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domenica, Dicembre 15, 2024

Si celebra oggi la prima Giornata internazionale rifiuti zero proclamata dall’ONU

A dicembre dell’anno scorso l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che proclama il 30 marzo “Giornata internazionale dei rifiuti zero” (International Day of Zero Waste). Ercolini (Zero Waste Italy): “Grande valore simbolico, politico, civile”

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Redazione EconomiaCircolare.com

Rifiuti zero si può, anzi di deve. Lo dice anche l’Onu: il 14 dicembre 2022, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione per proclamare il 30 marzo “Giornata internazionale dei rifiuti zero (International Day of Zero Waste). Oggi, quindi, è la prima Giornata internazionale rifiuti zero. “L’International Day of Zero Waste – spiega l’ONU – mira a promuovere modelli di consumo e produzione sostenibili, a sostenere il passaggio della società verso la circolarità e aumentare la consapevolezza su come le iniziative a zero rifiuti contribuiscano all’avanzamento dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”.

La risoluzione ricorda come “il settore dei rifiuti contribuisce in modo significativo alla triplice crisi planetaria del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e natura e dell’inquinamento”. Per questo la riduzione dei rifiuti, prima ancora che il riciclo, deve essere una strategia centrale per raggiungere gli obiettivi globali di sostenibilità.

“Dobbiamo agire ora”, ha dichiarato la direttrice esecutiva dell’UNEP Inger Andersen. “Abbiamo le competenze tecniche e la spinta all’innovazione. Abbiamo le conoscenze – sia scientifiche che indigene – per trovare soluzioni alla crisi dei rifiuti. La prima Giornata Internazionale Rifiuti Zero è un’opportunità concreta per costruire iniziative locali, regionali e nazionali per promuovere una gestione dei rifiuti rispettosa dell’ambiente e per contribuire agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”.

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Qualche numero

Per la Giornata internazionale rifiuti zero vale la pena ricordare che l’umanità genera annualmente circa 2,24 miliardi di tonnellate di rifiuti solidi urbani, “di cui solo il 55% viene gestito in impianti controllati”, sottolinea l’ONU. Entro il 2050 questi rifiuti saranno, dicono le previsioni, 3,9 miliardi di tonnellate. “Ogni anno, circa 931 milioni di tonnellate di cibo vengono perse o sprecate e fino a 14 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica entrano negli ecosistemi acquatici”.

E in Italia? Secondo ISPRA (Rapporto Rifiuti Urbani – Edizione 2022) dopo il 2020 caratterizzato dai drammatici effetti della pandemia, nel 2021 in Italia è tornata a crescere la produzione dei rifiuti urbani: +2,3% rispetto all’anno prima, 29,6 milioni di tonnellate in tutto. Questa crescita, sottolinea l’ISPRA, è, tuttavia, “inferiore a quella del PIL e dei consumi delle famiglie (rispettivamente 6,7% e 5,3%)”.
Quanto ai rifiuti speciali, quelli delle attività produttive, su  174,9 milioni di tonnellate di rifiuti complessivamente prodotte nel nostro Paese, quelle riconducibili alle attività economiche hanno  le raggiunto 81,1 milioni di tonnellate: e la tendenza, negli ultimi 10 anni, è sempre stata in crescita sia in termini assoluti sia come percentuale della produzione complessiva (unico leggero calo a seguito delle restrizioni per contenere la diffusione del COVID-19).

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La giornata internazionale rifiuti zero

Le iniziative a zero rifiuti possono favorire una sana gestione dei rifiuti e ridurre al minimo e prevenire gli sprechi, contribuendo ad affrontare la tripla crisi planetaria, proteggere l’ambiente, migliorare la sicurezza alimentare e migliorare la salute e il benessere umano”, sottolinea l’Onu.

Raggiungere zero sprechi richiede un’azione a tutti i livelli. Dall’estrazione delle materie prime alla progettazione dei beni alla produzione fino ai consumi, passando, ovviamente, per le regole. “I prodotti dovrebbero essere progettati per durare nel tempo e richiedere meno materiali e a basso impatto. Optando per metodi di produzione e trasporto meno dispendiosi in termini di risorse, i produttori possono limitare ulteriormente l’inquinamento e gli sprechi. La pubblicità e la gestione attenta della domanda possono ulteriormente consentire zero sprechi durante i cicli di vita dei prodotti”. Infatti, continua la nota delle Nazioni unite, “i consumatori possono anche svolgere un ruolo fondamentale nell’azzerare i rifiuti cambiando le abitudini e riutilizzando e riparando i prodotti il ​​più possibile prima di smaltirli correttamente”. Tutto questo, ovviamente, richiede un ecosistema abilitante: dalla progettazione dei beni con l’obiettivo di agevolare la durabilità e la riparabilità alla diffusione dei centri per il riuso.

La celebrazione della Giornata internazionale rifiuti zero, riflette Rossano Ercolini, padre nobile della strategia rifiuti zero, responsabile del Centro ricerca rifiuti zero di Capannori e coordinatore di Zero Waste Italy, ha “un altissimo valore non solo simbolico ma anche politico e civile. Tanto più che è stata promossa dal massimo consesso internazionale, coi limiti che l’Onu può avere. Magari mi sbaglio – aggiunge – ma c’è anche un po’ d’Italia in questo percorso: dall’adesione di Capannori come primo comune rifiuti zero in Europa alle tante battaglie condotte in Italia, che ricopre ruolo non marginale nello zero waste mondiale, al lavoro di disseminazione a livello di società civile, sia locale che globale”.

