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sabato, Dicembre 14, 2024

Il rapporto di sintesi dell’IPCC sui cambiamenti climatici raccontato coi numeri

Pubblicato il 20 marzo, il report di sintesi dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) raccoglie i contenuti principali della ricerca mondiale sul clima e rappresenta la raccolta di raccomandazioni scientifiche su cui baseranno le proprie scelte i governi nel prossimo decennio

Alessandra De Santis
Alessandra De Santis
Educatrice e comunicatrice ambientale, per il giornale si occupa di applicazioni web e multimediali e di coordinamento esecutivo. Dopo gli studi in biologia segue il Corso EuroMediterraneo di giornalismo ambientale Laura Conti. Dal 2016 collabora con l'associazione A Sud e con il CDCA - Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali, per cui si occupa di educazione ecologista, formazione e progetti per costruire una maggiore consapevolezza sui modelli di produzione e consumo sostenibili. Dal 2017 coordina il lavoro di mappatura per l'Atlante Italiano dell'Economia Circolare. Nel 2020 contribuisce all'ideazione e al lancio della rivista EconomiaCircolare.com. Presidente di Editrice Circolare Soc. Coop. editrice di EconomiaCircolare.com

Lunedì 20 marzo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha pubblicato il Rapporto di Sintesi del suo Sesto Rapporto di Valutazione dei cambiamenti climatici. Il rapporto – come EconomiaCircolare.com ha già raccontato – presenta le evidenze scientifiche più recenti e aggiornate sui cambiamenti climatici, sottolineando come sia “più probabile che non” che le temperature globali raggiungano un riscaldamento di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, ponendoci sulla rotta di un superamento dell’obiettivo fissato dalle Parti alla conferenza sul clima di Parigi del 2015.

Sebbene il Rapporto di Sintesi non contenga nuovi dati scientifici, esso raccoglie i contenuti principali della ricerca mondiale sul clima e formula una guida pratica per i governi e i decisori che in tutto il mondo stanno cercando di attuare un cambiamento positivo.

Non essendo prevista la pubblicazione di nuovi Rapporti dell’IPCC prima del 2030, questa cruciale edizione rappresenta la raccolta di raccomandazioni scientifiche su cui baseranno le proprie scelte i governi nel prossimo decennio.

Ve la raccontiamo attraverso i numeri principali:

1,1       L’aumento medio della temperatura globale, in gradi, rispetto all’era preindustriale. “Più di un secolo di utilizzo di combustibili fossili e di uso iniquo e non sostenibile dell’energia e del suolo ha portato a un riscaldamento globale di 1,1°C rispetto ai livelli preindustriali”, leggiamo nel report dell’IPCC. L’aumento è stato maggiore sulla terraferma (1,59 gradi) rispetto agli oceani (0,88). Da questa situazione sono scaturiti eventi meteorologici estremi più frequenti e più intensi che hanno causato impatti sempre più pericolosi sulla natura e sulle persone in ogni regione del mondo. Nel 2018, l’IPCC ha evidenziato la portata senza precedenti della sfida necessaria a contenere il riscaldamento entro 1,5°C. Cinque anni dopo, questa sfida è diventata ancora più grande a causa del continuo aumento delle emissioni di gas serra. “Il ritmo e la portata di ciò che è stato fatto finora, e i piani attuali, sono insufficienti per affrontare il cambiamento climatico”, sostiene il panel di scienziati;

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1,3%    Il tasso medio di crescita annuale delle emissioni climalteranti nel decennio 2010-2019. “Le emissioni medie annue di gas a effetto serra nel periodo 2010-2019 sono state superiori rispetto a qualsiasi decennio precedente”, si legge nel report. Anche se il tasso di crescita tra il 2010 e il 2019 (1,3%/anno) è stato inferiore a quello tra il 2000 e il 2009 (2,1%). Le emissioni nette cumulate storiche di CO2 dal 1850 al 2019 sono state di circa 2.400 miliardi di tonnellate. Di questi circa il 42% emessa negli ultimi 30 anni (1990 e il 2019);

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Fonte: IPCC

1,5       L’aumento di temperatura (rispetto alla media preindustriale) che “probabilmente” il pianeta raggiungerà entro il secolo. “Le emissioni globali di gas serra nel 2030 derivanti dai contributi determinati a livello nazionale (Nationally Determined Contributions – NDC) annunciati dai Paesi rendono probabile che il riscaldamento supererà il limite di 1,5°C durante il 21° secolo”, spiega l’IPCC. E “renderanno più difficile limitare il riscaldamento al di sotto dei 2°C”;

