Le donne di tutto il mondo, ancora oggi, assorbono in modo asimmetrico gli effetti delle multiple crisi in corso. Crisi climatica, energetica, economica, dei diritti e della salute hanno un profondo effetto sulle donne e su altre categorie marginalizzate
Secondo il rapporto Istat “La povertà in Italia”, pubblicato nel marzo 2023, si è registrato un generale incremento di persone e famiglie che vivono condizioni di povertà: nel 2022 erano in condizione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale da 7,7% nel 2021) e oltre 5,6 milioni di individui (9,7% in crescita dal 9,1% dell’anno precedente).
Nel report citato non si trova però alcun riferimento specifico alla condizione vissuta dalle donne: la povertà si misura (purtroppo ancora) su base familiare.
Costo della vita e crisi energetica per le donne
Nel report “Aspetti di genere dell’aumento del costo della vita e dell’impatto della crisi energetica” – pubblicato a gennaio 2024 e commissionato dal Dipartimento del Parlamento Europeo per le Politiche sui Diritti dei Cittadini e gli Affari Costituzionali su richiesta della Commissione FEMM – si esplorano gli impatti che l’aumento del costo della vita ha su categorie marginalizzate, concentrandosi in particolare sugli aspetti legati alle disuguaglianze di genere. L’aumento del costo della vita e la crisi energetica sono un prodotto del contesto di multi-crisi in cui viviamo, dove i privilegi legati a questioni di genere, etnia e classe sono ancora molto evidenti. In questo complesso quadro si muove l’indagine UE che racconta, sottotraccia, di come una parte della popolazione viva una condizione di svantaggio e vulnerabilità diffusa e strutturale.
D’altronde, come ricordava la militante femminista e rivoluzionaria afroamericana Angela Davis: “Le nostre storie non si svolgono mai in modo isolato. Non possiamo veramente raccontare quelle che consideriamo le nostre storie senza conoscere le altre storie. E spesso scopriamo che quelle altre storie sono in realtà le nostre storie”. Le asimmetrie di potere che si ritrovano nelle vite delle persone, marginalizzate dalla società, evidenziano che la capacità di alcuni soggetti sociali di rispondere efficacemente a condizioni di crisi non è in alcun modo legata a criteri meritocratici. Il report UE dichiara come “per poter affrontare questo aumento del costo della vita, le persone devono avere non solo resilienza mentale, ma anche le possibilità finanziarie per assorbire questa crisi“. Queste storie e condizioni di fragilità spesso vengono invisibilizzate. A fianco di un’apparente consapevolezza collettiva, evidenziata dalle parole del report, si configura spesso un’inefficace produzione di policies a livello europeo e ancor di più italiano, dato il continuo incremento delle disuguaglianze in funzione dei privilegi che configurano il potere interno al nostro assetto societario.
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I fattori di disuguaglianza
Il report parte da un lavoro di analisi che si concentra prima sui fattori e sull’impatto e poi sulle politiche che possono mitigare l’impatto asimmetrico del costo della vita e della crisi energetica in funzione del genere.
I fattori che vengono evidenziati come determinanti sono: il reddito, la partecipazione al mercato del lavoro, l’aumento del costo della vita da una prospettiva di genere e quindi l’impatto dell’inflazione sull’accessibilità dei beni di prima necessità, l’alimentazione e la salute. Lo studio si pone l’obiettivo di valutare l’impatto, in funzione del genere, della crisi energetica e quindi i fattori che producono povertà in generale e povertà energetica in particolare, per poi riflettere su policies e buone pratiche.
La disparità di reddito in funzione del genere, l’insicurezza economica, le pensioni più basse e le disuguaglianze nei ruoli di cura sono tra i fattori che pongono le donne in prima linea nell’assorbire le crisi economiche e climatiche. L’aumento dei costi energetici ha aggravato ulteriormente la situazione, accentuando le disuguaglianze e inasprendo la forbice sociale.
Anche l’Unione Europea asserisce, attraverso questo studio, che le donne continuano a subire una disparità di reddito, con salari mediamente inferiori e pensioni più basse rispetto agli uomini. Il divario retributivo di genere nell’UE si attesta al 12,7% nel 2021 ed è cambiato solo minimamente nell’ultimo decennio. Significa che le donne guadagnano in media il 13% in meno all’ora rispetto agli uomini. Questa disparità economica le rende particolarmente vulnerabili agli impatti finanziari delle crisi, poiché hanno minori risorse a disposizione per far fronte ad aumenti dei costi e a situazioni di emergenza. Allo stesso tempo diventano inesorabilmente più vulnerabili e a rischio nel vivere condizioni di violenza e di doverle accettare. Inoltre, la partecipazione al mercato del lavoro e alla vita economica è spesso limitata dai ruoli di genere. Il report attesta che nel 2023 solo il 64% delle donne ha un lavoro a fronte del picco, comunque insoddisfacente, del 69% avuto nel 2009. La cura, che tradizionalmente viene assegnata alle donne, può ridurre il tempo dedicabile a sostenersi e a rendersi indipendenti e, in alcuni casi, anche la capacità di immaginarsi fuori da tunnel di auto sfruttamento, insoddisfazione, solitudine e persino violenza. Il reddito delle donne è influenzato da questi e altri fattori: discriminazioni, segregazione lavorativa, le responsabilità genitoriali, si rafforzano reciprocamente e si intersecano, aumentando la complessità della vulnerabilità della situazione economica delle donne.
