Per il terzo anno consecutivo Eni è tra i principali sponsor del festival di Sanremo. Ma quello del cane a sei zampe è un ritorno stonato. Invece di cambiare il repertorio, ancora tutto intriso di petrolio e gas, preferisce affidarsi all’autotune del greenwashing.
Per la 74esima edizione della kermesse canora più celebre d’Italia, Eni sceglie di raddoppiare l’impegno e sul palco dell’Ariston – ma anche nei dintorni della cittadina ligure – porta i marchi Plenitude (già approdata nel 2023 e nel 2022) ed Enilive, le ultime due società in ordine di tempo che fanno parte della galassia a sei zampe.
Resta anche stavolta un mistero l’impegno economico della multinazionale energetica per “marchiare” il festival della canzone italiana: né gli organizzatori né la stessa Eni forniscono i dati. Sollecitata alla scorsa assemblea degli azionisti, l’azienda energetica ha affermato che “in considerazione della rilevanza strategica dell’accordo, si ritiene che l’eventuale pubblicazione del dato relativo al valore della partnership possa arrecare pregiudizio agli interessi economici e commerciali delle parti contraenti”.
Come abbiamo imparato negli ultimi mesi, se una semplice richiesta di trasparenza rischia di mettere in pericolo una campagna pubblicitaria è evidente che c’è qualcosa che non va, almeno nella messa in scena della performance. Non convince però neppure il resto dell’esibizione. Già prima dell’avvio del festival di Sanremo sia Greenpeace che Legambiente hanno manifestato la propria contrarietà alla presenza del cane a sei zampe.
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Cosa sbarca a Sanremo
Ancora una volta Eni ha fatto le cose in grande. Per lo sbarco al festival di Sanremo non solo ha creato un sito ad hoc ma ha anche coinvolto Virgina Raffaele, una delle artiste più note e apprezzate in questo periodo, trasmettendo su ogni mezzo di comunicazione una serie di spot che fanno leva sulla simpatia e sul sorriso dell’artista romana.
“L’energia è il nostro mondo, e ogni giorno lavoriamo perché tutti, dall’individuo alla grande azienda, possano utilizzarla per le proprie esigenze” riporta il claim del portale Eni-EnergiaUnica. “Dal 6 al 10 febbraio presentiamo insieme, per la prima volta, tutte le nostre energie, raccontandole anche attraverso arte e spettacolo. Con le soluzioni offerte da Plenitude e i servizi di mobilità di Enilive, insieme, Eni mette a disposizione tutta l’energia che serve alla quotidianità”. Dal messaggio accattivante però non è facile ricavare i reali interessi dell’intera operazione di comunicazione. In particolare: chi sono Plenitude ed Enilive?
Plenitude nasce in pompa magna nel gennaio 2022 dalle ceneri di Eni gas e luce, allo scopo di integrare rinnovabili, vendita al dettaglio (gas ed energia elettrica a famiglie e imprese) e mobilità elettrica (soprattutto le stazioni di ricarica). Per evidenziare ancor meglio le intenzioni green, al caratteristico logo del cane a sei zampe, nato nel 1952 e la cui fiamma è alimentata dalla benzina e dal gasolio nella versione di 70 anni prima, viene data una verniciata di verde. Tuttavia dai magniloquenti spot che citano Botticelli Plenitude non riesce a ingranare realmente. La società si è limitata in questi due anni a una serie di acquisizioni di grandi impianti e di società estere, senza diventare mai una potenza produttrice, soprattutto in Italia.
Dubbi rafforzati dal congelamento della quotazione in Borsa, ufficialmente annunciata a giugno 2022 e finora mai attuata, a detta dell’amministratore delegato Claudio Descalzi, per via di un mercato incerto. A dicembre 2023 la nota rivista finanziaria Bloomberg, una delle più note e apprezzate al mondo, riferisce che la società energetica sarebbe a un passo dalla cessione di una partecipazione del 10% in Plenitude. Il pacchetto di minoranza, che sarebbe ceduto al fondo svizzero Energy Infrastructure Partners (Eip), porterebbe nelle casse a sei zampe 750 milioni per una valutazione complessiva di Plenitude di 8 miliardi di euro. Eni non ha smentito tale notizia.
