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lunedì, Dicembre 16, 2024

Biodiversità: per salvare dall’estinzione animali e piante è necessario dire addio all’economia lineare

L’economia lineare è riconosciuta come una delle principali cause della perdita di biodiversità. Un rapporto della fondazione Ellen MacArthur conferma come eliminare rifiuti e inquinamento, ridurre l'estrazione di materie prime e rigenerare i sistemi naturali sia fondamentale per fermare e invertire questa crisi

Silvia Santucci
Silvia Santucci
Giornalista pubblicista, dal 2011 ha collaborato con diverse testate online della città dell’Aquila, seguendone le vicende post-sisma. Ha frequentato il Corso EuroMediterraneo di Giornalismo ambientale “Laura Conti”. Ha lavorato come ufficio stampa e social media manager di diversi progetti, tra cui il progetto “Foresta Modello” dell’International Model Forest Network. Nel 2019 le viene assegnata una menzione speciale dalla giuria del premio giornalistico “Guido Polidoro”

La perdita di biodiversità è un grande piaga del nostro tempo: in una relazione ONU del 2019, gli scienziati hanno lanciato l’allarme di estinzione per un milione di specie su un totale stimato di 8 milioni, molte delle quali rischiano di scomparire nel giro di pochi decenni.

Secondo il report Biodiversità a rischio 2021 di Legambiente, il ritmo di estinzione delle specie corre da 100 a 1000 volte più veloce di quella degli ultimi 10 milioni di anni e l’abbondanza media di specie autoctone nella maggior parte degli habitat terrestri è diminuita di almeno il 20%, soprattutto dal 1900 in poi.

In Europa non va meglio che nel resto del mondo: per l’Unione internazionale per la conservazione della natura (International Union for Conservation of Nature, IUCN) sono 1677 le specie europee a rischio su un totale di 15.060. E se l’Unione Europea punta sul ripristino degli ecosistemi degradati in tutta Europa entro il 2030, bisogna iniziare ad agire subito.

Secondo il report The Nature Imperative: How the circular economy can help tackle biodiversity loss della Ellen MacArthur Foundation, strutturare la nostra società sulla base di un’economia circolare consentirebbe di mettere in campo una serie di azioni fondamentali nell’invertire la rotta.

Le cause della perdita di biodiversità

Allo stato attuale, le minacce alla biodiversità sono molteplici: dalle modifiche nell’utilizzo del suolo causate da disboscamento, monocolture intensive e urbanizzazione, allo sfruttamento diretto come caccia e pesca, dal cambiamento climatico all’inquinamento e alla diffusione di specie esotiche invasive.

Viene da sé che un’economia lineare dell’usa e getta comporti un danno irreparabile agli ecosistemi: secondo il rapporto, più del 90% della perdita della biodiversità sarebbe causata dall’estrazione e dalla lavorazione delle risorse naturali.

Quel che è certo è che questo tipo di processi induce un consumo e uno sfruttamento del suolo che a sua volta porta un’alterazione degli habitat di molte specie. L’estrazione e il trasporto delle materie prime e delle merci generano maggiori emissioni. Senza contare la produzione di rifiuti e inquinanti, che spesso vengono dispersi nell’ambienti causando la morte di moltissimi esemplari.

Perdere qualsiasi specie animale o vegetale è una sconfitta per l’umanità, non solo in termini etici: si traduce in rischi concreti per l’umanità stessa. La biodiversità gioca infatti un ruolo fondamentale nel mantenere la salute e la prosperità del Pianeta e dell’essere umano.

In primo luogo le piante agiscono come pozzi di assorbimento delle emissioni di anidride carbonica. La biodiversità ci garantisce quindi aria pulita ma anche acqua potabile e cibo attraverso una migliore qualità del terreno e l’impollinazione delle coltivazioni.  È un valido aiuto nel contrasto al cambiamento climatico e riduce l’impatto dei pericoli naturali. Influisce, infine, positivamente sul ciclo dei nutrienti, che regola la quantità di materia organica (carbonio, azoto e fosforo) che viene assorbita e immagazzinata dal suolo.

