“Gli impianti di trattamento dei rifiuti non coperti dai fondi del Pnrr ma giudicati validi verranno finanziati dal governo nazionale”: con queste parole Laura D’Aprile, capo dipartimento per la Transizione Ecologica e gli Investimenti Verdi del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, aggiunge un po’ di pepe alla 25esima edizione di Ecomondo, la fiera dell’innovazione tecnologica e dell’economia circolare e verde che fa incontrare a Rimini migliaia di operatori e operatrici del settore – in cui è presente anche una nostra delegazione di EconomiaCircolare.com.
Tra gli argomenti più dibattuti negli oltre 90 convegni che hanno animato e animeranno i quattro giorni nel quartiere fieristico della cittadina romagnola c’è certamente il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Scelta prevedibile e anzi inevitabile, se si pensa che tra la gestione dei rifiuti e l’economia circolare vera e propria il PNRR distribuisce una mole apprezzabile dei 209 miliardi di euro dei fondi del Next Generation EU. Le riforme previste dall’Europa in cambio degli investimenti – Piano Nazionale di Gestione dei Rifiuti e Strategia Nazionale dell’Economia Circolare su tutte – procedono in maniera accelerata, tenendo bene a mente che la scadenza del 2026 indicata dall’Unione europea per l’esecuzione delle riforme non è poi così distante.
L’impegno annunciato da D’Aprile farà contenti i tanti operatori che vedono i loro progetti inseriti nella graduatorie stilata dai tecnici dell’ex ministero della Transizione Ecologica. Ma si inserisce in un quadro in cui il settore, che da anni chiede più impianti di trattamento affinché migliori non solo la quantità ma anche la qualità della raccolta differenziata, continua a masticare malumori. Amplificati addirittura proprio dal Pnrr.
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“Il Pnrr e la pianificazione fanno a cazzotti”
All’incontro di oggi di Ecomondo, intitolato proprio “Pnrr ed economia circolare”, si sono confrontati politica, istituzioni e operatori. A dar voce a questi ultimi c’era Filippo Brandolini, presidente di Hera Ambiente, che ha rivendicato un “approccio non ideologico” sulla gestione dei rifiuti, richiamando le parole utilizzate molto spesso da vari esponenti del governo Meloni. Per la politica, invece, hanno parlato da una parte Fulvio Bonavitacola, assessore all’Ambiente della Regione Campania, e Gianpaolo Bottacin, l’assessore all’Ambiente della Regione Veneto. Il confronto tra i due ha messo a nudo le differenze, se non le divergenze, per quel che riguarda la gestione dei rifiuti a livello locale e che il Pnrr difficilmente potrà colmare.
“Il Pnrr e la pianificazione regionale dei rifiuti fanno a cazzotti – ha detto Bonavitacola – Da due anni e mezzo denunciamo ciò. I fondi del Pnrr sono stati definiti il Piano Marshall, una cosa un po’ pomposa che gli si ritorce contro perché nel frattempo la guerra vera è arrivata. Le velleità accentratrici del governo sono venute più volte fuori, basti pensare allo scippo del Mezzogiorno: secondo i criteri europei al Sud sarebbe dovuto arrivare il 70% dei fondi, ne dovrebbe arrivare il 40% e in realtà sarà il 25%. E pensare che il Pnrr dovrebbe accorciare le distanze geografiche”.
A contestare le cifre citate da Bonavitacola è stato il collega Bottacin, che ha messo in campo la forza di altri numeri. “La nostra è la regione più virtuosa sui rifiuti, considerando che siamo anche con il maggior numero di turisti – ha spiegato Bottacin –. La nostra raccolta differenziata è al 76,1% ed entro il 2030 vogliamo arrivare all’80%. In più puntiamo a ridurre la produzione dei rifiuti solidi urbani dagli attuali 120 chili pro-capite a 80 chili entro il 2030. Al momento in Veneto ci sono 9 discariche ancora attive, alcuni inceneritori e 1.800 impianti di trattamento dei rifiuti. Contiamo, sempre entro la scadenza del 2030, di non avere più discariche. Allo stesso modo crediamo che sia da impedire la libera circolazione dei rifiuti speciali e pensiamo che si debba immaginare una tariffa incentivante per chi ospita i termovalizzatori”.
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