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sabato, Dicembre 14, 2024

Dalla terra alla Terra. L’evento per i 30 anni del Consorzio Italiano Compostatori

Il convegno, in occasione del trentennale del Consorzio Italiano Compostatori e nell’ambito dell’iniziativa Pianeta 2030, ha aperto ad una riflessione su compost, suolo ed acqua e alla loro interconnessione, delineando un sistema in crisi che può trovare respiro solo nella collaborazione

Silvia Santucci
Silvia Santucci
Giornalista pubblicista, dal 2011 ha collaborato con diverse testate online della città dell’Aquila, seguendone le vicende post-sisma. Ha frequentato il Corso EuroMediterraneo di Giornalismo ambientale “Laura Conti”. Ha lavorato come ufficio stampa e social media manager di diversi progetti, tra cui il progetto “Foresta Modello” dell’International Model Forest Network. Nel 2019 le viene assegnata una menzione speciale dalla giuria del premio giornalistico “Guido Polidoro”

In Italia non si parla molto spesso di compost, eppure quella dell’organico è una delle frazioni di differenziata che viene raccolta con più successo – rappresenta il 43% del quantitativo di rifiuti urbani avviato a riciclo nel 2020 – e contribuisce notevolmente al raggiungimento del 65% del totale di raccolta differenziata nel nostro Paese. Se per alcuni territori è una pratica abituale da anni, per altri lo è diventata dallo scorso primo gennaio quando è scattato l’obbligo in tutti i Comuni italiani. Sarebbe dunque opportuno approfondire la storia, le criticità ed il futuro del riciclo dell’organico.

È quello che si è cercato di fare ieri nel corso dell’evento dal più ampio respiro, Dalla terra alla Terra, tenutosi presso il Nazionale Spazio Eventi di Roma e organizzato in occasione del trentesimo anniversario del Consorzio Italiano Compostatori (Cic), nell’ambito dell’iniziativa Pianeta 2030 del Corriere della Sera.

Oggi in Italia un terzo del compost prodotto è a marchio Cic. Il consorzio – composto da 136 soci che rappresentano il 65% del compost prodotto in Italia – si occupa di promuovere e valorizzare l’attività di riciclo della frazione organica per produrre compost e biometano.

Consorzio Italiano Compostatori: passato, presente e futuro

Tutto è iniziato nel 1992 con la visione di 5 imprenditori che si sono uniti in un consorzio. “Questi imprenditori – racconta Massimo Centemero, Direttore Generale CIC –  sono stati affiancati da un network di ricercatori, ognuno dei quali faceva sperimentazione su residui diversi, dai reflui biologici a quelli agroalimentari sino agli scarti verdi. Tra questi due ricercatori si sono concentrati sulla raccolta dell’umido ed è stata una bella sfida: c’era chi pensava costasse troppo, chi credeva che gli italiani non avrebbero fatto questo tipo di raccolta. Oggi 52 milioni di italiani fanno la raccolta dell’umido”.

Un’idea nata e sviluppatasi in Italia dunque, che almeno in questo caso, a detta di Centemero, è vista dagli altri Paesi come un esempio virtuoso. “La Direttiva europea sui rifiuti del 2018 ha preso dall’Italia l’esperienza per costruire l’articolato relativo al rifiuto organico e, nel 2019, il Regolamento europeo sui fertilizzanti ha fatto lo stesso per ciò che riguarda il compost, il digestato ed i fertilizzanti organici”.

Centemero ha sollevato anche la questione energetica, il grande elefante nella stanza con cui l’invasione russa dell’Ucraina e le sue ripercussioni ci ha costretto a fare i conti. “C’è voluta l’attuale situazione – l’affondo del direttore del Cic – per capire che l’Italia è scarsa di risorse energetiche”. Oltre al compost, come detto in precedenze, il riciclo dell’organico è orientato anche alla produzione di biometano che starebbe aumentando, in Italia la capacità complessiva di produzione è di 120milioni di metri cubi di biometano ma nel giro di due anni si punta ad arrivare a 300 milioni.

Il prodotto principale del Cic, però, resta il fertilizzante organico: “dalla terra alla Terra” proprio come recita il titolo e lo slogan della giornata, cioè dalla salvaguardia del terreno a quella del Pianeta. In Italia ogni anno trattiamo 8milioni di tonnellate di scarti a matrice organica e produciamo 2milioni e 200mila tonnellate di compost e anche qui l’ambizione e le prospettive sono ambiziose: arrivare a dieci milioni di tonnellate di rifiuto di matrice organica trattato e 2milioni e mezzo di fertilizzanti organici.

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Difendere il suolo insieme agli agricoltori

Un tema centrale dell’incontro è stata la difesa della salute del suolo, in tutte le sue declinazioni. Lucrezia Caon, Land and Water Officer e Global Soil Partnership alla FAO ha illustrato i diversi progetti che la FAO sta attuando in tutto il mondo per posizionare i suoli nell’agenda politica dei governi.

