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lunedì, Dicembre 16, 2024

Ecomondo, presentato il Quaderno sul Tessile. “La prima necessità del settore è ridurre i rifiuti”

La 25esima edizione di Ecomondo è stata l'occasione per rilanciare le attività dell'Osservatorio Tessile, nato lo scorso anno a Rimini, e per segnalare il nuovo saggio curato dalla nostra testata e dedicato unicamente al tessile. "Il Quaderno raccoglie diversi spunti e punti di vista"

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Redazione EconomiaCircolare.com

Si è da poco conclusa la 25esima edizione di Ecomondo, la fiera internazionale dell’economia circolare e verde, che ha registrato numeri record: 160 eventi, 1.400 stand disposti su 130mila metri quadri, migliaia di persone provenienti da 90 Paesi. Un successo al quale, nel proprio piccolo, ha contribuito anche la nostra redazione attraverso una presenza costante alla consueta sede di Riminifiera.

Tra gli eventi organizzati da EconomiaCircolare.com, in collaborazione con Ecomondo, particolare importanza ha assunto la presentazione in anteprima del saggio n. 2 dei Quaderni di EconomiaCircolare.com, interamente dedicato al tessile e alle imprese protagoniste del cambiamento. L’incontro è avvenuto nella cornice dell’Osservatorio Tessile, che era stato lanciato proprio all’edizione 2021 di Ecomondo. Dopo un anno ne abbiamo approfittato per affrontare alcuni aspetti specifici: dalle innovazioni e dalle tecnologie presenti in Italia che possono favorire una maggiore circolarità del settore al mercato delle materie prime seconde fino alla sfida dell’ecodesign. Dopo la presentazione a Rimini, il Quaderno è ora scaricabile gratuitamente dal nostro sito. Intanto ecco cosa è emerso a Ecomondo.

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“La prima necessità del tessile? Ridurre i rifiuti”

A moderare l’incontro è stata la coordinatrice del nostro magazine, Alessandra De Santis. “L’obiettivo dell’Osservatorio è quello di mettere tutti gli attori della filiera – ha ribadito De Santis – visto che il tessile è uno dei settori più impattanti a livello ambientale. Tra l’altro quest’anno il settore ha dovuto fare i conti con l’obbligo della raccolta differenziata, una vera e propria novità per il nostro Paese che ha deciso così di anticipare la scadenza europea di ben tre anni. La buona notizia è che tante imprese si sono mosse e si muovono per implementare la circolarità nelle proprie pratiche”.

A parlare delle sfide circolari che attendono il tessile, messe nere su bianco nel Quaderno curato dai giornalisti e dalle giornaliste della nostra testata, è stato Raffaele Lupoli, direttore editoriale di EconomiaCircolare.com. “Abbiamo cominciato a studiare – ha detto Lupoli – per mettere dei punti fermi nell’analisi e nella rappresentazione di questa filiera che si è accelerata con l’avvio della raccolta differenziata per il tessile, in quella che è solo una delle sfide che ci chiede l’Europa. Il Quaderno raccoglie diversi spunti e punti di vista, partendo dalla necessità di ridurre i rifiuti. Ecco perché abbiamo parlato ad esempio di ecodesign, che forse è l’aspetto in cui il tessile è più indietro, analizzando poi sia la normativa italiana ed europea nonché ragionando sui flussi attuali e sulle potenzialità future. Il tessile è un settore tra i più variegati, speriamo che lo strumento che siamo riusciti a fornire possa diventare oggetto di dibattito e possa ulteriormente stimolare le attività dell’Osservatorio Tessile“.

Una delle differenze tra il 2021 e il 2022, tra la nascita dell’Osservatorio Tessile e il suo primo anno di vita, è la presenza di un nuovo consorzio nel settore. Cosa ha significato l’ingresso di un network importante come quello di Cobat? Lo ha raccontato Michele Zilla, general manager di Cobat Tessile. “L’economia circolare è pura economia, con l’insieme delle buone pratiche – ha detto Zilla – Noi pensiamo che serva estendere la responsabilità estesa del produttore, coinvolgendo gli altri attori della filiera. Nel tessile esistono già quattro consorzi, e altri ne sorgeranno. Il vero problema da porsi è quello del riciclo: si tratta di un compito molto arduo, perché ci sono molti prodotti che non possono diventare nuove fibre”.

Uno dei filoni più evidenti del tessile è quello relativo all’abbigliamento. Ne ha parlato nel suo intervento Carmine Guanci, dell’Alleanza delle Cooperative Italiane Sociali, Gruppo di lavoro nazionale Filiera del rifiuto tessile. “Da oltre 25 anni rappresentiamo una presenza significativa nei primi anelli della filiera, quelli della raccolta e della preselezione – ha detto Ganci – Il nostro gruppo di lavoro gestisce oltre 44mila tonnellate di indumenti usati, sia attraverso più di diecimila contenitori sparsi in tutta Italia sia attraverso nuove modalità innovative di raccolta. Se la filiera del tessile sta in piedi è anche grazie alle cooperative sociali e ai lavoratori e alle lavoratici che fanno questo tipo di raccolta. Oltre a voler aumentare la quantità di indumenti usati, nel nuovo scenario servirà rafforzare la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo di nuovi anelli della filiera. Il riuso e la preparazione del riuso, così come richiesto dall’Unione europea, devono rappresentare il cuore e le priorità delle responsabilità estesa del produttore. Non significa escludere il riciclo ma valorizzare ciò che può essere ancora usato“.

