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lunedì, Dicembre 16, 2024

Il Green Deal europeo ha bisogno anche di formazione. A tutti i livelli

Oggi è possibile, oltre che necessaria, una convergenza tra ecologia, economia, nuove tecnologie digitali, aspettative ed esigenze sociali e culturali. Per raggiungere questo obiettivo, la formazione è un ingrediende essenziale: dalla scuola primaria alle universitàalla formazione e riqualificazione per chi lavora nella imprese e nella pubblica amministrazione.

ENEA
ENEA
Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile è l’ente di diritto pubblico finalizzato alla ricerca e all’innovazione tecnologica. ENEA porta avanti attività di ricerca nell’ambito dell’economia circolare e promuove ICESP, iniziativa speculare e integrata a ECESP, Piattaforma Europea per l’Economia Circolare, con lo scopo di rappresentare in Europa le specificità italiane in tema di economia circolare.

La Commissione europea l’11 dicembre 2019 ha pubblicato un documento finalizzato a migliorare ulteriormente la sostenibilità dell’economia nei Paesi dell’Unione. Il documento è noto come Green Deal e rappresenta una sorta di tabella di marcia secondo la quale la Commissione stessa, oltre ad impegnarsi a fermare la perdita di biodiversità, fissa l’ambizioso obiettivo del conseguimento di un’economia a impatto climatico zero, entro il 2050.

Il processo di transizione da economia lineare ad economia circolare necessita di un cambiamento culturale. Per fare questo, un ruolo importante rivestono le attività di formazione e divulgazione rivolte ad imprese, PA, cittadinanza e nuove generazioni, quindi attraverso azioni rivolte agli studenti. L’economia circolare è un cambio di paradigma radicale rispetto al modello di sviluppo economico prevalente negli ultimi secoli, in grado di ispirare e orientare le scelte di imprese, organizzazioni, istituzioni e cittadini. Oggi è possibile, oltre che necessaria, una nuova convergenza tra ecologia, economia, nuove tecnologie digitali, aspettative ed esigenze sociali e culturali. L’economia circolare richiede, infatti, assieme a nuova strategia di impresa e un nuovo management, la formazione di nuovi consumatori e l’adozione di nuovi stili di vita, quindi un investimento in cultura ed educazione per tutta la cittadinanza, in un’ottica di ciclo di vita.

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Formazione all’economia circolare verso il mondo produttivo e PA

L’innovazione del mondo produttivo è di primaria importanza, non a caso il target 12.6 dell’obiettivo 12 dell’Agenda ONU 2030 esorta gli Stati sottoscrittori a: “Incoraggiare le imprese, soprattutto le aziende di grandi dimensioni e le multinazionali, ad adottare pratiche sostenibili e integrare le informazioni sulla sostenibilità, nella loro rendicontazione periodica”.

Il mondo delle imprese è sempre più interessato a promuovere produzioni sostenibili anche grazie ad un crescente orientamento del mercato verso prodotti a basso impatto ambientale. Da parte delle imprese, negli ultimi anni, è cresciuta la domanda di conoscenza per le strategie di economia circolare come eco-design, simbiosi industriale, chiusura dei cicli, tecnologie e processi innovativi nel settore dei raw materials e della bio-economia, turismo sostenibile.

Anche la PA ha un ruolo centrale nella promozione dell’economia circolare. Un esempio sono gli acquisti pubblici verdi (Green Public Procurement) grazie ai quali le amministrazioni pubbliche integrano criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti green, attraverso la ricerca di soluzioni che hanno un minore impatto sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita.

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Formazione e divulgazione verso associazioni e singoli cittadini

La sostenibilità coinvolge non solo il mondo della produzione ma anche quello del consumo che deve necessariamente diventare consumo responsabile e collaborativo verso un modello che tende ad azzerare gli sprechi e minimizzare i rifiuti, come indica il target 12.8 dell’obiettivo 12 dell’Agenda ONU 2030: “Entro il 2030 garantire che in tutto il mondo le persone ricevano le informazioni necessarie e acquistino consapevolezza in tema di sviluppo sostenibile e stili di vita, in armonia con la natura”.

