A Roma iniziative di inclusione socio-lavorativa di comunità a margine della società non trovano spazio, neanche nel settore dei rifiuti. Ne è un esempio il progetto proposto dall’associazione LILA per l’inclusione delle persone nomadi censite di Campo Salone (VI Municipio) nella gestione e riparazione dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), che non è mai stato realmente considerato.
La proposta del Laboratorio Idee Lavoratori per l’Ambiente fonda le sue radici nelle 3R dell’economia circolare: riuso, riparazione e recupero. Privilegiando la riparazione e l’eventuale riuso di beni durevoli ancora in buono stato di conservazione e puntando alla valorizzazione delle frazioni commerciabili, “si aggiunge anche una quarta R”, sottolinea il presidente dell’associazione LILA Maurizio Marchini, “quella della riduzione del materiale destinato alla discarica”.
La forza del progetto risiede anche nella scelta di mirare all’integrazione sociale di una comunità di persone nomadi già insediata sul territorio di Roma da tempo e nelle cui attività è presente, per tradizione, anche la lavorazione dei metalli. Fornendo dunque direttamente alle persone nomadi censite di Campo Salone i rifiuti raccolti da Ama spa negli appositi centri di raccolta, si potrebbe ovviare anche al problema dell’igiene e dei disagi derivanti dalla ricerca giornaliera di questi materiali nei rifiuti presenti nei cassonetti lungo la strada.
Una gestione ferma al 2015
La proposta presentata dall’associazione LILA per il VI Municipio di Roma, ha previsto anche uno spazio terzo, in prossimità di Campo Salone, dove le persone nomadi potrebbero svolgere le attività di trattamento e lavorazione dei rifiuti ingombranti provenienti dai Centri di Raccolta (CdR) di Ama. “Il problema dei nostri CdR” dichiara Maurizio Marchini ad Economiacircolare.com “è che sono piccoli per questa tipologia di riuso e sono anche pochi, ne abbiamo solo 13 e servono un bacino di quasi 3 milioni di persone”. Essendo sia piccoli che pochi, questi centri raggiungono la capienza massima in poche ore e il cittadino intento a smaltire il rifiuto ingombrante, trovando il CdR esausto, sarà portato ad abbandonarlo in prossimità dei contenitori dei rifiuti indifferenziati accessibili per strada o nelle tante discariche abusive a cielo aperto createsi negli anni.
Il tema della gestione dei rifiuti a Roma si ramifica dunque in due strade che, se non vengono messe in comunicazione, difficilmente porteranno ad una vera chiusura del ciclo dei rifiuti: il sistema di raccolta e il sistema dell’impiantistica. Secondo i dati forniti dall’associazione ATIA-ISWA ITALIA, fonte di informazione tecnica nel settore della gestione dei rifiuti, nel primo semestre del 2015 il tasso di raccolta differenziata cittadina al 43% posizionava Roma ai massimi livelli tra le grandi città europee. Sull’onda dell’entusiasmo, Ama si era posta l’obiettivo di arrivare al 70% entro il 2018. Secondo i dati di ATIA-ISWA, relativi al gennaio 2024, la capitale è ferma al 46,11% di raccolta differenziata ma con meno impianti di allora. In quasi un decennio, dunque, un aumento di soli tre punti percentuali è sintomo di gravi cronicità di gestione della fase di raccolta, considerando soprattutto come nello stesso arco di tempo i tassi di differenziata sono aumentati pressoché in tutta Italia.
Queste difficoltà di Ama sono aggravate dall’inefficienza e insufficienza del sistema impiantistico. La municipalizzata infatti ha a disposizione solo un impianto di compostaggio e 3 impianti di Trattamento Meccanico Biologico (TMB) per l’indifferenziata, che però hanno capacità limitata o non sono pienamente operativi, spesso a causa di incendi, come quello scoppiato a giugno 2022 nel TMB2 per via della presenza di una batteria al litio tra i rifiuti indifferenziati, e/o per la non adeguata manutenzione, come nel caso della chiusura del TMB1 ad opera di ARPA Lazio. Ciò fa sì che del milione e mezzo di tonnellate di rifiuti urbani prodotti ogni anno, Ama ne riesca a trattare solo il 13%. Del restante, il 52% è diretto presso impianti di soggetti terzi a Roma, il 17% verso quelli della regione Lazio (discariche o termovalorizzatori) e il 20% fuori regione.
