Solo l’1% delle risorse idriche del pianeta costituisce una riserva di acqua dolce effettivamente utilizzabile. Questo quantitativo è sottoposto a stress sempre crescenti sia a livello globale che locale, che ne mettono a rischio qualità e quantità. All’origine di questo stress ci sono modelli di sviluppo poco sostenibili che comportano un costante incremento dei fabbisogni: il continuo incremento demografico e standard di vita sempre più elevati determinano l’incremento dei fabbisogni agricoli, civili, industriali e di produzione alimentare, con conseguenti fenomeni di contaminazione delle risorse disponibili.
La sfida del clima si fa sempre più urgente
A tali pressioni si aggiungono quelle connesse ai cambiamenti climatici, che incidono sulla distribuzione spazio-temporale delle precipitazioni e si traducono in una maggiore frequenza di eventi estremi. Periodi di siccità e piogge molto intense comportano effetti in termini di desertificazione, perdita di fertilità dei suoli, dissesto idrogeologico. Tali pressioni sono descritte, ad esempio, dal Water Exploitation Index (WEI, definito dal rapporto su base annua tra il prelievo idrico e le risorse idriche rinnovabili), che per l’Italia si attesta sul valore del 24%, fra i più elevati nel contesto europeo.
All’aumento di un grado della temperatura terrestre corrisponde, secondo le recenti stime, una riduzione del 20% della disponibilità delle risorse idriche. Ciò significa che, in assenza di misure decise e risolutive, al 2030 la disponibilità di acqua a livello globale potrebbe ridursi del 40% rispetto ad oggi.
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Applicare l’economia circolare alla gestione dell’acqua
Le strategie di gestione della risorsa comunemente applicate sono raramente caratterizzate da una sostenibilità di medio-lungo periodo, ma appare indispensabile ed urgente un cambio di paradigma secondo un approccio di economia circolare che includa azioni mirate al risparmio, riuso e riutilizzo delle risorse.
I più recenti rapporti della Commissione Europea e delle principali organizzazioni internazionali sottolineano la necessità di sviluppare adeguate misure finalizzate ad agevolare la transizione dal modello di economia lineare, attualmente prevalente, verso un modello di economia circolare in grado di valorizzare un uso efficiente delle risorse. Tale necessità viene universalmente riconosciuta come particolarmente pressante per l’acqua, risorsa indispensabile per la vita e per tutte le attività dell’uomo.
In particolare, applicare l’economia circolare alla gestione dell’acqua significa:
- salvaguardare la risorsa riducendo gli sprechi lungo tutta la filiera del servizio idrico, dall’acquedotto agli utilizzatori finali (residenziale, produttivo, agricolo);
- favorire il riutilizzo nei processi produttivi in modo da limitare il più possibile gli scarichi finali;
- ottimizzare i trattamenti depurativi in ottica di recupero di materia e di valorizzazione energetica (bioraffinerie);
- favorire il riutilizzo, sicuro e sostenibile, degli effluenti depurati e dei fanghi di depurazione, soprattutto in ambito agronomico.
Un gruppo di lavoro per la transizione all’economia circolare nella gestione dell’acqua
In tale contesto, nell’ambito delle attività portate avanti dal Dipartimento per la Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali (SSPT) per la promozione della sostenibilità secondo approcci di economia circolare e favorendo l’uso efficiente delle risorse, ENEA ha contribuito attivamente, insieme alla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, a promuovere l’attivazione di un gruppo di lavoro finalizzato a favorire la transizione verso un modello di economia circolare nell’utilizzo delle risorse idriche. Tra le tematiche prioritarie su cui si soffermeranno le attività del Gruppo di Lavoro, vi sono il riutilizzo delle acque reflue depurate e la gestione dei fanghi di depurazione in ottica di economia circolare.
Nell’ambito del gruppo di lavoro, ENEA contribuirà alla predisposizione e diffusione di buone pratiche al fine di rimuovere gli ostacoli che ancora rallentano la transizione verso una economia circolare dell’acqua.
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Il riutilizzo delle acque reflue depurate
Relativamente al tema del riutilizzo degli effluenti depurati, si tratta oramai di una esigenza volta a fronteggiare i sempre crescenti problemi di scarsità idrica garantendo la disponibilità di risorse idriche non convenzionali, soprattutto per scopi agricoli. A tal riguardo è indispensabile e urgente garantire la completa implementazione del nuovo Regolamento (Eu) 2020/741 sul riutilizzo delle acque reflue, con cui viene sancito e promosso il riutilizzo delle acque reflue urbane depurate in condizioni sicure. Il regolamento definisce una nuova filiera di gestione delle acque urbane depurate, definisce soglie di qualità ammissibile in relazione agli usi previsti ed individua gli attori coinvolti e le responsabilità al fine di garantire un utilizzo sicuro della risorsa. In tema di riutilizzo idrico, ENEA coordina il progetto Value CE-IN – “Valorizzazione di acque reflue e fanghi in ottica di economia circolare e simbiosi industriale” nell’ambito del quale, tra le diverse azioni previste, è in corso l’implementazione di un prototipo sperimentale di riutilizzo idrico in scala reale presso un impianto di depurazione di grande taglia.
Bioraffinerie per i fanghi di depurazione
Per quanto riguarda il tema della gestione dei fanghi di depurazione, esso rappresenta l’aspetto di maggior rilievo per una effettiva conversione degli impianti di depurazione in bioraffinerie. I fanghi offrono numerose opportunità in termini di recupero di energia e di recupero di preziose materie prime (es, carbonio, elementi nutrienti, acidi grassi a catena corta da utilizzare come precursori di bioplastiche, etc.) e questi aspetti rappresentano una delle maggiori sfide ed opportunità di oggi, oltre che una esigenza di carattere ambientale a superamento delle attuali problematiche nella gestione di tali matrici. Tale settore vede già diverse interessanti applicazioni su scala reale, tra cui ad esempio quelle che prevedono l’integrazione del ciclo depurativo e del ciclo di gestione dei rifiuti urbani mediante l’impiego dei digestori municipali per la valorizzazione energetica congiunta di fanghi e frazione organica del rifiuto solido urbano (in sigla FORSU), e per il successivo recupero agronomico dei digestati. Per questa ed altre applicazioni, da inserire opportunamente nell’ambito di una pianificazione su scala territoriale, permangono ancora ostacoli non solo di natura tecnologica ma, soprattutto, di natura legislativa ed autorizzativa.
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