Enilive nasce ufficialmente l’1 gennaio 2023 e il suo core business è la mobilità, nonché i servizi a essa integrati: tra i più noti le 5000 stazioni di rifornimento Eni, i punti Telepass e le auto di car-sharing Enjoy. In questo caso la società è direttamente controllata da Eni, che ne detiene il 100% del capitale sociale, ed è impegnata principalmente nelle attività di bioraffinazione e nella produzione di biometano.
Proprio quei biocarburanti di cui si discute animatamente sia in Italia che in Europa: recentemente bocciati dalla Corte dei Conti europea, secondo la quale “i benefici dei biocarburanti sull’ambiente sono spesso sovrastimati”, su di essi si concentrano i timori delle ong ambientaliste, per le quali i biocarburanti costituiscono l’appiglio delle aziende fossili e delle case automobilistiche a proseguire la produzione delle auto a combustione, tra le principali responsabili del collasso climatico in atto.
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Il greenwashing carpet di Sanremo?
Invece di allentare la presa, dicevamo, Eni ha raddoppiato la presenza a Sanremo. E ha confermato, nonostante le tante critiche del 2023, anche l’idea del green carpet. Si tratta di un progetto realizzato da Eni, fortemente voluto dalla Rai e da Rai Pubblicità, in collaborazione con il Comune di Sanremo.
Sulla scia dei più celebri red carpet d’origine Usa, fino al 10 febbraio sarà possibile ammirare un tappeto verde lungo 300 metri che attraverserà il cuore della città collegando le principali aree della manifestazione a partire dal Teatro Ariston. A cura di Sanremopiante, il green carpet finanziato da Eni per promuovere Enilive e Plenitude sarà realizzato con manto erboso naturale e arricchito da arbusti tipici del territorio ligure, che al termine della kermesse verranno riutilizzati per rendere ancora più verdi alcune zone della città.
Il carpet accoglierà personalità e maestranze per tutta la settimana e ha già ospitato la tradizionale passerella dedicata alla sfilata dei cantanti in gara lunedì 5 febbraio. Inoltre sul green carpet ogni giorno le due consociate di Eni racconteranno al pubblico durante ciascuna serata del Festival le proprie attività. Mentre all’esterno del Forte, Eni con Enilive e Plenitude sarà presente con un’installazione interattiva in cui le persone avranno l’opportunità di sperimentare come ogni gesto possa dare vita a diverse forme di energia.
Insomma: come già denunciato sia nel 2022 che nel 2023, il coro del greenwashing potrebbe superare i ritornelli del cane a sei zampe. E chissà se anche quest’anno ci sarà qualche artista che vorrà esporsi e chiedere lo stop all’ambientalismo di facciata. Di sicuro avrebbe il nostro voto.
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I numeri di Eni non mentono
D’altra parte è la stessa Eni a mostrare apertamente che Enilive e Plenitude sono società comunque marginali rispetto ai soliti interessi oil&gas. Dall’ultima relazione finanziaria si apprende che nei primi nove mesi del 2023 gli investimenti per lo sviluppo di giacimenti di idrocarburi (4724 milioni di euro) sono risultati 13 volte superiori rispetto agli investimenti in Enilive e in raffinerie bio e tradizionali e biometano (379 milioni), e di 15 volte superiori rispetto agli investimenti di Plenitude (259 milioni).
E in quest’ultimo caso, come ricorda la stessa azienda, i soldi sono stati destinati sì principalmente per “lo sviluppo del business delle rinnovabili” e “le attività di sviluppo di infrastrutture di rete per veicoli elettrici” ma soprattutto per l’acquisto di nuovi clienti da parte della società che fino a un paio di anni fa si chiamava “Eni gas e luce” (e che viene così ancora nominata, soprattutto dalla popolazione più anziana).
Ancor più interessante è poi seguire il flusso degli investimenti di Enilive e Plenitude. Per quel che riguarda la prima società a giugno sono state avviate le operazioni di acquisto, attraverso una joint-venture con la società PBF Energy Inc, della bioraffineria statunitense di Chalmette, che ha una capacità di lavorazione di circa 1,1 milione di tonnellate/anno di materie prime; mentre a settembre Enilive e il produttore chimico sud-coreano LG Chem hanno avviato uno studio di fattibilità per la costruzione di un’altra bioraffineria, a sud-est di Seul, con una capacità di lavorazione di circa 400 mila tonnellate di materie prime biologiche.
