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sabato, Dicembre 14, 2024

La plastica può diventare più circolare. Un report di Google ci spiega come

Nel report "Closing the Plastics Circularity Gap", firmato da Google e Afara, un modello di interventi in grado di quantificare gli impatti delle potenziali soluzioni per ridurre il gap di circolarità della plastica, da adottare entro il 2040

Lucia Guarano
Lucia Guarano
Giornalista e autrice, ha firmato per Round Robin editrice il romanzo-inchiesta: “La Guerra è finita”, candidato al premio Strega 2016. Ha collaborato con numerose testate internazionali (Al Jazeera English, Al Arabiya, The National, T- Qatar - The New York Times Style Magazine e Qatar Tribune) e nazionali (Giornalettismo, Huffington Post, Apcom). Ha tradotto dall’inglese il graphic novel “La Lucha” (Ed. Verso Books). Nel 2020 ha firmato, “Ilaria Alpi. Armi e veleni, le verità interrotte”, inchiesta a fumetti uscita in edicola, in allegato al Fatto Quotidiano.

Come dare un impulso irreversibile all’economia circolare per la plastica e contemporaneamente mettere fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili? È la domanda a cui cerca di rispondere il report firmato da Google e Afara, “Closing the Plastics Circularity Gap”, partendo proprio dallo studio della produzione e dal riciclaggio di materie plastiche.

Il risultato è lo sviluppo di un modello di interventi in grado di quantificare gli impatti delle potenziali soluzioni, definendo anche una scala di priorità.

Lo scopo è, infatti, quello di raggiungere una maggiore comprensione di sfide e opportunità per creare un futuro in cui la plastica non sparisca, ma rimanga all’interno dell’economia, identificando gli interventi strategici da attuare a livello tecnologico, di investimenti e di scelte politiche.

I dati del report

Oggi vengono prodotte 276 milioni di tonnellate di plastica all’anno, di cui il 93 per cento proveniente da plastica vergine da filiere a base di prodotti petroliferi. Solo 21 milioni di tonnellate, il 7 per cento, viene recuperato come materiale riciclato.

In uno scenario standard, si prevede che la plastica riciclata entro il 2040 sarà più che triplicata, raggiungendo i 77 milioni di tonnellate, ma nello stesso periodo, il restante 86 per cento sarà messa in discarica, incenerita o dispersa nell’ambiente.

Il totale della plastica rispetto al volume proveniente da catene di approvvigionamento circolari è ciò che nel report viene definito Plastics circularity gap, ovvero il divario di circolarità della plastica. Collettivamente – si legge nello studio – possiamo ridurre questo gap perché consumatori, imprese e governi possono scegliere come produrre, utilizzare, riutilizzare e regolamentare la plastica. Tuttavia, colmare questo divario richiede molteplici interventi strategici.

E le azioni chiave richieste dall’economia circolare devono basarsi su: ripensare il design, ridurre il consumo di risorse, ottimizzare il sistema per mantenere in uso prodotti e componenti il ​​più a lungo possibile, rigenerare e preservare il capitale naturale e riciclare di più.

Leggi anche: “Solo il 9% della plastica viene riciclata”: i dati allarmanti del nuovo rapporto Ocse

Come ridurre il gap di circolarità della plastica

La ricerca prende in esame sei polimeri nelle tre principali regioni del mondo: Nord America, Europa e Asia, che rappresentano l’86 per cento della domanda mondiale di plastica. I sei polimeri sono: Acrilonitrile-butadiene-stirene (ABS), Policarbonato (PC), Poliestere tereftalato (PET), Polietilene (HDPE, LDPE, LLDPE), Polistirene (PS), Polipropilene (PP).

Stando ai risultati dello studio, ci sono cinque interventi strategici da implementare per ridurre il gap di circolarità della plastica entro il 2040. Il modello di intervento mostra come sia possibile colmare di quasi il 60 per cento l’attuale divario di circolarità, impattando un volume complessivo di 4,5 miliardi di tonnellate.

Nello specifico, il riciclaggio chimico (attraverso la decomposizione e percorsi di purificazione) colmerebbe il divario del 20 per cento, mentre l’aumento del riciclaggio meccanico lo ridurrebbe del 19 per cento. Entrambi gli interventi richiedono incentivi a riciclare di più, educazione e sensibilizzazione dei consumatori e una nuova tipologia di progettazione.

Il miglioramento del riciclaggio meccanico deve essere la priorità nel breve periodo, ma il rapporto suggerisce che il riciclaggio chimico sarà fondamentale nel lungo periodo nella gestione dei volumi attualmente mal gestiti.

Una tassa sulla produzione di plastica vergine dovrebbe diminuire la domanda di plastica per diversi tipi di imballaggi e prodotti e chiudere il divario del 13 per cento. E ancora, una migliore gestione dell’inventario grazie a un sistema evoluto di approvvigionamento, archiviazione e vendita di prodotti in plastica (o confezionati in plastica) può colmare il divario del 5 per cento.

Infine, l’educazione dei consumatori e incentivi per la riduzione dei consumi di plastica fornirebbe un ulteriore 1 per cento.

Leggi anche: Riciclo chimico o meccanico? “Non abbiamo ancora i dati per fare paragoni, ma potranno coesistere”

Tre elementi chiave: infrastrutture, Asia e approccio multiplo

Per raggiungere questi target, ci sono tre elementi chiave da valutare, si evince ancora dal report:

  • Le infrastrutture: sono la chiave per sbloccare un’enorme circolarità. Investimenti insufficienti e sottosviluppo nelle infrastrutture rappresentano un ostacolo alla gestione dei volumi di plastica. Lo studio dei dati e la tecnologia serviranno, invece, da lubrificanti per accelerare il progresso.
  • PE/PP/PET in Asia: rappresentano, tra le materie plastiche, la più grande opportunità da perseguire, nelle varie regioni del mondo.
  • L’approccio multiplo: più soluzioni da adottare in parallelo, e in continua evoluzione. Nel breve e medio periodo, fino al 2025, il miglioramento del sistema di riciclaggio meccanico deve essere la priorità. A lungo termine, con target 2040, il riciclo chimico sarà fondamentale per la creazione di catene circolari di approvvigionamento per i restanti volumi mal gestiti.

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