Le donne continuano a svolgere una quantità sproporzionata di lavoro di cura non retribuito, che include la gestione della casa, la cura dei bambini e degli anziani. Questi ruoli di cura, sebbene fondamentali per il benessere delle famiglie e della società nel suo complesso, spesso limitano le opportunità di partecipazione economica delle donne e le espongono maggiormente agli impatti negativi delle crisi, tra cui l’aumento dei costi della vita e la povertà energetica.
Nel report Istat che tratta dei livelli di povertà in Italia è riportato anche il caso delle famiglie monogenitoriali, l’11% delle quali, in Italia, vivono sotto la soglia di povertà. Un’intervista che viene riportata nel report UE asserisce che l’80% delle famiglie monogenitoriali sono composte da madri single con figli. In Europa quindi queste famiglie sono particolarmente vulnerabili agli effetti negativi dell’inflazione, dato il loro reddito limitato, le spese elevate e la ridotta flessibilità finanziaria: le lavoratrici più povere spesso sono madri single che, secondo i dati più recenti di Eurostat, rappresentano in media il 14% di tutte le famiglie dell’UE.
Le persistenti disuguaglianze di genere nella società europea influenzano la capacità delle persone di assorbire gli shock causati dalle crisi, come quella pandemica da COVID-19 e quella climatica in corso. Sempre nel report si legge che “la politica attuale è temporanea e manca di una struttura permanente, ignorando le differenze di genere e altre caratteristiche intersezionali, e lasciando le donne a combattere da sole contro l’aumento dei costi e la povertà energetica”.
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Elettricità, gas e acqua
Attraverso la lente della crisi energetica guardiamo il riprodursi di politiche temporanee, parziali, che mancano di un approccio strutturale volto alla trasformazione del contesto sociale e delle dinamiche di potere che permettono il perpetrarsi di queste condizioni di privilegio e disuguaglianza. Tali politiche sono spesso cieche rispetto al genere e non tengono conto delle diverse esperienze ed esigenze delle donne. Questo approccio porta a soluzioni che non affrontano le vere radici del problema e lasciano le donne a combattere da sole contro l’aumento dei costi e la povertà energetica. Secondo i dati riportati nel report UE, il 65% delle madri single e il 55% delle donne hanno difficoltà con il pagamento mensile delle bollette di elettricità, gas e acqua.
Il documento sostiene che sia necessario un approccio, anche politico, che riconosca e affronti le disuguaglianze di genere e promuova una maggiore equità economica e sociale. Infine si ritiene che abbattendo “le barriere e garantendo opportunità uguali, le società possono sbloccare il pieno potenziale delle donne come contribuenti attive allo sviluppo economico, sociale e culturale. Promuovere l’uguaglianza di genere beneficia non solo le donne ma anche intere comunità e nazioni, portando a società più inclusive e prosperose”.
La crisi energetica è solo una delle crisi in cui siamo immerse: sono incalcolabili i livelli che si sovrappongono, schiacciando principalmente le categorie marginalizzate della società. La produzione del report, che sostiene di stare “grattando la superficie” di un problema così strutturale che ormai è riconosciuto da decenni dai governi europei, ci pone dinanzi alla realtà che porta a domandarsi: come si possono abbattere queste barriere? Le disuguaglianze di genere sono un prodotto della società da un lato e ne sostengono la sopravvivenza e riproduzione dall’altro. Il carattere strutturale di queste disuguaglianze e l’inefficacia continua delle politiche volte al loro abbattimento porta a chiedersi se davvero ci sia la volontà di “rimuovere queste barriere”. Sono decenni che questi fattori critici vengono evidenziati da donne, gruppi femministi e transfemministi come problemi fra loro concatenati e radicati nella società. Oggi, all’alba del 2024, l’UE comincia a grattare la superficie di questa enorme montagna forgiata da potere, privilegio e sfruttamento che produce disuguaglianze e marginalizzazione a tutti i livelli della società, seguendo comunque sempre primariamente i classici criteri di genere, provenienza, colore della pelle e classe.
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