Durante la Giornata internazionale Rifiuti Zero, gli Stati, le organizzazioni del sistema delle Nazioni Unite, la società civile, il settore privato, il mondo accademico, i giovani e altri soggetti interessati “sono invitati a impegnarsi in attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica nazionale, subnazionale, regionale e locale a iniziative zero waste”.

Numerose le adesioni nel nostro Paese: “Sono tante – spiega Ercolini –  siamo attorno al centinaio. Tantissime le scuole che partecipano con le loro iniziate. Adesioni sono arrivate da tutte le Regioni, e ancora ieri ricevevamo nuove segnalazioni”. Ma adesioni arrivano anche da fuori i confini nazionali: “Quella che mi ha dato più soddisfazione – ci racconta Ercolini – è l’adesione dell’ambasciata italiana a Brasilia, che lavora in sintonia con le buone pratiche rifiuti zero”.

La campagna di EconomiaCircolare.com, Junker e Sfusitalia

Tra le iniziative per abbattere la produzione dei rifiuti e diffondere un modello di consumo più sostenibile, ricordiamo anche  la campagna informativa sullo sfuso e  il sondaggio  lanciato dal nostro magazine, dall’app Junker e dalla startup Sfusitalia. La campagna intitolata “Ma quanto sei sfuso/a?” è iniziata con una survey per “misurare” il livello di consapevolezza delle persone e verificare quali fattori ostacolino la maggiore diffusione dei punti vendita di prodotti sfusi. Ad oggi circa 5500 persone hanno già compilato il questionario. Un numero che ci permette di estrarre alcuni risultati, anche se parziali. Primo dato: meno della metà di chi ha compilato il questionario frequenta negozi che vendono (anche) prodotti sfusi. Altro dato interessante, soprattutto in prospettiva, è quello relativo chi non li frequenta: la stragrande maggioranza di queste persone vorrebbe fare acquisti nei negozi sfusi, ma non lo fa perché fatica a trovarli o a raggiungerli.

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La normativa sulla riduzione dei rifiuti

La prevenzione dei rifiuti, evitare cioè di produrli, è la prima opzione nella legislazione europea fin dalla direttiva Quadro Rifiuti del 1975 (1975/442/EEC). La direttiva europea quadro sui rifiuti (la 2008/98/CE recepita dall’Italia nel dicembre 2010) introduce l’obbligo, per gli Stati membri, di elaborare programmi di prevenzione dei rifiuti, che fissino specifici obiettivi, con lo scopo di “dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti”. L’Italia, allineandoci alla normativa comunitaria, ha adottato un Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, e anche il Piano d’Azione per l’Economia Circolare e il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti prevedono, ovviamente, misure per la riduzione.

Il Programma approvato dal nostro Paese nel 2013 indica i seguenti obiettivi:

  • Riduzione del 5% della produzione di rifiuti urbani per unità di Pil. Nell’ambito del monitoraggio per verificare gli effetti delle misure, verrà considerato anche l’andamento dell’indicatore Rifiuti urbani/consumo delle famiglie;
  • Riduzione del 10% della produzione di rifiuti speciali pericolosi per unità di Pil;
  • Riduzione del 5% della produzione di rifiuti speciali non pericolosi per unità di Pil.

Definiti gli obiettivi, il Programma indica un ventaglio di misure da mettere in pratica:

  • Riutilizzo. Le amministrazioni, ad esempio, dovrebbero avviar iniziative per favorire il riutilizzo dei prodotti; dovrebbero dare vita a centri per la riparazione e il riutilizzo, in particolare per i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche; avviare campagne di sensibilizzazione e informazione.
  • Poi ci sono e misure fiscali: sistemi fiscali o di finanziamento premiali per processi produttivi ambientalmente più efficienti e a minor produzione di rifiuto; revisione dei meccanismi di tassazione dei conferimenti in discarica e aumento della quota del tributo che le Regioni devono destinare alla promozione di misure di prevenzione dei rifiuti.
  • Rifiuti biodegradabili: valorizzare i sottoprodotti dell’industria alimentare; distribuzione eccedenze alimentari della grande distribuzione organizzata.
  • Rifiuti in carta e cartone: ridurre la quantità dei rifiuti cartacei costituiti dal materiale pubblicitario recapitato senza richiesta nelle cassette postali dei cittadini; dematerializzazione della bollettazione e di altri avvisi; riduzione del consumo di carta negli uffici pubblici e privati.
  • Imballaggi: diffusione di punti vendita di prodotti “alla spina”; favorire il consumo di acqua pubblica (del rubinetto).

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La (scarsa) pianificazione dei Comuni

A ragguagliarci sulle iniziative dei Comuni il report – “Indagine conoscitiva sulle misure di prevenzione della produzione dei rifiuti urbani adottate dai comuni” – elaborato dal Centro Nazionale dei Rifiuti e dell’Economia Circolare dell’ISPRA e pubblicata nel luglio 2022. I questionari compilati tornati ad ISPRA sono stati 1.614:  poco più del 20% del totale dei 7.901 comuni italiani. Al di là di singole iniziative spot (che abbiamo raccontato), qui vale la pene di ricordare che la riduzione dei rifiuti, come ogni altra azione complessa, richiederebbe una programmazione, una pianificazione. Purtroppo, in questo caso, la pianificazione non c’è. Infatti solo 532 Comuni (circa il 33% di quelli che hanno partecipato al sondaggio) ha affermato di aver “adottato un Programma/Linea guida per la prevenzione e la riduzione della produzione dei rifiuti urbani.

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