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mercoledì, Dicembre 4, 2024

“L’Italia che Ricicla 2024” di Assoambiente: priorità al riciclo così come alla riduzione delle emissioni

Lo studio, realizzato da ASSOAMBIENTE, Sezione UNICIRCULAR, con REF, descrive con dovizia di dati luci ed ombre del contesto italiano ed europeo del riciclo e delle materie prime seconde

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Redazione EconomiaCircolare.com

L’Italia che Ricicla 2024” è una documentatissima istantanea sul settore italiano ed europeo del riciclo, realizzata da ASSOAMBIENTE, sezione UNICIRCULAR, con REF, col patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica e di ISPRA.

Il lavoro si colloca in un contesto di intenso fermento normativo, sia a livello comunitario, con la revisione della Direttiva Quadro sui rifiuti, sia a livello nazionale, dove è prevista una revisione del D.lgs. n. 152/2006. Questo, si legge nel documento, “rappresenta una grande occasione per spostare il focus del settore dalla ‘gestione dei rifiuti’ alla ‘produzione di prodotti’, ponendo le condizioni per creare dei mercati delle materie prime seconde che esprimano valore e che permettano di attuare i principi dell’economia circolare all’interno di un sistema economico che sia allineato ai benefici ambientali derivanti dalla re-immissione nei circuiti produttivi di prodotti derivati dai rifiuti”.

Uno dei principali punti di caduta del report Assoambiente è infatti l’ecosistema normativo italiano ed europeo, non ancora allineato alla necessità di incentivare i mercati delle materie prime riciclate. “Le Istituzioni comunitarie stanno dimostrando la volontà di incidere maggiormente su tutto quanto ruota intorno all’economia circolare e al mondo del riciclo. – si legge nel documento – Il perimetro di interventi è decisamente ampio e trasversale a diversi flussi. La ratio sottesa ai vari interventi va nella giusta direzione. Tuttavia, affinché tali iniziative possano realmente incidere è essenziale che venga attribuita al riciclo una attenzione almeno pari a quella riservata alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti con il Green Deal.

 

Di seguito alcuni indicatori rilevanti che possono guidare nell’analisi delle performance nazionali.

 

 

Il riciclo vale il 2,5% del Pil italiano. Il settore dell’economia circolare rappresenta un importante volano economico per l’economia italiana, sottolinea il report di Assoambiente e REF: il valore aggiunto del settore si attesta al 2,5% del PIL. Un dato più alto della media europea che trova conferma anche sul fronte dell’occupazione: nel Belpaese lavorano circa 613 mila persone a tempo indeterminato nel comparto dell’economia circolare, circa il 2,4% degli occupati a tempo indeterminato;

riciclo circolarità economia

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Il tasso di circolarità italiano è del 18,7%. L’utilizzo di materiali riciclati nei processi produttivi rappresenta un pilastro della transizione verso un’economia circolare, con benefici ambientali ed economici. Il rapporto evidenzia che, nel 2023, l’Italia ha registrato un tasso di circolarità dei materiali del 18,7%, superiore alla media UE (il tasso di circolarità medio in Europa è pari all’11,5%), su valori superiori a quelli di Germania e Spagna, seppur inferiore a quello della Francia. Con punte del 47% nel caso dei minerali metalliferi.

Ricordiamo che l’obiettivo dell’Unione Europea, fissato nel “New Circular Economy Action Plan“, è di raddoppiare il tasso di circolarità dei materiali entro il 2030, portandolo al 23,2%. “Questo traguardo rimane ancora lontano per la maggior parte dei Paesi europei”.

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Ma il dato italiano, sottolinea Assoambiente, è in calo rispetto al passato. Questo declino è attribuito all’aumento del consumo di materie prime vergini a scapito di quelle riciclate, spinto dalla ripresa economica post-pandemia.

