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domenica, Dicembre 15, 2024

Curricula aggiornati per l’istruzione e la formazione: il progetto CERES entra nella fase 2

Hernan Ruiz della École des Ponts Business School di Parigi racconta le attività del suo gruppo di lavoro all’interno del progetto CERES. L’obiettivo è sviluppare curricula aggiornati per l’istruzione superiore e la formazione professionale. Con un’attenzione particolare alle competenze tecnologiche e dell’economia circolare

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

Colmare il gap di competenze utili alleconomia circolare, sia nel campo della formazione che in quello del lavoro, e sostenere così la transizione ecologica del sistema produttivo: il progetto europeo CERES nasce per raggiungere questo necessario e urgente obiettivo. Tanti attori coinvolti tra i vari partner europei: aziende, associazioni e mondo della formazione.

Le attività del progetto sono organizzate in quattro macro aree con campi di indagine e di azione diversi ma complementari: una prima parte del lavoro si concentrerà sull’analisi dei bisogni, cioè valutare il divario tra le esigenze del mercato, in termini di nuove competenze e abilità, e lofferta formativa esistente in materia di economia circolare.

Oltre allanalisi dei bisogni, si lavorerà sullo sviluppo di curricula aggiornati per listruzione superiore e la formazione professionale e sullimplementazione di questi curricula aggiornati attraverso corsi e moduli. Tra i coordinatori del progetto CERES c’è Hernan Ruiz: ricercatore del Circular Economy Research Center (CERC) dellEPBS, l’École des Ponts Business School di Parigi. È lui a spiegare come stanno procedendo i lavori in questa macro area, fondamentale per i passaggi successivi.

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Il progetto CERES è ancora in fase di sviluppo. In quali attività è impegnato il suo gruppo di lavoro?

Il progetto CERES è stato suddiviso in sei sottoprogetti. Noi stiamo lavorando sul Work Package 2. Il suo scopo è sviluppare due “training curricula” effettuando una revisione delle proposte formative esistenti a livello europeo e dei singoli Paesi nellambito dellistruzione e della formazione professionale (in inglese Vocational Education and Training, VET) e dellistruzione superiore (in inglese High Education, HE), considerando ovviamente i trend emergenti nella tecnologia e nell’innovazione. 

Inoltre, stiamo cercando di introdurre la progettazione di un curriculum multidisciplinare utilizzando approcci innovativi, anche grazie all’insegnamento digitale e ai nuovi metodi di erogazione e di valutazione. Dopodiché ci sarà una fase di progettazione del materiale formativo e svilupperemo una sorta di MOOC (corso online aperto e di massa, ndr) per fornire agli studenti la possibilità di accedere online ad alcuni moduli formativi. Stiamo anche sviluppando il syllabus e i contenuti che includeremo nei corsi, tra cui video, letture e altre attività. Infine, ci stiamo occupando della definizione dei criteri di valutazione.

Quali documenti europei sono stati presi in considerazione per lo sviluppo della mappa delle competenze di CERES?

La metodologia per lo sviluppo della mappa delle competenze include una panoramica completa di diversi documenti europei, di cui possiamo evidenziare due categorie. La prima riguarda i documenti che ci aiutano a definire i requisiti per la certificazione dei contenuti. Possiamo quindi citare l’European Qualification Framework, allineato col processo di Bologna. Poi abbiamo l’European Learning Model e l’approccio delle microcredenziali per il riconoscimento transnazionale delle competenze.

Hernan Ruiz

La seconda categoria di documenti ci permette di definire le competenze da includere nei contenuti dei curricula. Possiamo citare, ad esempio, le Key competences for lifelong learning (Competenze chiave per l’apprendimento permanente). Ci sono poi il Quadro europeo delle competenze imprenditoriali (EntreComp) e il Quadro europeo delle competenze per la sostenibilità (GreenComp). Il quadro di riferimento europeo sulle competenze digitali è il DigComp 2.1, mentre per le competenze personali, sociali e di apprendimento, usiamo il LifeComp.

Con lo sviluppo dei corsi legato al Work Package 2, vorremmo promuovere gli obiettivi delle diverse strategie della Commissione europea, come il Green Deal dellUnione europea, l’Agenda delle competenze digitali, la trasformazione digitale e la strategia digitale. Infine basiamo il nostro lavoro su alcune direttive europee focalizzate su queste tematiche.

Leggi anche: Entra nel vivo ‘Ceres’, il progetto europeo che mette economia circolare e formazione al centro

In cosa consiste lEuropean Learning Model (ELM) e perché è così importante per la definizione di un quadro delle competenze?

L’European Learning Model è un modello di dati multilingue sviluppato dalla Commissione europea che fornisce un vocabolario comune per descrivere il livello di apprendimento in Europa. L’idea è quella di offrire un unico formato in tutti gli Stati membri per descrivere attestati di frequenza, risultati di esami, lauree e diplomi, o altri tipi di diplomi, certificazioni professionali, lettere di raccomandazione e qualsiasi altro tipo di documento. In questo modo la Commissione europea vuole favorire lo scambio delle informazioni, delle qualifiche delle opportunità di apprendimento, delle qualifiche, e delle credenziali digitali in tutta Europa.

Che cosa sono le micro-credenziali e che ruolo hanno allinterno dellistruzione e della formazione di chi è già in età lavorativa?

