Prime. Dieci scienziate per l’ambiente, uscito per i tipi di Codice Edizioni e curato da Mirella Orsi e Sergio Ferraris, raccoglie le storie di dieci donne che avrebbero dovuto fare la storia dell’ecologia con i loro primati. La scelta di esplicitare le circostanze in cui queste scienziate sono state tirate fuori dalle segrete della Storia prova a fare luce sui meccanismi che hanno portato alla loro esclusione dalla memoria collettiva e a valorizzare finalmente il ruolo che hanno svolto.
Mirella Orsi si occupa di divulgazione e promozione della cultura scientifica, collabora con diverse testate giornalistiche tra cui La Repubblica e Le Scienze ed è vice-presidente dell’associazione Donne e Scienza. Sergio Ferraris è direttore della rivista Quale energia e collabora con La Nuova Ecologia. A fare da sfondo ai ritratti che compongono il libro da loro curato, il tentativo di mostrare che ci sono sempre state anche scienziate, nonostante le limitazioni imposte alle donne nelle diverse epoche storiche: Prime si propone di divulgare un’altra storia delle scienze ambientali.
Si scopre così che l’ecologia, un termine coniato nel 1866 da Ernst Haeckel a partire dal greco oikos (la casa), per indicare la “scienza dell’insieme dei rapporti degli organismi con il mondo circostante” che solitamente si usa far risalire al 1799 e alla partenza del naturalista e geografo Alexander von Humboldt per il Sudamerica, ha radici più remote nel tempo.
Maria Sibylla Merian
Il libro si apre infatti con il ritratto di Maria Sibylla Merian, pittrice e naturalista tedesca che nella seconda metà del diciasettesimo secolo si dedicò alla pittura di piante e insetti e alla loro osservazione scientifica, arrivando a rappresentare per prima quello che poi sarebbe stato chiamato “ecosistema” e a portare avanti una storia degli esseri viventi e delle loro interconnessioni che anticipa di cento anni la nascita ufficiale dell’ecologia. Trasferitasi in Olanda, viaggia nella colonia del Suriname, dove realizza la prima spedizione scientifica fuori dall’Europa. Nota tra i suoi contemporanei, le sue tracce si persero velocemente dopo la sua morte fino a quando, nel 1976, furono ritrovati alcuni suoi taccuini negli archivi di San Pietroburgo.
Eunice Newton Foote
A Eunice Newton Foote, suffragista e attivista contro lo schiavismo, che partecipò alla Convention di Seneca Falls nel 1848 dedicata ai diritti delle donne, toccò assistere alla critica pubblica della propria ricerca – senza diritto di replica poiché donna – sul rapporto tra gas a effetti serra e surriscaldamento climatico da parte di Joseph Henry, lo scienziato incaricato di illustrarla. Il suo nome riappare nel 2010 quando Raymond Sorenson, un geologo petrolchimico appassionato di libri scientifici antichi e con la fissa di studiare ogni volume presente sugli scaffali di casa, si imbatte nella sua ricerca leggendo l’Annual of scientific discovery del 1857, ne capisce la valenza pionieristica e inizia a ricostruire la storia della scienziata e di riflesso a riscrivere la storia.
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Mária Telkes e gli altri ritratti
Che dire di Mária Telkes, che fu cacciata dal MIT nonostante, o proprio perché, aveva scommesso – nell’era del tutto petrolio – sul sole come fonte di energia pulita e realizzato una casa prototipo insieme alla mecene e scultrice Amelia Peabody e all’architetta apertamente lesbica Eleanor Raymond. Decisamente troppo.
In alcuni passi della prefazione, Maurizio Melis sembrerebbe scivolare in una prospettiva essenzialista che non rende giustizia alle scienziate, assegnando alle donne caratteristiche “naturali”. Non tutti i capitoli del volume hanno la stessa qualità ma tutti hanno il pregio di spingere chi legge a volerne sapere. Sotto la penna di divulgatrici e divulgatori prendono vita: Jeanne Barret, nata nel diciottesimo secolo e fu così la prima a circumnavigare il mondo nei panni di Jean Barré, l’assistente del botanico Phillibert Commerson; l’ecologista statunitense Rachel Carson con la sua critica radicale del sistema produttivo capitalista; Laura Conti, femminista e figura dell’ecologismo italiano, le cui opere sono di nuovo accessibili grazie alla casa editrice Fandango che ha ripubblicato negli ultimi anni Una lepre con la faccia da bambina, Cecilia e le streghe, Questo pianeta e Il tormento e lo scudo; Sylvia Earle, Dian Fossey, Jane Goodall e Dana Meadows.
Un lavoro sull’immaginario quanto più necessario se si guardano ai recenti dati diffusi dall’Istituto Statistico dell’Unesco su donne nelle Stem (acronimo inglese per scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), che ci dicono che meno del 30% delle persone che fanno ricerca nel mondo sono donne mentre solo il 30% delle studenti si dedica a materie scientifiche nell’istruzione superiore. Per quanto riguarda in particolare le scienze naturali, la matematica e la statistica, la percentuale scende al 5 percento. Lo stesso studio afferma inoltre che le donne sono “pubblicate meno, pagate meno per le loro ricerche e non avanzano quanto gli uomini nella loro carriera”.
Prime è un piccolo quanto necessario tassello nel rapporto tra donne – che continuano ad essere figure marginali nella storia tramandata – e costruzione della memoria.
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