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venerdì, Novembre 15, 2024

LO SPRECO ALIMENTARE IN NUMERI

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Redazione EconomiaCircolare.com

 

di Alessandra De Santis

Circa un terzo di tutto il cibo prodotto nel mondo non finisce nei nostri piatti. Secondo la FAO (UN Food and Agriculture Organization) ogni anno vengono sprecate 1,3 miliardi di tonnellate di cibo sulle 3,9 prodotte.

Un numero quattro volte superiore alla quantità necessaria a sfamare i 795 milioni di persone denutrite nel mondo, ovvero l’11% della popolazione mondiale.

Lo spreco alimentare in Europa e in America settentrionale ammonta a 280-300 chilogrammi pro capite l’anno: una catena di sprechi che inizia nei campi e negli allevamenti , continua lungo la fase di trasformazione e commercio per terminare nelle nostre cucine.  Di questi, da 95 a 115 chilogrammi di cibo pro capite ancora commestibile e idoneo a essere consumato vengono gettati nelle pattumiere casalinghe.

La Commissione Europea stima uno spreco alimentare annuale in Europa di 89 milioni di tonnellate, pari a 179 chilogrammi pro capite. Il solo sperpero di prodotti agricoli (con l’esclusione di pesce e crostacei), basato sui prezzi del produttore, ammonta a circa 750 miliardi di dollari, l’equivalente del PIL della Svizzera.  E non si parla solamente di sovrapproduzione alimentare. Il 39% della perdita avviene lungo la filiera, durante la fase di trasformazione, e il 5% nella ristorazione. La vendita al dettaglio e all’ingrosso tra i danni alle confezioni  e le inefficienze nella gestione dei magazzini e delle scorte arrivano al 14%. Ma sono i consumatori ad avere un ruolo fondamentale:  il 42% del cibo viene buttato nelle case.

Facendo un’analisi della filiera agroalimentare italiana le percentuali non si spostano di molto. Tra i capofila c’è il consumatore finale, cui è imputabile il 43% dello spreco alimentare totale, preceduto solo dal settore primario con il 65%. Le tonnellate di cibo prodotte in eccedenza in un anno sono 5,6 milioni; produrle si traduce in emissioni per 13 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (CO2) l’anno. In termini idrici, 1,4 miliardi ettari di terra vengono irrigati inutilmente con uno spreco di 250 chilometri cubici di acqua.

Tutto ciò si traduce, dal punto di vista economico, secondo lo studio “LastMinute Market” dell’Università di Bologna, in un valore medio di cibo buttato di 210 euro a persona, circa quattro euro a settimana, per un totale di 13 miliardi di euro.

Ma gli impatti non sono solo ambientali ed economici. Tra le criticità, è imprescindibile l’impatto sociale, perché c’è cibo che non viene utilizzato per il suo scopo primario quando una parte rilevante di popolazione in Italia – 1,5 milioni di famiglie –  vive in stato di “povertà assoluta”.

Alla base dello spreco alimentare vi è un modello di consumo basato su acquisti che eccedono i reali bisogni, incoraggiati dalle strategie di marketing che tendono a un approccio estetico, a cui corrispondono abitudini sbagliate, come l’assenza di pianificazione degli acquisti. A ciò si unisce la generalizzata confusione sulle indicazioni in etichetta “da consumarsi preferibilmente entro” e “da consumarsi entro”. Ma contribuisce anche una scarsa conoscenza del valore associato al cibo, che genera un conseguente disinteresse a usarlo in modo efficiente e una scarsa conoscenza degli stessi prodotti, ad esempio della loro adeguata conservazione.  La carenza di un’educazione ad una sana alimentazione spinge inoltre a preferire alcune parti degli alimenti e scartarne altre ricche di nutrienti.

Ci sono tuttavia segnali positivi. Oggi, grazie alla legge 166/2016 contro gli sprechi alimentari e farmaceutici, al diffondersi di buone pratiche e a una maggiore consapevolezza sociale, si registra un lento ma continuo aumento del tasso di recupero delle eccedenze da grandi eventi, fiere e festival e della ridistribuzione: dal 7,5% di quattro anni fa al 9% circa. Un dato confermato dalle associazioni di volontariato che hanno visto crescere i beni alimentari destinati gratuitamente alle filiere del recupero e dello sharing.

Le stime della fondazione Banco alimentare, la più grande realtà italiana di raccolta del cibo e di sostegno ai più bisognosi, parlano di un aumento del 20% del recupero eccedenze dalla grande distribuzione da settembre 2016 a settembre 2017.

 


Tra le storie mappate nell’Atlante Italiano dell’Economia Circolare:

Banco Alimentare

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