Le microcredenzali e lEuropean Learning Model vanno di pari passo, perché hanno lo stesso obiettivo, ovvero il riconoscimento delle competenze a livello europeo. Secondo la definizione della Commissione europea, le microcredenziali certificano i risultati formativi di una breve esperienza di apprendimento, come ad esempio un corso o una formazione di breve durata e possono essere combinate tra loro per formare credenziali o qualifiche più ampie. La prova è contenuta in un certificato che riporta il nome del titolare, i risultati dellapprendimento conseguiti, il metodo di valutazione, lente erogatore e, se previsto, il livello delle qualifiche e i crediti ottenuti. Il certificato permetterà al discente di ottenere un riconoscimento delle qualifiche in altre nazioni.

Come si inserisce leconomia circolare allinterno del quadro delle competenze delineate nello studio?

Nel progetto definiamo la necessità per i curricula di concentrarsi su quattro aree principali di competenze: imprenditoriali, digitali, green, soft skills e competenze di resilienza. Nella progettazione dei curricula, consideriamo l’economia circolare come una disciplina trasversale a queste competenze. Include, infatti, prima di tutto competenze green e di resilienza perché richiede la comprensione delle pratiche di circolarità e che queste siano allineate con degli obiettivi sostenibili. Ma anche imprenditoriali, perché le competenze nell’economia circolare contribuiranno a creare soluzioni circolari innovative, tra cui prodotti, servizi e modelli di business circolari. Inoltre, le competenze digitali consentiranno l’implementazione di pratiche circolari aiutando a ridurre al minimo l’impronta ambientale e a promuovere una gestione sostenibile ed efficiente dei rifiuti e delle risorse.

formazione CERES

In che modo le aziende possono contribuire nel delineare le competenze necessarie alla doppia transizione?

Le aziende possono svolgere un ruolo centrale. Ad esempio, per quanto riguarda le competenze, il compito delle aziende è quello di effettuare valutazioni interne in maniera continuativa nel tempo per identificare quali sono le aree specifiche su cui hanno bisogno di concentrarsi per realizzare la trasformazione digitale e il passaggio all’economia circolare. Questo implica che dovrebbero avere processi per valutare non solo gli individui, ma anche le tecnologie e gli impatti ambientali di ogni singola attività.

Le aziende dovrebbero curare inoltre programmi di formazione volti a fornire ai dipendenti le competenze cruciali nell’attuale mercato del lavoro, investendo nella crescita e nell’aggiornamento del proprio capitale umano. E, dunque, riservare molta attenzione nei corsi di formazione alle tecnologie digitali, all’analisi dei dati, all’intelligenza artificiale, alla sicurezza informatica, alla sostenibilità e ai principi dell’economia circolare.

Infine, vorrei ricordare quanto il coinvolgimento degli stakeholder sia fondamentale, perché la collaborazione è uno dei fattori chiave per rendere l’economia circolare una realtà diffusa. Non solo, dunque, dipendenti, ma anche clienti, fornitori e l’intera comunità possono dare alle aziende feedback e indicazioni preziose per comprendere meglio le diverse prospettive e le competenze necessarie per sostenere la doppia transizione.

Cosa dovrebbero fare i governi per incoraggiare lo sviluppo delle competenze legate all’economia circolare?

Purtroppo ci sono una serie di barriere finanziarie, politiche e sociali da superare. In primo luogo le barriere finanziarie, perché la transizione verso l’economia circolare richiede investimenti materiali e immateriali come la formazione dei dipendenti e a volte le aziende non hanno le risorse economiche per farlo. Perciò servirebbe un ruolo attivo del governo per attuare politiche che incentivino l’adozione di pratiche circolari, come incentivi fiscali, sovvenzioni e un quadro normativo che incoraggi e faciliti le imprese ad abbracciare la circolarità, oltre a sostenere economicamente i programmi di formazione. 

A queste si aggiungono diverse barriere sociali. Ci sono aziende che dichiarano di mettere in pratica politiche circolari, ma in realtà non lo fanno, oppure altre aziende che non sono affatto consapevoli dei principi dell’economia circolare e continuano a svolgere le loro attività come se non esistessero. Quindi, ritengo che per prima cosa sia importante una maggiore consapevolezza sul tema dell’economia circolare. E, infine, aggiungerei la collaborazione: come ho già detto in precedenza, è molto importante che tutti gli attori, dalle imprese ai governi fino alle istituzioni educative promuovano l’integrazione dell’economia circolare nel mondo del lavoro, sul modello del progetto CERES.

Cosa servirà perché le competenze possano essere trasferite nel mondo del lavoro?

Ci troviamo in un periodo di transizione. Le competenze spesso sono ancora mancanti, perché l’economia circolare stessa è un concetto recente in fase di costruzione e crescita. Per questo motivo abbiamo bisogno di ulteriori approfondimenti da parte di professionisti del settore e aziende che forniscano le informazioni sulle loro esigenze occupazionali per implementare soluzioni circolari. Al tempo stesso, dobbiamo riconoscere la centralità della formazione nella transizione digitale, in quanto le tecnologie digitali sono fattori abilitanti per l’economia circolare. Infine, il ruolo delle istituzioni educative, perché i lavoratori, in questo contesto in rapido cambiamento, devono essere dotati delle conoscenze e delle competenze necessarie per comprendere e partecipare attivamente all’interno del mercato del lavoro della doppia transizione, ecologica e digitale. È questo, in ultima analisi, l’obiettivo del progetto CERES.

Leggi anche: Progetto CERES sull’economia circolare: i primi risultati dello studio

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