Tra gli obiettivi enunciati dagli accordi globali e gli impegni dei Paesi c’è una grande distanza: “Esistono delle discrepanze tra le emissioni previste dalle politiche attuate e quelle previste dai NDC, e i flussi finanziari non raggiungono i livelli necessari per raggiungere gli obiettivi climatici in tutti i settori e in tutte le regioni”. Ogni incremento del riscaldamento globale, sottolineano gli autori, “intensificherà rischi multipli e concomitanti. Riduzioni profonde, rapide e sostenute delle emissioni di gas serra porterebbero a un sensibile rallentamento del riscaldamento globale entro circa due decenni, e anche a evidenti cambiamenti nella composizione atmosferica entro pochi anni”;

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34%     La quota di emissioni di cui è responsabile il settore energetico. La produzione di energia è il maggiore responsabile delle emissioni climalteranti, secondo il report. Le emissioni nette di gas serra sono aumentate dal 2010 in tutti i principali settori. Nel 2019, circa il 34% (20 GtCO2-eq) delle emissioni globali nette di GHG proviene dal settore energetico, il 24% (14 GtCO2-eq) eq) dall’industria, il 22% (13 GtCO2-eq) da agricoltura, foreste e altri usi del suolo (AFOLU – Agriculture, Forestry and Other Land Use), il 15% (8,7 GtCO2-eq) dai trasporti e il 6% (3,3 GtCO2-eq) dagli edifici. L’efficienza nei consumi energetici, nelle attività industriali e nei trasporti “sono state inferiori all’aumento delle emissioni dovuto all’aumento dei livelli di attività globali”;

15        “Quasi la metà della popolazione mondiale vive in regioni altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Nell’ultimo decennio, i decessi per inondazioni, siccità e tempeste sono stati 15 volte superiori nelle regioni altamente vulnerabili“, ha spiegato Aditi Mukherji, uno dei 93 autori di questo Rapporto di sintesi. “Ogni aumento del riscaldamento comporta una rapida escalation di questi fenomeni. Ondate di calore più intense, precipitazioni più violente e altri fenomeni meteorologici estremi aumentano ulteriormente i rischi per la salute umana e gli ecosistemi”, sottolinea il documento: “In ogni regione, le persone muoiono a causa di estremi di calore. L’insicurezza alimentare e idrica legata al clima è destinata ad aumentare con l’aumento del riscaldamento”;

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53%     Al 2020, legislazioni focalizzate sulla riduzione delle emissioni di gas serra (mitigazione) esistevano in 56 Paesi, coprendo il 53% delle emissioni globali. “L’applicazione di diversi strumenti politici per la mitigazione a livello nazionale e subnazionale è cresciuta costantemente in una serie di settori”, spiega l’IPCC. Tuttavia, “la copertura delle politiche non è uniforme tra i settori e rimane limitata per le emissioni provenienti dall’agricoltura, dalla materiali e dalle materie prime industriali”;

85%     La riduzione dei costi dell’energia solare dal 2010. La tecnologia per la transizione ecologica e per la lotta alla crisi climatica è sempre più economica. I costi unitari di diverse tecnologie a basse emissioni sono in costante calo, ricorda l’IPCC. “Innovazioni di design e di processo in combinazione con l’uso delle tecnologie digitali hanno portato alla disponibilità quasi commerciale di molte opzioni a basse o zero emissioni nell’edilizia, nei trasporti e nell’industria”. Dal 2010 al 2019 si sono verificate diminuzioni sostenute nei costi dell’energia solare (dell’85%), dell’energia eolica (del 55%) e delle batterie agli ioni di litio (dell’85%) e forti aumenti nella loro distribuzione. L’elettricità da fotovoltaico ed eolico è ora più economica dell’elettricità da fonti fossili in molte regioni, sottolinea il report. “I veicoli elettrici sono sempre più competitivi rispetto ai motori a combustione interna e su larga scala lo stoccaggio delle batterie sulle reti elettriche è sempre più fattibile. Il mantenimento di sistemi ad alta intensità di emissioni può, in alcune regioni e settori, essere più costoso di passaggio a sistemi a basse emissioni”;

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93        Il numero di autori del report. Un numero che al suo interno riflette e conserva le disuguaglianze globali. Dei 93 autori, come spiega una nota dell’IPCC, 52 sono uomini e solo 41 donne. La maggior parte degli autori, 56, provengono da Paesi sviluppati, 37 da Paesi in via di sviluppo.

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