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venerdì, Novembre 15, 2024

Plastica in mare, in Grecia la prima scuola di pesca sostenibile che raccoglie e ricicla

Lefteris Arapakis, fondatore di Enaleia, racconta la sua sfida per aiutare le comunità costiere a coesistere in armonia con la natura grazie a nuovi modelli di business sostenibile e circolare

Nicoletta Fascetti Leon
Nicoletta Fascetti Leon
Giornalista pubblicista, allevata nella carta stampata. Formata in comunicazione alla Sapienza, in giornalismo alla Scuola Lelio Basso, in diritti umani all’E.ma (European Master’s Programme in Human Rights and Democratisation) di Venezia. Ha lavorato a Ginevra e New York nella delegazione UE alle Nazioni Unite. Vive a Roma e da nove anni si occupa di comunicazione ambientale e progetti di sostenibilità

Lefteris Arapakis è un giovane come tanti, cresciuto durante il crollo dell’economia greca al Pireo, il porto di Atene, in una famiglia di pescatori. La sua voglia “di fare qualcosa per aiutare” durante la crisi del suo paese gli è valsa il premio di European Young Champion of the Earth dell’UNEP. L’organizzazione che ha fondato nel 2016, Enaleia, è oggi un modello di impresa sostenibile che coinvolge oltre 1.300 pescatori e contribuisce a pulire il Mediterraneo dalla plastica, dimostrandoci che si può fare.

Per iniziare, ci racconti cosa ti ha spinto a fondare Enaleia?

Sono nato e cresciuto vicino al mare, da una famiglia di pescatori da cinque generazioni. Durante i miei studi ho lavorato part-time con mio padre, quindi nel 2016 conoscevo in prima persona la crisi economica che colpiva l’industria della pesca in Grecia. All’università avevo scelto di studiare economia e management, perché ero molto preoccupato per la crisi e volevo capire cosa stava succedendo, per cercare di aiutare.

L’idea di Enaleia è arrivata durante il culmine della crisi, quando si stabilirono i controlli sui capitali, la disoccupazione era al 29% e sentivo di dover fare qualcosa al riguardo. Un giorno, durante una discussione, mio padre mi disse che i pescatori volevano assumere personale per le loro barche ma non ne trovavano. Così, nel 2016, a 22 anni, decisi di fondare “Enaleia”, la prima scuola di pesca in Grecia per formare i disoccupati in pratiche di pesca sostenibile.

Come sei passato dal problema dell’occupazione alla raccolta della plastica?

Il pensiero di raccogliere e riciclare la plastica dai mari non mi era passato per la mente in quel momento. Voglio dire che avevo sentito parlare dell’inquinamento marino da plastica, ma è stato solo con la prima battuta di pesca che mi sono reso conto della portata del problema. È stato scioccante vedere i pescatori raccogliere insieme al pesce anche bottiglie di plastica, lattine di bibite, pneumatici e persino un frigorifero. E la loro soluzione era sempre la stessa. Rigettare i rifiuti in mare perché, mi dicevano, “la plastica non è un nostro problema”.

Ma dalle ricerche fatte sull’argomento ci siamo resi conto che lo è. Gli studi mostrano che entro il 2050 ci sarà più plastica che pesci nel mare. Dunque non servirà a niente formare più pescatori professionisti se tra pochi anni non ci sarà più niente da pescare. Così è nato Mediterranean CleanUp, una impresa di pulizia su larga scala, che lavora con i pescatori in Grecia e in Italia per raccogliere migliaia di chili di plastica dal mare ogni settimana.

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Come funziona la raccolta della plastica promossa da Enaleia e come vi finanziate?

Enaleia fornisce alle comunità di pescatori locali una formazione per renderle partecipi dell’azione globale per il clima. In primo luogo, incoraggia i pescatori a partecipare al progetto Mediterranean CleanUp promuovendo la raccolta della plastica dal fondo del mare, in cambio di una ricompensa monetaria per quella riportata a riva. In ogni porto in cui operiamo, un nostro partner raccoglie, smista e pesa la plastica marina conferita dai pescatori. I rifiuti sono immagazzinati al porto in speciali attrezzature di stoccaggio fornite da società di riciclo certificate, nostre partner. Una volta pieni, i container di rifiuti vengono trasportati per essere integrati nei processi di economia circolare. Raccogliamo anche le attrezzature da pesca dismesse per evitare che altra plastica finisca in mare e rimettiamo anche quelle nel ciclo economico.