La gestione dei RAEE in Italia
Secondo la direttiva 2012/19/UE “la raccolta differenziata è una condizione preliminare per garantire il trattamento specifico e il riciclaggio dei RAEE”. Sull’attuazione di questa direttiva europea si basa la normativa del Centro di Coordinamento RAEE, l’ente nazionale che si occupa di ottimizzare la raccolta, il ritiro e la gestione di questi rifiuti sotto la supervisione del MASE e del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Il sistema di gestione dei RAEE del CdC è multi-consortile e si fonda sull’azione responsabile in ottica di economia circolare dei diversi attori coinvolti. I Centri di Raccolta comunali di Ama sono iscritti a questo sistema e dunque si avvalgono sia del servizio di ritiro dei RAEE ad opera dei sistemi collettivi sia dei contributi economici messi a disposizione dai produttori di AEE per incrementare l’efficienza del sistema. La responsabilità anche economica del produttore è una delle leve messe in atto dall’Unione Europa per incoraggiare la progettazione e produzione di AEE che “tengano pienamente in considerazione e ne facilitino la riparazione, l’eventuale adeguamento al progresso tecnico, il riutilizzo, lo smontaggio e il riciclaggio”.
Secondo l’ultimo rapporto annuale del CdC, in Italia nel 2022 sono state raccolte 361.381 tonnellate di RAEE, con un tasso di raccolta al 34,01% rispetto al 65% imposto dalla direttiva UE. I fattori sono molteplici, primo fra tutti la dispersione dei RAEE originata sia dall’attribuzione di un codice EER non corretto sia dall’esistenza di flussi paralleli sfruttati da chi sceglie di operare a proprio vantaggio al di fuori dai canali ufficiali, ma anche dal mancato conferimento, soprattutto dei RAEE di piccole dimensioni, da parte dei cittadini. Dal rapporto 2022 emerge inoltre una forte disparità nella raccolta tra le varie regioni, dovuta anche dal minor numero di CdR comunali nelle regioni del Centro e del Sud rispetto a quelle del Nord: dei quasi 4.400 CdR presenti in Italia, solo il 15% si trova nelle regioni del centro. A titolo esemplificativo, in Lombardia sono state raccolte quasi 65 mila tonnellate di RAEE, nel Lazio 31 mila, in Calabria solo 10 mila.
L’inclusione? Al Nord
Non a caso è nei Comuni di Forlì-Cesena, Bologna e Ferrara che “al recupero di materia si unisce il recupero della persona” dichiarava nel 2018 ad Economiacircolare.com Manuela Raganini, presidente di Formula Solidale, cooperativa sociale che ha come obiettivo l’inserimento lavorativo di persone particolarmente svantaggiate.
Con il progetto interprovinciale RAEE in Carcere – che vede in prima fila Hera in collaborazione con Techne, le amministrazioni locali, i consorzi RAEE Ecolight ed Ecodom, agenzie di formazione professionale e cooperative sociale – si contribuisce all’inclusione socio-lavorativa di persone in esecuzione penale o reduci dal carcere inserendole in un processo industriale professionalizzante nell’attività di recupero di questi rifiuti. Dal 2013 sono stati assunti con contratto a tempo indeterminato in aziende del territorio specializzate nel settore del recupero 17 detenuti; mentre 44 sono impiegati nei 3 laboratori dello smontaggio RAEE che provengono dai centri di raccolta differenziata del Gruppo Hera. In totale sono stati coinvolti 105 ex detenuti e sono state trattate 5.169 tonnellate di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Perché a Roma no?
Il progetto proposto da LILA ha trovato consenso sia nell’associazione 21 luglio – che aveva provveduto a censire le persone nomadi di Campo Salone – sia nel presidente del IV Municipio Nicola Franco. I vantaggi, dunque, sono evidenti ma, come dichiara Maurizio Marchini a Economiacircolare.com, “l’assessora al ciclo rifiuti Sabrina Alfonsi voleva un progetto industriale, non ha visto che il nostro è anche un programma di integrazione sociale di una comunità già presente sul territorio di Roma”. A tal proposito abbiamo chiesto una replica al Comune di Roma, finora senza esito, ma appare chiara la direzione industriale dall’investimento di oltre 700 milioni di euro nel piano quinquennale 2023-2028 di Ama, approvato a gennaio scorso.
“Noi come associazione non pensiamo servano 30 nuovi CdR come vuole il nuovo piano per Ama, la metodologia di raccolta che si sta avviando sull’itinerante nel Nord Italia è molto più pratica, economica ed efficace. Infatti, pensiamo sia molto più efficiente posizionare degli scarrabili per la raccolta di ingombranti e RAEE in degli spazi ampi come gli slarghi intorno ai mercati piuttosto che costruire altri CdR” conclude il presidente di LILA.
Questo articolo è stato realizzato nell’ambito del workshop conclusivo del “Corso di giornalismo d’inchiesta ambientale” organizzato da A Sud, CDCA – Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali ed EconomiaCircolare.com, in collaborazione con IRPI MEDIA, Fandango e Centro di Giornalismo Permanente
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