L’intervento successivo, in collegamento online, è stato quello di Filippo Bernocchi, presidente di Ancitel Energia & Ambiente. “La nostra società si occupa di consulenze per gli enti locali e abbiamo deciso di occuparci di tessile perché il nostro Paese è stato il primo ad avviare alcuni provvedimenti – ha detto Bernocchi – Quando parliamo di tessile parliamo soprattutto di distretti industriali, i quali hanno davanti una sfida enorme che è prima di tutto economica. Basta con la fast fashion, dice l’Europa, anche se ciò è più facile a dirsi che a farsi. Le aziende devono essere pronte alle scadenze da qui al 2025 che ci pongono le istituzioni europee, altrimenti il rischio è restare fuori dal mercato. Il nuovo governo dovrà seguire attentamente la nuova Strategia europea sul tessile, mentre le aziende hanno tante ricette ma all’interno di un quadro normativo in cui è incerto il confine tra sottoprodotto e rifiuto“.

Quando si parla di tessile non si può non parlare di una città centrale per il settore come Prato. Fondamentale in questo senso l’intervento di Andrea Falchini, direttore del centro di ricerca Next Technology Tecnotessile, nato proprio nel distretto toscano. “La nostra realtà pubblico/privata da anni si occupa del tessile da 50 anni e negli ultimi anni ci siamo focalizzati sulla seconda metà della filiera, vale a dire la chiusura del cerchio – ha detto Falchini – Applichiamo le nostre conoscenze e le innovazioni del settore a ogni aspetto della filiera, penso per esempio al pretrattamento dove la selezione degli abiti è sempre più meccanizzata. Lavoriamo anche sulle nanotecnologie, perché queste possono avere un posivito impatto ambientale. Noi crediamo che il trasferimento tecnologico sarà sempre più importante per le piccole e medie imprese”.

Successivamente è stato il turno di Massimo Pisanechi, direttore vendite di Dell’Orco & Villani. “La nostra azienda costruisce macchinari da più di 50 anni per trasformare gli scarti del tessile in nuove fibre attraverso il riciclo meccanico – ha detto Pisanecchi – Tendo a non usare la parola rifiuti proprio perché ogni prodotto può avere una seconda vita. Purtroppo, e dico purtroppo, noi vendiamo molto più all’estero che in Italia. Ci piace pensare che possiamo anche supportare nuove startup affinché possano realizzare le loro idee su scala industriale”.

A prendere poi la parola è stato Francesco Marini, design and innovation manager Marini industrie spa, anche lui proveniente dal distretto tessile di Prato. “Il nostro distretto è virtuoso da molto tempo, in un certo senso abbiamo inventato l’economia circolare nel tessile già dall’Ottocento quando si recuperavano le coperte e le divise militari per creare nuovi filari – ha detto Marini – In Toscana c’è un’industria che mette insieme tante aziende e che ha un know how specifico, pronto ad affrontare le nuove regole poste dall’Europa, dall’ecodesign al passaporto digitale dei prodotti. La nostra azienda nello specifico nasce da un progetto di Greeenpeace del 2016, e ora sono ben 42 le aziende del distretto che hanno aderito alle proposte dell’associazione ambientalista. Per poter riuscire a raggiungere gli obiettivi sfidanti dell’Europa serve ovviamente anche una crescita culturale delle aziende. La moda sostenibile oggi è finalmente anche bella, e ormai non ci sono alternative ai prodotti sostenibili”.

Il lungo giro di interventi è stato concluso da Giulia De Rossi, ceo e fondatrice di Nazena. La sua azienda è forse il segno più tangibile del percorso dell’Osservatorio Tessile, perché Nazena l’anno scorso era nella fase di start-up e quest’anno arriva a raccontare la propria esperienza di impresa. “Noi arriviamo alla fine della filiera del fine vita. Siamo nati in pandemia, con i pro e i contro che ciò ha significato per le nostre attività – ha detto De Rossi – Partiamo da un tessuto a fine vita che non si riesce a rivendere o che non è rigenerabile e lo trasformiamo in un nuovo materiale, che abbiamo brevettato ed è simile al cartoncino. Ritiriamo direttamente gli scarti di produzione dalle aziende e capiamo insieme in che sottoprodotto trasformarli. Puntiamo ad aprire il nostro modello di business a volumi più ampi e a portare la nostra tecnologia anche all’estero”.

Scarica qui il Quaderno sul Tessile

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