Anche per quel che riguarda Plenitude è proseguita la politica di acquisizioni e fusioni: a luglio Vårgrønn, joint venture tra Plenitude e HitecVision, e la società irlandese di servizi energetici integrati Energia Group hanno definito un accordo per lo sviluppo di due progetti eolici offshore in Irlanda, con una capacità totale fino a 1,8 gigawatt entro il 2030; a settembre Plenitude ha inaugurato il suo primo impianto fotovoltaico realizzato nella Repubblica del Kazakhstan, dalla capacità di 50 megawatt; a ottobre Dogger Bank, il più grande parco eolico offshore del mondo di cui Vårgrønn detiene una quota del 20%, ha avviato la produzione di energia, trasmessa alla rete nazionale del Regno Unito.
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Un calcio al greenwashing?
I notevoli sforzi in ambito comunicativo da parte di Eni, pronta a mostrare il “lato buono” dell’azienda attraverso le consociate Plenitude ed Enilive, non devono però far dimenticare che l’azienda è ancora prevalentemente fossile, basata su un modello energetico centralizzato e autoritario, per la quale l’interesse primario, come abbiamo visto in Italia dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, è la diversificazione delle fonti di approvvigionamento: principalmente gas, non più da un unico fornitore (la Russia) ma da diversi partner (soprattutto Nord Africa e Medioriente).
Ecco perché lo scorso 9 maggio, insieme a 12 cittadine e cittadini, Greenpeace Italia e ReCommon avevano notificato a ENI un atto di citazione davanti al Tribunale di Roma per l’apertura di una causa civile per i danni subiti e futuri derivanti dai cambiamenti climatici. Si tratta della prima climate litigation italiana contro una società privata, e proprio in questo mese è prevista la prima udienza di un procedimento che, sulla scia di ciò che è avvenuto e sta avvenendo in maniera importante in altre parti del mondo, punta ad accertare le responsabilità e la consapevolezza delle aziende fossili sul collasso climatico. Del rischio ne è consapevole la stessa Eni che, nell’ultima relazione finanziaria annuale (2022), scrive : “Questi eventi dimostrano come le istituzioni e gli stakeholder stiano mettendo in discussione la licenza sociale ad operare delle società petrolifere occidentali percepite poco virtuose o restie ad adattare il proprio modello di business”.
Nonostante tale consapevolezza sugli interessi primari Eni continua a esaltare i business più marginali. Fa pensare, infine, la coincidenza che il giorno prima dell’inizio del festival di Sanremo Eni abbia comunicato che il prossimo sponsor del campionato di calcio maschile di Serie A sarà Enilive. La società “esprime grande entusiasmo per l’avvio della partnership con la Lega Serie A, che consentirà alla società di essere sempre più vicina a tutti gli italiani, e di far conoscere il nuovo brand e la trasformazione che esso rappresenta ai milioni di clienti che ogni giorno già frequentano e vivono la nostra capillare rete di stazioni di servizio”.
Prosegue dunque la massiccia invasione di messaggi a sei zampe nell’ambito dell’intrattenimento: come denuncia ancora Greenpeace, dalla cultura allo sport non c’è settore che non stia usufruendo o che non abbia usufruito di finanziamenti da parte di Eni. Per questo motivo EconomicaCircolare.com, CDCA e A Sud, in collaborazione con MeltingPro, promuovono dal 2022 il programma Cultura Sostenibile.
“L’iniziativa è pensata – si legge sul sito di A Sud – per supportare le organizzazioni culturali e creative che intendono intraprendere un processo di conversione ecologica: competenze, contatti con enti di certificazione garantiti, percorsi formativi e consulenziali sui temi del cambiamento climatico e dell’efficientamento energetico, strategie per una gestione e una programmazione culturale basata sulla riduzione dell’impatto ambientale, sull’economia circolare e su azioni di sensibilizzazione e coinvolgimento dei pubblici rispetto all’emergenza climatica. Si tratta insomma di un programma che intende promuovere una cultura indipendente e che, emancipandosi dal settore fossile, oggi responsabile del collasso eco climatico al quale stiamo andando incontro, sia portatrice di visioni e soluzioni altre e si metta in ascolto delle nuove generazioni che chiedono a gran voce di invertire la rotta”.
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