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giovedì, Novembre 14, 2024

Dalla studio degli inquinanti alla lotta agli stereotipi: la storia di Cristina Mangia

Calare le proprie conoscenze in forme utili ad indagare la salute ed il benessere di cittadine e cittadini, e combattere gli stereotipi portando la scienza nei teatri. Conosciamo Cristina Mangia, ricercatrice al Consiglio Nazionale delle Ricerche e protagonista del podcast Poderosa

Alessandro Coltré
Alessandro Coltré
Giornalista pubblicista, si occupa principalmente di questioni ambientali in Italia, negli ultimi anni ha approfondito le emergenze del Lazio, come la situazione romana della gestione rifiuti e la bonifica della Valle del Sacco. Dal 2019 coordina lo Scaffale ambientalista, una biblioteca e centro di documentazione con base a Colleferro, in provincia di Roma. Nell'area metropolitana della Capitale, Alessandro ha lavorato a diversi progetti culturali che hanno avuto al centro la rivalutazione e la riconsiderazione dei piccoli Comuni e dei territori considerati di solito ai margini delle grandi città.

C’è un senso di urgenza alla base delle decisioni intraprese da Cristina Mangia, la voce di Poderosa – il podcast femminista e circolare di A Sud e Tuba – che nell’ultima puntata conduce chi ascolta verso una storia di impegno e di scienza al servizio della salute pubblica. Ricercatrice al Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Lecce, Cristina Mangia si occupa di inquinamento atmosferico e di impatti sulla salute. Questo slancio viene raccontato in prima persona a Laura Greco di A Sud e a Barbara Leda Kenny di Tuba, voci guida del podcast prodotto da Fandango in collaborazione con EconomiaCircolare.com

Ogni puntata di Poderosa contiene storie al femminile plurale: le decisioni personali prese dalle protagoniste compongono un romanzo di formazione che fa crescere percorsi collettivi, rivendicazioni e progetti sociali. Non viene raccontata soltanto una svolta necessaria per l’autorealizzazione. C’è l’esigenza di manifestare il famoso slogan femminista: il personale è politico. “I percorsi scientifici ti portano spesso a separare la parte razionale da quella emotiva, e invece ho cercato faticosamente di tenere insieme tutto“, racconta la ricercatrice.

In questo episodio il campo delle scelte ci porta a Taranto, Manfredonia e a Brindisi, dove le ciminiere dei petrolchimici e delle acciaierie hanno spezzato il fiato e i desideri di tante generazioni di pugliesi. La voce dell’ultima puntata di Poderosa tratteggia il mondo della ricerca negli anni Novanta, quando il Consiglio Nazionale delle Ricerche vive un momento di ricomposizione e di ripensamento. Nascono nuove sedi in tutta Italia, cercando di ridurre il divario  tra Nord e Sud. Così anche a Lecce apre la sede del Cnr, e Cristina Mangia lega il suo nome alla nascita dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima. La sua scelta poderosa? Occuparsi di ambiente nel mondo della fisica.

“Quando mi sono laureata occuparsi di ambiente voleva dire lavorare nella fisica di serie C, perché in seria A c’erano la fisica delle particelle, la fisica nucleare. Il Cnr in quegli anni stava cercando di riequilibrare la presenza dei luoghi di ricerca tra Nord e Sud. In quel periodo mi sono specializzata in inquinamento atmosferico e ho contribuito all’apertura del nuovo istituto a Lecce dedicato proprio allo studio della qualità dell’aria“, ricorda la ricercatrice.

Una comunità estesa di pari

Le storie ci aiutano a capire meglio concetti importanti. Accade anche in questa puntata di Poderosa. Grazie alle scelte di Cristina Mangia il Cnr diventa uno spazio di indagine sugli effetti degli inquinanti delle grandi industrie pugliesi. Il suo nome è infatti legato anche alle prime campagne di monitoraggio dell’aria e ai primi studi epidemiologici della Regione. Ma è con la sua  voce che capiamo l’approccio utilizzato per fare ricerca scientifica.

“Il primo studio sulle malformazioni che abbiamo fatto è nato grazie alla domanda di un medico neonatologo che nell’ospedale di Brindisi vedeva crescere delle malformazioni congenite cardiache. Perché cresce questo numero? Da questa domanda di un medico è nata un’indagine scientifica”.

Anche in questa puntata ascoltiamo il desiderio di spezzare consuetudini e di allontanarsi dai patriarchi del sapere, per concedere conoscenze, dati e strumenti alla comunità. In questo caso è la grammatica della scienza post normale a restituire informazioni alla cittadinanza. Grazie a Cristina Mangia chi ascolta Poderosa può conoscere questo preciso modo di condurre ricerche scientifiche. Si tratta di una relazione diversa tra scienza e società. Con l’approccio post normale i portatori di sapere si moltiplicano. Anche chi non indossa un camice bianco ha qualcosa da dire e da raccontare, soprattutto se lavora in un petrolchimico o in un’acciaieria. Sono “comunità estese di pari”. Così viene chiamata dalla scienza post normale la cittadinanza. Non più oggetti di una ricerca, ma singolarità partecipi di un processo scientifico che accorcia la distanza tra accademia e società.

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Impatto di genere e le domande giuste

Quando si decide di indagare la qualità dell’aria in aree industriali come Taranto e Brindisi le domande giuste diventano essenziali. Chi è che respira la diossina dell’Ilva? Chi è maggiormente esposto? Cristina Mangia lo spiega bene, raggiungendo chi ascolta con una lezione di tossicologia e di ecologia politica.

“Quando si va a valutare l’impatto di una sostanza contaminante dobbiamo tenere conto delle diversità della popolazione. Ci sono diversità sul piano fisiologico, sul piano ormonale. Poi ci sono le differenze legate al genere e all’esposizione dovuta a tanti fattori sociali. Quando abbiamo fatto uno studio in Val d’Agri – spiega Mangia facendo riferimento al centro oli di Viggiano – quello che è venuto fuori è che l’impatto sulla salute era più evidente nelle donne. Lì la questione era legata a un fattore sociale. Le donne sono più stanziali, molte di loro non lavorano e assorbono più inquinanti rispetto alla popolazione maschile”.

In molta letteratura epidemiologica la popolazione femminile registra tassi maggiori di ospedalizzazione o di insorgenza di malattie legate all’inquinamento perché restano di più a casa, quindi vicino le fabbriche e le aree contaminate. Per amplificare questo messaggio Cristina Mangia e un gruppo di scienziate portano nei teatri Scienziate visionarie, uno spettacolo che racconta le storie di vita di donne che hanno sfidato poteri e certezze per aprire campi di ricerca innovativi e inediti.

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Lo spettacolo teatrale “Scienziate visionarie”. A destra Cristina Mangia

Dopo l’iconica sigla di Fandango, questo racconto sonoro ci porta infatti in un teatro di Milano dove Mangia e le colleghe sono sul palco per interpretare Halis Hamilton, pioniera della tossicologia industriale. Nei primi anni del Novecento studiò l’esposizione ai veleni nei luoghi di lavoro lottando al fianco delle operaie e degli operai americani per diffondere consapevolezza sui rischi alla salute nei reparti delle grandi industrie del secolo scorso.

Le disuguaglianze sociali e di genere entrano nei polmoni, nel sangue e nei tessuti. E non è la differenza biologica a esporre maggiormente le donne, ma è l’aria velenosa e tossica del patriarcato.

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