I temi da affrontare possono riguardare sia comportamenti su questioni specifiche, più o meno semplici come ad esempio la raccolta differenziata, l’attenzione agli sprechi (in particolare quelli alimentari), sia questioni culturali più complesse che richiedono un cambiamento radicale come:

  • preferire la condivisione piuttosto che la proprietà di alcuni beni;
  • avere atteggiamenti responsabili ed informati nei consumi (sia quelli materiali che quelli immateriali);
  • calibrare i consumi sui reali bisogni;
  • cercare di riparare i prodotti per quanto possibile invece che sostituirli.

Urban Living Lab (ULL) ed economia circolare

Nel caso di formazione rivolta a cittadini, è possibile raggiungere un maggior grado di coinvolgimento grazie alla tecnica dell’Urban Living Lab (ULL), un approccio sistemico di co-creazione di percorsi innovativi, all’interno di una comunità, pensati per affrontare problemi pratici della comunità.

Le esperienze di ULL applicate all’economia circolare su scala urbana, ricadono nell’ambito della scienza civica e di comunità (Citizen science), dove il progetto viene avviato e guidato da gruppi di partecipanti che identificano un problema che li riguarda e selezionano la soluzione più adatta al loro territorio in base alle specifiche caratteristiche fisiche, economiche e sociali.

In ambito di economia circolare, i percorsi di co-creazione partecipata mirano a favorire l’implementazione di azioni e modelli condivisi di gestione ed uso efficiente di risorse e servizi di una comunità. Queste possono riguardare diversi tipi di buone pratiche su scala urbana come, ad esempio, centri del riuso, upcycling (riuso creativo), case dell’acqua, centri per la riparazione condivisa, orti e giardini condivisi, ristorazione a chilometro zero, gruppi di acquisto solidali, co-working, mobilità condivisa ecc.

La tecnica dell’ULL può anche essere lo strumento attraverso il quale realizzare progetti di citizen science in ambito di economia circolare. Il coinvolgimento dei cittadini può andare dalla divulgazione di temi riguardanti la sostenibilità fino al coinvolgimento in progetti di ricerca per contribuire all’auspicato “cambio culturale” necessario per una transizione verso la sostenibilità.

Citizen science

La citizen science (CS) è un approccio aperto e inclusivo in cui il coinvolgimento dei cittadini nelle attività scientifiche genera nuove conoscenze e porta a cambiamenti comportamentali.  La CS descrive sia un metodo (che consente alla ricerca scientifica tradizionale di raggiungere scale più ampie), sia un movimento (una democratizzazione del processo di ricerca scientifica orientando le attività di ricerca verso sfide sociali o generando un processo di governance democratica) o indica anche una “capacità sociale” (intesa come la produzione della capacità di conoscenza della società). Citizen science offre una varietà di modi in cui il pubblico partecipa alla scienza e a progetti di ricerca. Le caratteristiche principali sono che i cittadini sono attivamente coinvolti nella ricerca, in partnership o attraverso la collaborazione con scienziati o professionisti, e c’è un esito autentico, come nuove conoscenze scientifiche, nuove azioni o cambiamenti politici.

Poiché l’economia circolare è un approccio sistemico, spesso il successo delle innovazioni “circolari” richiede un cambio di mentalità e comportamentale da parte degli utilizzatori finali (cittadini) affinché le soluzioni circolari siano effettivamente adottate.  Per favorire tale cambiamento è pertanto fondamentale accrescere la consapevolezza dei motivi e benefici connessi alle soluzioni “circolari” proposte in un dato sistema /territorio. Il coinvolgimento della cittadinanza attraverso percorsi di informazione, formazione, co-creazione e partecipazione dal basso ed inclusivi, porta alla creazione di questa conoscenza e consapevolezza circa le problematiche ambientali e relative soluzioni, creando quella necessaria accettazione sociale da parte delle comunità locali per una reale implementazione di sistemi e tecnologie eco-innovativi.