In secondo luogo, forniamo formazione ai pescatori professionisti con il progetto Fish Smarter, che insegna a evitare la pesca eccessiva per preservare gli stock ittici e aumentare il reddito dei pescatori, tramite modelli moderni come la pescaturismo sostenibile. I finanziamenti arrivano da fondazioni e società private. Tutte le entrate sono investite per raccogliere più plastica dal mare, espandersi in più porti e invitare più pescatori a partecipare. La nostra rete di partner è composta da aziende e organizzazioni che condividono una visione comune per un mare più pulito e un ecosistema marino più sano.

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pesca sostenibile Grecia

Riguardo all’economia circolare, Enaleia sostiene che il 50% della plastica raccolta viene riciclata in nuovi prodotti. Puoi darci qualche dettaglio in più?

Quando abbiamo iniziato a raccogliere plastica dal mare, la grande domanda era: “cosa ne facciamo?”. Non volevamo trasferire il problema dal mare sulla terraferma, quindi abbiamo cercato e trovato partner che ci aiutassero a reimmettere questo materiale nell’economia.

Una parte degli scarti da attrezzi da pesca viene trasformata in prodotti, come i calzini di Healthy Seas nei Paesi Bassi. Il PET viene utilizzato da Ecoalf Foundation in Spagna, che lo trasforma in prodotti di moda sostenibile, come cappotti e scarpe. Una parte della nostra plastica mista oceanica e delle reti da pesca viene inviata a Gravity Wave in Spagna, dove fabbricano mobili di design. In collaborazione con i nostri partner greci Skyplast, siamo riusciti a trasformare oltre il 60% della plastica oceanica raccolta in pellet di plastica. Con questa materia prima, diverse aziende sono in grado di produrre quasi ogni tipo di prodotto.

Quale e quanta plastica viene raccolta dai pescatori di Enaleia? Qual è, nella tua esperienza, il problema più rilevante del riciclo?

In ogni porto in cui operiamo, un nostro partner raccoglie, smista e pesa la plastica marina fornita dai pescatori. In questo modo, siamo in grado di ottenere aggiornamenti settimanali sulla quantità di plastica marina raccolta, sul suo tipo e altri dati. La forma più comune di plastica raccolta dal mare sono gli attrezzi da pesca (quasi il 20%), mentre un dato interessante è che le bottiglie di plastica sono circa il 2-6%, mentre le cannucce di plastica sono quasi inesistenti.

La plastica marina necessita di un processo specifico per essere riciclata, che prevede varie fasi di lavaggio. Questo tipo di riciclo non può essere attuato in piccole quantità (es. 500 kg), quindi è necessario raccogliere almeno 10.000 kg di materiale alla volta per poterlo riciclare. Il problema più rilevante è che, di solito, la pulizia della plastica marina ha costi estremamente elevati ed è difficile raggiungere le quantità necessarie. Lavorando con i pescatori, al contrario, siamo in grado di raccogliere grandi quantità di materiale a costi molto bassi, in 2 o 3 settimane.

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pesca sostenibile plastica
Lefteris Arapakis
Enaleia opera anche con pescatori in Italia, dove è stata recentemente approvata la legge Salvamare. Su cosa si basa la vostra collaborazione?

Enaleia ha firmato un accordo di cooperazione con i rappresentanti delle comunità di pescatori di 4 porti della regione Emilia Romagna in Italia. La nostra attività si svolge dunque anche nei porti di Rimini, Ancona, Cattolica e Cesenatico e funziona come in Grecia.

In collaborazione con più di 650 pescatori di questi porti, ci concentriamo sulla raccolta degli attrezzi da pesca usati, per evitare che finiscano in mare e per facilitarne l’integrazione nell’economia circolare. Ritengo che l’iniziativa legislativa “Salva mare” sia un passo significativo verso la sostenibilità del nostro Mediterraneo. È sempre una buona notizia quando i governi sostengono gli sforzi per proteggere l’ambiente marino. 

Hai qualche raccomandazione per chi volesse avviare un’attività di raccolta della plastica in mare come quella greca?

Invece di dire al mondo cosa deve essere fatto, preferiamo mostrare come si fa e guidare con il nostro esempio. Iniziando in piccolo e agendo a livello locale, tutti insieme possiamo avere un impatto globale.

Abbiamo bisogno di più gruppi di persone, aziende, governi, ONG, pescatori e associazioni che si uniscano alla lotta contro l’inquinamento da plastica. A chi vuole fare qualcosa, consiglierei non solo di promuovere iniziative di pulizia, ma anche di assicurarsi che siano avviate campagne di prevenzione, policy e advocacy. Dobbiamo concentrare gli sforzi per la creazione di relazioni vantaggiose tra la società umana e la natura, per stabilire nuovi modelli di business sostenibili, che consentiranno alle comunità costiere di coesistere in armonia con il mare.

Abbiamo bisogno dell’impegno di tutti per vincere questa sfida.

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