“Il nostro Paese ha, in tema di design, una grande esperienza che potrebbe essere messa a valore in funzione dell’ecodesign”. Parla di moda, mobili, architettura, Giuseppe Creanza, dell’Agenzia regionale pugliese per la tecnologia e l’innovazione (ARTI). Parla della Olivetti Lettera 22 esposta al Museum of Modern Art di New York per ricordare la vocazione nazionale al design e per suggerire che questa vocazione alla bellezza e alla funzionalità potrebbe essere utile anche al Pianeta, se diventa vocazione all’ecoprogettazione, all’ecodesign.
Oggi, spiega nel corso del webinar tenuto il 9 novembre e dedicato appunto all’ecodesign da Icesp (piattaforma italiana degli stakeholders dell’economia circolare), il design è comunemente inteso (pensiamo appunto al mobile, alla moda, all’architettura) come progettazione con attenzione all’aspetto estetico. Mentre “quando parliamo di ecodesign ed eco-progettazione generalmente si intendono tecnologie e accorgimenti che integrano le normali attività di progettazione di prodotti e servizi in funzione della loro riciclabilità, della disassemblabilità facilitata, della possibilità di un utilizzo più efficace e di una più efficace gestione del fine vita dei prodotti”.
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Dove tutto inizia
A proposito di definizioni, “l’eco-progettazione, l’ecodesign è dove tutto inizia”, ha detto, durante l’incontro Icesp, Roberta De Carolis di ENEA, che ne elenca le diverse strategie: “Allungare la vita dei prodotti, arricchirli di contenuto riciclato, prevedere la possibilità di rifabbricazione e rigenerazione, evitare il più possibile prodotti monouso, lotta obsolescenza prematura, promozione del modello pay-per-use, il prodotto come servizio. Passare dall’ownership allo sharing – spiega – ha infatti diversi vantaggi: se il produttore continua ad essere proprietario avrà maggiore interesse ad allungare la durata della vita del prodotto”.
Anche per questi motivi all’interno di Icesp è nato un gruppo trasversale dedicato appunto all’“Eco-progettazione e modelli di business circolare”.
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Coniugare design ed eco-innovazione
L’ecodesign, però, riflette a ancora Creanza, pone una sfida ambiziosa: “Non tutti i prodotti che sono ben disegnati sono ecosostenibili, e non tutti i prodotto ecosostenibili son ben disegnati”. La bellezza e la funzionalità, che sono poi il motivo del successo degli oggetti, non sono ancora entrati tra i valori di chi progetta prodotti sostenibili, mentre dovrebbero esserlo, se se ne vuole spingere il successo. D’altro canto, per chi fa design, la sostenibilità non è ancora un valore condiviso, fa capire Creanza.
E propone una “Design driven eco-innovation che potrebbe essere il punto d ’incontro tra gli aspetti tecnologici di eco-innovazione con quelli più formali e di usabilità dei prodotti. Si dovrebbe mettere insieme questi due mondi su cui, almeno in quello del design, il nostro Paese ha davvero un’esperienza molto apprezzata a livello mondiale. E inserire questi sforzi di eco-innovazione del prodotto all’interno di una concezione più strategica di innovazione dei modelli di business delle imprese”. Insomma, sintetizza, “non vedere l’eco-progettazione come una medicina che le imprese malvolentieri devono ingoiare per rispondere alle normative che arrivano dall’Europa, ma come un’opportunità di dare valore ai prodotti”.
Secondo Pasquale Del Vecchio dell’Università LUM, co-coordinatore Gruppo di Lavoro ICESP su Eco-progettazione e modelli di business circolari, “un’opportunità per il processo di transizione di imprese e territori”. Una di quelle iniziative identificate come area di intervento prioritario da Icesp per la ripresa post-pandemia, nonché, “tra gli obiettivi prioritari di intervento identificati dal Green New Deal, dal Pnrr, dai Sustainable Development Goals dell’ONU e dalla Stratega nazionale per l’economia circolare”.
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Le lacune italiane
Del Vecchio richiama la centralità dell’ecodesign, un tema, spiega, “a cui il sistema industriale, quello della ricerca ma anche quello istituzionale devono prestare attenzione”.
Se questo è vero, è altrettanto vero, aggiunge Creanza, che “a livello nazionale siamo tutti consapevoli della timidezza del Pnrr sull’ecodesign”. Prosegue l’esperto dell’Agenzia regionale pugliese per la tecnologia e l’innovazione: “Un poco meglio il Piano sulla transizione ecologica, in cui si proietta al 2030 l’obiettivo di porre come condizione l’estensione della durata dei prodotti attraverso una progettazione ispirata ai principi di riparabilità. Andiamo meglio anche con la Strategia nazionale per l’economia circolare, in fase di consultazione, in cui in maniera molto più chiara si evidenzia come eco-progettazione ed ecoefficienza siano asset attraverso cui puntare per sviluppare percorso circolarità dell’economia”.
Le best practice dell’incontro
Al webinar di Icesp sull’ecodesign hanno partecipato anche alcune buone pratiche. Come Materieunite, che dal maggio di quest’anno progetta allestimenti per fiere e musei: modulari, riutilizzabili, riconfigurabili e realizzati con materiali riciclati e riciclabili. O come Eceplast, azienda pugliese che produce imballaggi industriali che esporta in 40 Paesi e ha realizzato una linea di prodotti monomateriali in polietilene che può essere integralmente e agilmente riciclato. Oppure come Smart Leather, nel distretto calzaturiero di San Mauro Pascoli (FC), che lavora conto terzi per grandi brand del lusso ma progetta e realizza anche una linea di pelletteria e accessori (a marchio Tomassini) utilizzando scarti produttivi.
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