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venerdì, Novembre 15, 2024

Imballaggi in carta: l’illusione della sostenibilità diventa packaging

Diversi studi sottolineano che la carta, rispetto alla plastica, conferisce al packaging un aspetto più sostenibile. Ma è davvero sempre così?

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Redazione EconomiaCircolare.com

La plastica contenuta negli imballaggi delle merci di largo consumo è un problema ormai conosciuto da tempo. Mentre il riciclo non riesce a tenere il passo con la produzione, una enorme quantità di questi materiali di scarto si accumula, anno dopo anno, tanto nelle discariche quanto nell’ambiente provocando disastri alla fauna marina, ai terreni coltivabili e all’ambiente circostante. Situazione che ha generato una coscienza civile nei consumatori che guardano sempre più in maniera negativa all’acquisto di questi prodotti, generando nelle aziende la preoccupazione della ricerca di una soluzione. Ma la soluzione in moltissimi casi nasconde e aumenta il problema.

Imballaggio in carta? È percepito come più sostenibile

Capita spessissimo infatti che l’imballaggio in plastica non venga sostituito, ma che a questo venga aggiunto un altro involucro in carta o cartone con l’obiettivo di dare una diversa e “sostenibile” percezione al consumatore finale. L’utente quindi acquisterà il prodotto pensandolo più “green” e con minore impatto sull’ambiente visto che si tratta di carta, senza considerare che sotto quel packaging ne troverà un altro, in plastica. Esistono una serie di ricerche – otto diversi studi riportati dalla Harvard Business Revew – con oltre 4.000 partecipanti provenienti da Stati Uniti, Regno Unito e Paesi Bassi, che riportano i comportamenti dei consumatori e le loro abitudini. Da questi studi si evince che chi compra percepisce l’imballaggio di un prodotto come più rispettoso dell’ambiente se ha uno strato aggiuntivo di carta (anche se sotto è di plastica), rispetto a chi vede e deve acquistare un prodotto uguale visibilmente confezionato in una confezione di plastica identica, ma senza la carta.

Ovviamente non è sempre così e ci sono anche aziende virtuose che lavorano alla riduzione della plastica negli imballaggi. Unilever, ad esempio, si è impegnata a dimezzare il suo utilizzo di plastica non riciclata entro il 2025, mentre la catena di supermercati britannica Tesco ha lanciato un’iniziativa di imballaggio sostenibile per ridurre la sua impronta annuale di 1,5 miliardi di pezzi di plastica (ovviamente aspettiamo di vedere i risultati di questi impegni). Il problema del sovra imballaggio è comune, per esempio, alla stragrande maggioranza delle confezioni di dentifricio: al necessario involucro di plastica aggiungono un cartone, e alle volte altra plastica che contiene tubetto e spazzolino. Una follia, inutile, dannosa e antieconomica.

Leggi anche: Regolamento imballaggi, la bocciatura della commissione Politiche Ue del Senato

Imballaggio minimo

Sempre nei diversi studi sulle preferenze dei consumatori, si legge che se al posto di imballaggi di carta aggiuntivi si aggiungesse alle confezioni – anche quelle necessariamente in plastica – un semplice adesivo con la scritta “imballaggio minimo”, la percezione sarebbe diversa e il risultato realmente più sostenibile: verrebbe scelto da chi acquista perché l’informazione precisa non lascerebbe dubbi. Più della metà degli intervistati, in un recente sondaggio Deloitte, ha affermato che considererebbe un prodotto sostenibile se utilizzasse un imballaggio minimo o riciclabile, indipendentemente dal materiale di cui è fatto l’imballaggio.

“Uno dei maggiori inquinatori al mondo”

La carta è spesso vista come un’alternativa sostenibile e rispettosa dell’ambiente, anche se in realtà non è davvero così, come spiega in dettaglio uno studio di FERN consultabile a questo link.

Portogallo, Cile e Indonesia svelano il costo ambientale e umano del passaggio agli imballaggi a base di carta. L’industria della cellulosa e della carta, ricostruisce FERN, è uno dei maggiori inquinatori al mondo. Parliamo di circa tre miliardi di alberi che vengono abbattuti ogni anno per soddisfare la domanda di imballaggi, senza contare l’utilizzo massivo di acqua dolce necessario alla produzione e il consumo di energia richiesto, pari al 4% dell’energia globale usate sul pianeta.

Gli imballaggi monouso vanno ridotti drasticamente quanto non indispensabili. Fern documenta diverse questioni aperte nelle diverse parti del globo, dai devastanti incendi boschivi in ​​Portogallo, alle intimidazioni e violenze nei confronti delle popolazioni indigene in Cile. E ancora il crollo del serbatoio di carbonio della Finlandia, fino alle piantagioni di alberi monocoltura della Svezia e la devastazione delle torbiere ricche di carbonio dell’Indonesia. Non esiste una soluzione diversa: bisogna cambiare abitudini, produrre di meno riutilizzando il più possibile ciò che si è prodotto, e abolire il monouso dalla stragrande maggioranza dei casi.

Leggi anche: Rethink Plastic Alliance: “Sul Regolamento imballaggi l’Ue deve avere più coraggio”

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