Per invertire questa tendenza, “sono necessari investimenti mirati e politiche che incentivino l’uso di materie prime seconde nei processi industriali”. Sino alla pandemia, il nostro Paese aveva registrato un costante aumento dell’utilizzo di materiali riciclati nei processi produttivi, dal 2020 questa tendenza si è invertita, con un aumento dei consumi, cui ha fatto da contraltare una riduzione dell’utilizzo di materie prime ottenute dal riciclo;

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Gli investimenti in economia circolare sono pari al 0,7% del PIL italiano. In Italia, la quota di PIL investita in economia circolare è pari allo 0,7%, inferiore sia alla media europea (0,8%) che ai livelli di Germania (0,9%) e Francia (0,8%). Questo dato, ammette il rapporto, “segnala un ritardo competitivo rispetto a Paesi leader del settore”. Dopo una crescita costante fino al 2019, gli investimenti italiani sono diminuiti durante e dopo la pandemia, rimanendo sotto i livelli pre-COVID. “Per rilanciare il settore – afferma Assoambiente – è essenziale aumentare gli investimenti, considerata l’importanza strategica dell’economia circolare per la sostenibilità e la competitività economica”;

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L’impronta di materia degli italiani è aumentata a 11,1 tonnellate pro capite. Dopo anni di costante crescita del consumo di materiale circolare utilizzato nei processi produttivi, la crescita del PIL degli ultimi anni ha attivato nuovo consumo interno di materie prime vergini (MPV), estratte in Italia o all’estero, a discapito della materia circolare, con un conseguente aumento dell’impatto ambientale dei processi produttivi italiani. Lo testimonia anche l’andamento dell’indicatore di impronta di materia, che misura tutta la materia vergine utilizzata per soddisfare il consumo e gli investimenti nel nostro Paese, in crescita negli anni recenti: nel 2023, per ogni italiano, sono state impiegate 11,1 tonnellate di materia. Rispetto al 2019, l’impronta materiale dell’economia italiana è aumentata del 5,5%, in un contesto europeo nel quale è diminuita mediamente del 6,3%, con riduzioni in Francia (-8,4%), in Germania (-14,2%) e in Spagna (-20,9%);riciclo circolarità economia

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Italia importatrice netta di materia prima seconda (MPS) per circa 8 milioni di tonnellate. Anche l’andamento dei mercati delle materie prime seconde, cartina di tornasole del corretto funzionamento di un sistema economico circolare, registra esiti da monitorare con attenzione. A livello europeo, nel 2023, il valore medio unitario delle MPS importate (647 euro/ton) è nettamente superiore a quello dei flussi esportati (524 euro/ton) e a quello scambiato all’interno dei confini comunitari (573 euro/ton). Questo, afferma il report, “documenta la dipendenza europea da Stati extra-UE per l’importazione di materie prime ad alto valore unitario, tanto vergini quanto riciclate, quali ad esempio tutte le principali materie prime critiche: un dato che sottende una carenza impiantistica di riciclaggio nel Vecchio Continente e che suggerisce l’opportunità di un sostegno all’industria del riciclo”. Emerge, secondo l’analisi di Assoambiente e REF, che la quotazione delle MPS esportate verso Paesi extra- UE è mediamente inferiore a quella delle MPS importate dai Paesi extra-UE. Evidenza che porta a suggerire due aspetti: in primo luogo, “la carenza di una capacità impiantistica di riciclo adeguata nel Vecchio Continente ha condotto ad una scelta ‘obbligata’, cioè quella di esportare verso Paesi terzi dei semilavorati a prezzi non sempre convenienti, generando quindi una doppia perdita di valore legata al mancato trattamento del rifiuto in Europa e alla mancata produzione e immissione sul mercato di nuovi prodotti derivanti dal riciclo effettuato in Europa da operatori europei”; in secondo luogo, “il minor valore delle MPS esportate rispetto a quelle importate può essere sintomo di una minore qualità del prodotto e quindi di una carenza nella capacità di gestione dei rifiuti non riciclabili in Europa, che ha condotto negli anni a trovare una soluzione in impianti collocati al di fuori del Continente. In questo caso, alla perdita di valore economico per il mancato trattamento del rifiuto nei Paesi comunitari si aggiunge l’impatto ambientale legato ai trasporti e, in alcuni casi, a una gestione dei rifiuti nei Paesi extra- EU non sempre conforme ai principi dell’economia circolare, come testimoniano le crescenti limitazioni che la disciplina comunitaria sta apportando all’esportazione fuori Europa di rifiuti non riciclabili”.

Nel 2023, l’Italia è risultata importatrice netta di MPS per circa 8 milioni di tonnellate, “a testimoniare – riflette Assoambiente – un potenziale di crescita che potrebbe essere sfruttato dall’industria del riciclo, se adeguatamente sostenuta, soprattutto nei settori dell’organico, dei metalli ferrosi e non ferrosi e del vetro”. I flussi in entrata provengono principalmente dall’Europa e dal continente americano, mentre i flussi in uscita sono diretti principalmente verso Turchia, India e Cina.

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