C’è un caso in cui produrre rifiuti è un fatto positivo: è quello della depurazione delle acque reflue cittadine, i cui rifiuti – i fanghi di depurazione – possono essere avviati a recupero producendo energia e ricavando nutrienti. Infatti il ciclo idrico “si chiude” quando l’acqua prelevata dalla fonte torna in natura debitamente depurata: più la gestione delle acque è virtuosa e il sistema di depurazione efficiente ed efficace, tanto maggiore è la produzione di fanghi. Più fanghi si producono meglio è, perché vuol dire che gli scarichi sono trattati nel rispetto degli standard ambientali. Se poi – come racconta Ref Ricerche, che al tema ha dedicato il position paper “Nutrienti ed energia dai fanghi: l’economia circolare alla prova dei fatti” – vengono trattati correttamente, i benefici ambientali sono evidenti, soprattutto per la tutela della vita nei fiumi e nei mari.
18 mila depuratori e 1,6 milioni di persone ancora senza
In Italia, spiega il documento della società di ricerca e consulenza, sono in esercizio oltre 18 mila impianti di depurazione delle acque reflue urbane, un numero che, pur in aumento, non è tuttavia sufficiente a soddisfare i fabbisogni della popolazione: ancora oggi, 1,6 milioni di italiani vive in aree prive di depuratore – fatto che ci è costato un procedure di infrazione da parte dell’Unione europea.
3,1 milioni di tonnellate di fanghi di depurazione
Ogni anno questi 18 mila impianti producono 3,1 milioni di tonnellate di fanghi, la frazione di materia solida che rimane alla fine del processo di depurazione. La Lombardia è la Regione con il maggior quantitativo prodotto, oltre 445mila tonnellate (14,2% dei fanghi prodotti in Italia), seguita dall’Emilia-Romagna con 387mila tonnellate (12,4%). In termini pro capite, invece, la regione con il più alto quantitativo di fanghi prodotti è il Trentino-Alto Adige. “Vista da questa prospettiva – sottolinea Ref Ricerche – l’Italia si conferma un Paese a geometria variabile, con un Nord in generale meglio attrezzato e un Centro-Sud, in emergenza”.
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Vince la discarica, minoritario il recupero di energia e nutrienti dai fanghi di depurazione
Di questi 3,1 milioni di tonnellate, 2,9 sono effettivamente gestiti. Dove ‘gestiti’ nel 56,3% dei casi (1,6 milioni di tonnellate di fanghi) significa solo ‘portati in discarica’. Mentre il recupero – che vuol dire recupero di energia, grazie al biogas prodotto dalla digestione dei fanghi, e di materia, con il recupero di azoto e fosforo – resta minoritario.
“A testimonianza – si legge nel report, che si basa su dati Ispra – di come vi siano ampi spazi per la valorizzazione dei fanghi di depurazione”.
A livello regionale, sempre la Lombardia è la Regione dove vengono recuperate le maggiori quantità di fanghi (631mila tonnellate). Si tratta di un ammontare che supera quanto recuperato complessivamente da tutte le altre regioni (pari a 536 mila tonnellate), per un totale di oltre 1 milionr di tonnellate. Il Lazio, al contrario, con solo 16 mila tonnellate recuperate, è la Regione dove le quantità smaltite sono più elevate (280mila), seguito da Emilia-Romagna (219mila) e Toscana (216mila).
Il Recupero – leggiamo nel report “Nutrienti ed energia dai fanghi: l’economia circolare alla prova dei fatti” – permetterebbe, da una parte, di chiudere il ciclo della frazione organica, in un orizzonte industriale capace di attrarre nella stessa rete sia i rifiuti urbani che gli speciali (cioè di produzione agroindustriale), dall’altro di dare un contributo alla decarbonizzazione dell’economia, consentendo di sostituire fonti fossili con fonti rinnovabili”.
1,3 milioni di tonnellate in più da gestire, se realizzeremo i depuratori mancanti
Se sono evidenti già oggi le criticità e i forti limiti della depurazione e della gestione dei fanghi, la situazione rischia di aggravarsi ulteriormente se e quando l’Italia decidesse di mettersi in regola costruendo i depuratori che ancora servono. La produzione di fanghi arriverebbe, stima Ref Ricerche, a circa 4,4 i milioni di tonnellate all’anno, ossia 1,3 milioni di tonnellate in più da gestire.
Attualmente, solo la Lombardia può vantare una capacità impiantistica capace di gestire in un’ottica di recupero, quindi di piena valorizzazione, l’incremento atteso di 239 mila tonnellate/anno derivante dal completamento delle fognature e dei depuratori mancanti.
Da depuratori a bioraffinerie
In questo contesto, gli operatori industriali del servizio idrico stanno cogliendo le condizioni favorevoli promosse dalla regolazione dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera), per avviare impianti tecnologicamente avanzati: una risposta integrata che si fonda sulla creazione di hub per trasformare i depuratori tradizionali in piattaforme per il recupero delle risorse contenute nei fanghi, le cosiddette “bioraffinerie”. “Interventi – sottolinea il report – che uniscono con chiaro benefico ambientale, in termini di minori emissioni di inquinanti, ed un beneficio economico grazie al recupero di nutrienti ed energia”.
Esempi virtuosi dal territorio. Prove di bioeconomia
“Gestione dell’acqua e dei rifiuti fanno parte di uno stesso ciclo industriale”, ha commentato Donato Berardi, direttore del think tank sui servizi pubblici locali di Ref: “Alcune esperienze innovative sul territorio nazionale mostrano che dai fanghi si possono recuperare energia e materia, risorse nobili al servizio della bioeconomia”.
Vediamo alcuni esempi.
CAP Holding ha inaugurato un progetto di simbiosi industriale tra il termovalorizzatore e il depuratore (già dotato di due biodigestori) presenti nel comune di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. L’iniziativa prevede la valorizzazione termica dei fanghi prodotti da tutti i depuratori (circa 40) gestiti del Gruppo CAP, generando calore per il teleriscaldamento (75%) e fosforo come fertilizzante (25%).
In Veneto, nell’impianto di depurazione del Comune di Carbonera gestito dal gestore Alto Trevigiano Servizi (ATS), sono state implementate due tecnologie innovative nell’ambito del progetto Horizon 2020 Smart Plant: una per ridurre i consumi energetici della linea fanghi del depuratore recuperando fanghi arricchiti di fosforo, una per produrre biologicamente polidrossialcanoati, ovvero i precursori di bioplastiche biodegradabile, dalla stessa cellulosa presente nelle acque reflue e attraverso processi fermentativi.
CAFC, il gestore unico integrato della Provincia di Udine, ha predisposto un piano pluriennale per arrivare al trattamento centralizzato di tutti i fanghi di depurazione presso il sito di San Giorgio di Nogaro, ipotizzando costruzione di un hub per il trattamento finale dei fanghi attraverso attività di recupero energetico.
Altri, per esempio HERA, hanno optato per la valorizzazione dei “fanghi di alta qualità” come prodotto fertilizzante, quali il compost e i gessi di defecazione o avevano già avviato un percorso di valorizzazione energetica dei fanghi via digestione anaerobica con la produzione di biogas, come nel caso di SMAT Torino.
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