Su questa scia è nata la Global soil laboratory network, l’iniziativa della FAO che si occupa di costruire e rafforzare la capacità dei laboratori di analisi del suolo, un modo per fornire informazioni affidabili e comparabili tra Paesi e progetti.

Vi è poi la Global Soil Doctor Program, un progetto che coinvolge agricoltori del Messico e del Bangladesh e che vede degli esperti, in particolare agronomi, insegnare attraverso del materiale formativo tradotto nella lingua locale ai contadini locali come rafforzare la capacità degli agricoltori sui principi della pratiche di gestione sostenibile del suolo ( sustainable soil management, SSM): una formazione mirata dunque su come preservare e ripristinare buone condizioni e funzioni del suolo. Tra questi, gli agricoltori più motivati diventano soil doctor e si occupano, a loro volta, di formare altri contadini.

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Agricoltura e ambiente

Ambiente e agricoltura dunque devono andare di pari passo, in quanto “c’è un’osmosi continua e l’agricoltore dovrebbe avere il ruolo di custode dell’ambiente”, è quanto si augura Giampaolo Vallardi, Senatore della Repubblica e Presidente della Commissione Agricoltura e Produzione Agroalimentare.

E se dal compost arriva un fertilizzante rinnovabile, come è stato definito nel corso dell’evento, non si può non pensare al suo utilizzo nell’agricoltura, un settore messo a duta prova dalla crisi climatica. D’altronde in Italia circa l’80% del compost è destinato all’agricoltura di pieno campo ed il restante 20% viene commercializzato per utilizzi nei settori del giardinaggio e del florovivaismo.

“Dobbiamo recuperare – ha detto a tale proposito Vallardi – fertilità e permeabilità dei suoli. In passato ci siamo illusi che i fertilizzanti chimici potessero risolvere tutti i problemi, senza capire che stavamo drogando i nostri terreni e parallelamente perdevamo quella reattività del terreno nel riuscire a trattenere acqua”.

“Abbiamo sbagliato molte cose. Di fronte a quello che sta succedendo, ai cambiamenti climatici, – ha ammesso il senatore – siamo impreparati. La siccità sta creando danni gravissimi. Dobbiamo costruire una rete idrica diversa, dei bacini di contenimento. In questo senso, sono quattro anni che lavoriamo insieme all’Anbi (Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue), i progetti sono pronti dobbiamo scaricarli a terra e lavorare con il Ministero dell’ambiente”.

La priorità anche per l’agricoltura è quindi l’acqua, perciò secondo Vallardi bisogna immediatamente aumentare gli investimenti ed intervenire subito. Per quanto riguarda il piano irriguo, tra Pnrr e Legge di bilancio, si arriva neanche a un miliardo di euro, 980 milioni, mentre a detta del senatore sarebbero necessari almeno 5 miliardi.

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L’acqua al centro

E sui problemi legati all’acqua si è concentrato anche Mario Tozzi, Primo ricercatore CNR e Divulgatore scientifico. Tozzi ha parlato di acqua “occulta”, ossia non solo di quella che beviamo o con cui ci laviamo, ma quella che occorre per produrre una camicia o una bistecca di vitello: l’impronta idrica di ciò che ci circonda fa sì che una persona arrivi consumare 5mila litri d’acqua al giorno e “se contiamo che sulla Terra la disponibilità di acqua per persona è 8mila litri ci rendiamo conto che abbiamo alterato il ciclo naturale dell’acqua“.

In questo, la crisi climatica influisce ma è il sistema dell’economia lineare il fulcro del problema. “Siamo Stone agers in the fast lane – afferma Tozzi – uomini della pietra sulla corsia di sorpasso. Vale a dire che abbiamo apparato tecnologico che ci fa divorare le risorse ma siamo rimasti con un apparato culturale dell’età della pietra”.

Una questione, quella del nostro approccio alle risorse del Pianeta ripresa anche da Catia Bastioli, Presidente del Cluster italiano della Bioeconomia Circolare SPRING e AD Novamont Spa che ha sottolineato come l’uomo lasci sempre meno spazio alla natura. “Nel 2020 le opere antropiche, cioè le infrastrutture e gli oggetti dell’uomo, sono arrivate a pesare di più della biomassa, cioè piante, microrganismi, persone e animali messi insieme; nel 1900 questo valore era al 3%”.

Un pugno di suolo ha aggiunto ha tanti microorganismi quanti abitanti del pianeta. È l’elemento fondamentale dell’approccio sistemico della natura: siamo abituati a spacchettare i vari fenomeni e a giocare una partita alla volta ma il suolo, in quanto sistema complesso, non ce lo permette. Quella che stiamo vivendo è una multicrisi che è fatta da crisi interconnesse che il cambiamento climatico e le degradazione dei suoli rischiano di alimentare. Dobbiamo intervenire sulle cause non sugli effetti”.

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