con la programmazione Interreg IV e riguarda le Isole Cradle to Cradle. Il progetto, con un budget complessivo di 4 milioni di €, ha visto impegnati 22 partner appartenenti a 6 Stati europei e la città di New York, a cui in seguito si è aggiunta, su invito, l’isola di Taiwan.
Tra i paesi nordici, anche in Svezia si trovano esempi di comuni che hanno avviato il processo di transizione in città C2C già nei primi anni ’10 del 2000 tra cui Umeå e Ronneby in cui l’amministrazione ha sviluppato un programma generale di qualità per la pianificazione e la costruzione sostenibili ispirato alla filosofia C2C.
Straubenhardt, nella Foresta Nera è il primo comune Cradle to Cradle del Baden-Württemberg e nasce per volontà del giovane sindaco Helge Viehweg il quale nel 2015 ha ottenuto l’unanimità del Consiglio Comunale alla proposta di comune C2C. La comunità di Straubenhardt intende fare da punto di riferimento per altri comuni che decidessero di intraprendere questo percorso.
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Cradle to Cradle in business sites
Il progetto C2CBizz Cradle to Cradle in business sites è un programma Interreg IVB che risale al periodo 2010-2015 a cui hanno partecipato tra gli altri:
- la città di Lille con il progetto La Lainière;
- la città di Bielefeld in Germania;
- il comune di Venlo con il progetto C2C Centre;
- la città di Anversa con il progetto Blue Gate Antwerp.
Come si vede, molte città hanno posto le basi per diventare comuni Cradle to Cradle grazie alla partecipazione come partner in progetti europei che hanno riguardato soprattutto il settore edile e la pianificazione urbanistica.
Uno dei compiti primari di una pubblica amministrazione è quello di garantire una qualità della vita ottimale ai propri cittadini. Far sì che l’aria all’interno delle abitazioni e dei luoghi di lavoro sia migliore di quella esterna, potrebbe essere un buon punto di partenza. Nel processo di transizione, gli strumenti a disposizione dell’amministrazione sono molteplici e comprendono sia il livello culturale: il principio C2C richiede prima di tutto un cambio di mentalità; sia il piano operativo attraverso regolamenti, quello edilizio in particolare, inserendo prescrizioni circa i requisiti tecnici e dei materiali costruttivi nelle nuove costruzioni e nelle ristrutturazioni, il verde pensile e l’agricoltura urbana ovunque possibili, avendo pur sempre presente che i principali artefici del cambiamento sono le imprese.
Non si tratta di scrivere il libro dei sogni, ma incominciare a pensare in modo diverso e non fare più solo ciò che è possibile, ma ciò che è davvero necessario anche nel nostro Paese: benché la Regione Alto Adige e la città di Milano siano sulla buona strada e le premesse facciano ben sperare, non ci sono ancora esempi di regioni o comuni C2C. La ricerca della perfezione si traduce quasi sempre in una inutile perdita di tempo, per questo è opportuno iniziare con piccoli passi che vadano però diretti verso la creazione di città Cradle to Cradle.
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