Leggi anche: Giornata mondiale della biodiversità, quale può essere il ruolo dell’economia circolare?

Come fermare la perdita di biodiversità

Per fermare l’estinzione di molte specie animali e vegetali e proteggere gli ecosistemi è necessario quindi non solo estendere le aree protette e tutelare quelle esistenti ma anche modificare tutte quella attività antropiche che vanno a incidere negativamente sulla biodiversità: dobbiamo cambiare il modo in cui produciamo, usiamo e consumiamo. E in questo senso, l’economia circolare può rappresentare un sistema sicuro in cui muoverci.

In un modello di economia circolare, infatti, alla domanda di beni e servizi richiesti dalla società si risponde utilizzando la minor quantità possibile di materie vergini, riducendo così l’impatto negativo della loro estrazione e trasformazione. Ma non solo.

Eliminare (o quasi) rifiuti e agenti inquinanti

In una economia di tipo circolare, ogni oggetto è progettato e prodotto per durare, essere riutilizzato, riparato ed eventualmente riciclato: in questo modo si evita il rilascio in natura di sostanze dannose per la biodiversità come rifiuti o inquinanti.

Questo approccio può essere declinato in ogni ambito produttivo: ad esempio, adottare pratiche rigenerative in agricoltura può ridurre o eliminare il bisogno di fertilizzanti sintetici e pesticidi, evitando così che si inquinino i corsi d’acqua e si emettano gas serra.  Utilizzare tinte non tossiche e tessuti più resistenti o biodegradabili per i nostri vestiti può evitare la dispersione di sostanze pericolose e microfibre nell’ambiente. Eliminare packaging non essenziali, usando materiali innovativi che siano biodegradabili o addirittura ingeribili, o ridisegnando prodotti e modelli di business così che non si abbia più bisogno di packaging, aiuta a evitare i rifiuti in plastica, con il beneficio di mare e oceani, e anche della nostra salute.

Leggi anche: “Serve un nuovo trattato ONU per fermare l’inquinamento da plastica”

Ridurre la circolazione di materie prime e prodotti

Condivisione, rivendita e riparazione degli oggetti prima ancora che il loro riciclo permettono di ridurre notevolmente l’estrazione di materie prime, nonché la loro trasformazione e il trasporto dei prodotti finali.

Utilizzare, ad esempio, metalli riciclati nella produzione di dispositivi elettronici implica meno estrazioni dei minerali, meno emissioni di gas serra e inquinanti, e più spazio alla biodiversità.

Tenere in uso il più possibile vestiti realizzati con fibre naturali ridurrà la richiesta di fibre vergini e anche dei terreni necessari, ad esempio, per la crescita del cotone, lasciando più spazio altri usi dei terreni, incluso quello di conservazione della natura.

Leggi anche: Agromining, il segreto per estrarre le terre rare dai vecchi dispositivi tecnologici

Rigenerare i sistemi naturali

A queste buone pratiche di produzione e consumo vanno aggiunte azioni in grado di rigenerare i sistemi naturali. Ad esempio, approcci rigenerativi della natura come i sistemi di agroecologia e agroforestazione migliorano l’assorbimento di carbonio, aumentano la biodiversità negli ecosistemi circostanti e permettono ai terreni agricoli di rimanere fertili nel tempo, così da ridurne l’espansione continua e il consumo di suolo.

L’impiego di pratiche come quella di tutelare gli alberi più longevi e lasciare decomporre gli alberi caduti può aiutare a creare un sistema di produzione di legname che rigeneri la biodiversità, limitando i disturbi a flora e fauna e migliorando la salute del terreno e la qualità dell’acqua. Questo garantirebbe alla biodiversità di prosperare anche al di là di quelle che sono le aree protette.

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