Formazione universitaria e post universitaria per l’economia circolare

La necessità di una forza lavoro qualificata e l’adeguamento dei sistemi d’istruzione e formazione, è elemento indispensabile allo sviluppo e alla diffusione di business e processi produttivi circolari per i quali si chiede sempre più alle imprese di disporre delle giuste competenze. Competenze che numerosi attori della formazione stanno cominciando già da qualche tempo a proporre nei propri percorsi, sia a livello di formazione professionale (sistema degli ITS, Istituti Tecnici Professionali) che a livello universitario e post universitario.

A livello universitario, il tema dell’economia circolare è un argomento multi-disciplinare che viene trattato in molti corsi di laurea. A livello italiano iniziano a nascere veri e propri corsi di laurea dedicati a questo ambito, anche se le iniziative sono ancora poche. Una maggiore presenza si riscontra invece a livello di master universitari, spesso svolti in collaborazione con partnership internazionali, a riprova della necessità di introdurre nuove competenze a supporto delle realtà aziendali. Si tratta di evoluzioni nelle logiche produttive che oggi le imprese hanno bisogno di cogliere e valorizzare al proprio interno, anche e soprattutto attraverso percorsi di acquisizione di conoscenze e competenze nuove. Per questo motivo le aziende cominciano a ricercare i Circular Economy Manager, che avranno il compito di rendere possibile la transizione da un modello di business lineare a circolare.

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Formazione verso il mondo della scuola

La popolazione studentesca, in Italia, è di circa 8,5 milioni di persone pari al 14% del totale (fascia d’età 5-19 anni). Essendo questa una fascia con alte aspettative di vita, inserire nel piano formativo degli studenti anche l’educazione alla sostenibilità, vuol dire massimizzare gli investimenti verso l’educazione al consumo consapevole che potrà, così, essere mantenuto nel tempo. Esistono, infatti, consumi eccessivi di alcuni beni legati al comportamento poco virtuoso dei singoli consumatori, come ad esempio, l’obsolescenza percepita di certi beni di largo consumo o lo spreco alimentare.

Sensibilizzare queste fasce di popolazione a temi inerenti lo sviluppo sostenibile, inoltre, può essere occasione per dare agli studenti un servizio di informazione e orientamento riguardo percorsi formativi utili ad accedere a professioni emergenti legate all’economia circolare e alla sostenibilità.

La scuola può diventare sempre più promotrice di processi di cultura sulla sostenibilità e luogo dove attuare processi di sviluppo verso l’innovazione tecnologica, che può aprirsi anche alla comunità dei cittadini.

Si tratta di un obiettivo difficile, ma imprescindibile. Difficile perché la modifica dei comportamenti e delle scelte personali dipende da una grande molteplicità di sensibilità, bisogni, esigenze e desideri, priorità, abitudini, storie personali. Imprescindibile perché l’impatto potenziale di queste misure è elevatissimo.

La condivisione necessaria: il lavoro di ICESP

La piattaforma italiana degli attori per l’economia circolare (ICESP) opera nella direzione di innescare, ispirare e supportare processi di transizione circolare con la massima condivisione tra i principali attori, per cogliere le opportunità e le potenzialità dell’economia circolare, trarre i benefici auspicati e superare le barriere facendo fronte alle necessità grazie al confronto e alla diffusione delle pratiche. È nata il 31 maggio 2018 come implementazione italiana dell’iniziativa europea ECESP (European Circular Economy Stakeholder Platform) per far convergere iniziative, esperienze, criticità e prospettive che il nostro Paese vuole e può rappresentare in Europa e per promuovere l’economia circolare in Italia (“The Italian way for circular economy”).

Ripresa post Covid, economia circolare, formazione

ICESP ha proposto nella Conferenza annuale, tenutasi nell’ottobre 2020, gli ambiti di intervento prioritari per la ripresa post COVID-19 come Agenda Strategica italiana dell’economia circolare, includendo tra questi proprio l’ambito della Formazione, informazione e cultura”. Citando il documento ICESP “Priorità per una ripresa post-covid”:  “Per un’effettiva implementazione delle pratiche di EC (economia circolare) è necessario un cambiamento culturale, fondato su un approccio trasversale alla formazione, che intervenga a livello di educazione primaria, secondaria, accademica e aziendale allo scopo di creare nuove figure professionali, sia nel pubblico che nel privato. Per abilitare queste azioni bisogna attivare pratiche di engagement e dialogo tra ricercatori, cittadini e policy makers, stimolando processi di partecipazione attiva e citizen science”.

 Le proposte ICESP

Queste le proposte della piattaforma italiana degli attori per l’economia circolare:

  1. La formazione scolastica ha un ruolo determinante per creare una cultura dell’EC e pertanto si propone di introdurre gli insegnamenti di EC nei corsi di formazione iniziale e continua e nei programmi scolastici a partire dalla scuola primaria in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e le amministrazioni regionali. Sensibilizzare la fascia di popolazione studentesca attraverso attività di formazione scolastica, incide sulla diffusione di un modello culturale di educazione al consumo ed è occasione per dare agli studenti un servizio di orientamento su percorsi formativi per professioni emergenti legate all’EC e alla sostenibilità;
  2. In ambito accademico, bisogna favorire l’attivazione di nuovi corsi di Laurea Triennale e Magistrale in EC e promuovere i percorsi già esistenti, con il supporto di reti collaborative tra istituti accademici e settore privato per condividere le best practices e migliorare i curricula di EC. Necessari anche corsi post-lauream per la formazione di risorse e nuove figure professionali (es. resource manager, circular economy manager, specialista del mercato delle materie prime/seconde, etc.) a supporto di aziende e PA;
  3. Formazione/Riqualificazione professionale del settore privato: è necessario sensibilizzare gli imprenditori sulle pratiche di EC e facilitare dei percorsi di formazione tecnico-politica-finanziaria ad hoc, verificando qualità dei formatori. L’obiettivo è di diffondere una nuova cultura imprenditoriale, basata sulla consapevolezza nell’uso efficiente delle risorse, lo scambio di buone pratiche, l’accesso alle nuove conoscenze e all’eco-innovazione. Le specificità e vocazioni territoriali devono essere centrali anche nell’attivazione di corsi professionali su EC;
  4. Formazione/Riqualificazione professionale per il settore pubblico, la formazione interna è necessaria per l’adozione degli strumenti offerti. Si auspica di agevolare l’accesso al percorso del Green Public Procurement (e relativa applicazione dei Criteri Minimi Ambientali – CAM) che rivestono un importante ruolo per incentivare il mercato verso una strategia circolare. Sono in corso iniziative di collaborazione tra mondo produttivo, UNI, consorzi per raccolta differenziata e recupero di materiali con l’obiettivo di riqualificare il personale tecnico e manageriale attualmente in servizio;
  5. La cittadinanza può essere coinvolta organizzando campagne di comunicazione (anche nelle scuole) per fornire dati e informazioni affidabili, coerenti, comparabili e verificabili, in accordo con il nuovo Green Deal europeo. Si incoraggia l’utilizzo di piattaforme per lo scambio di informazioni, ad es. su reperibilità e uso dei prodotti, promuovendo la ridefinizione delle relazioni con la società attraverso processi di partnership e di engagement e dialogo fra ricercatori, cittadini e policy makers, favorendo processi di partecipazione attiva e progetti di citizen science e crowdsourcing.

 

 

Questo contributo è stato redatto da Grazia Barberio, Francesca Cappellaro, Paola Sposato, Rocco Pentassuglia, Paola Nobili, Carla Creo, Sezione di Supporto al coordinamento delle attività sull’Economia Circolare del Dipartimento sostenibilità’ dei sistemi produttivi e territoriali ENEA (SSPT –SEC).

© Riproduzione riservata

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