Nel dibattito contemporaneo, il modello della città di 15 minuti ha guadagnato popolarità, proponendo un’organizzazione urbana nella quale tutti i servizi essenziali siano raggiungibili a piedi o in bicicletta in meno di un quarto d’ora. Anche se questo modello è oggi ancora lontano dal trovare concreta applicazione, nella maggior parte delle città la sfida da combattere dovrebbe avere un traguardo addirittura più ambizioso. Al di là della prossimità geografica, per creare un ambiente urbano veramente sostenibile è infatti fondamentale integrare i principi dell’economia circolare nella pianificazione urbanistica, economica e sociale. Un quartiere circolare non solo ridurrebbe l’impatto ambientale della collettività, ma assicurerebbe prestazioni utili alla cittadinanza. Tutto ciò è forse utopico? Preferiamo pensare invece che sia una visione non solo futuribile ma possibile. Esaminiamo alcuni elementi chiave di un quartiere ispirato all’economia circolare.
Biblioteche
Le biblioteche sono pilastri storici del concetto di condivisione e riutilizzo. Fornendo accesso a libri, quotidiani, periodici, DVD e CD musicali senza la necessità di possesso individuale, riducono il consumo di risorse e promuovono la diffusione di educazione e la cultura. Non ce ne sono mai abbastanza e spesso, ove presenti, hanno purtroppo orari di apertura al pubblico ridotti, in particolar modo nei piccoli centri. In un quartiere circolare, le biblioteche possono espandere ulteriormente il loro ruolo includendo risorse come attrezzi, giochi, e dispositivi elettronici, trasformandosi in veri centri di condivisione come accade a Bologna.
Stoviglioteche e oggettoteche
Simili nel funzionamento alle biblioteche, le stoviglioteche e le oggettoteche offrono la possibilità di prendere in prestito oggetti come stoviglie per eventi o strumenti che, di solito, non vengono utilizzati quotidianamente come avviene nel caso degli attrezzi per il giardinaggio, i viaggi o il bricolage. Se tali servizi fossero presenti capillarmente sul territorio, si ridurrebbe non solo il sovraccarico (fisico e mentale) di oggetti nelle case, ma anche il correlato consumo di risorse avendo necessità di un numero inferiore di beni che verrebbero condivisi tra più utilizzatori (spoiler, in Italia esistono sia le stoviglioteche che le oggettoteche, ma sono troppo poche!).
Repair Café
I repair café non sono bar bensì luoghi di incontro comunitari dove le persone possono portare oggetti che verranno riparati grazie all’aiuto di volontari esperti. Questi spazi promuovono la riparazione anziché la sostituzione, estendendo la vita utile degli oggetti per i quali, altrimenti, non sarebbe conveniente optare per la riparazione, riducendo così significativamente i rifiuti. Solitamente i repair café sono anche luoghi di apprendimento e di scambio di competenze pratiche.
Artigiani della riparazione
Artigiani come calzolai, sarti, falegnami e tecnici di elettrodomestici sono fondamentali in un quartiere circolare. Questi professionisti non solo mantengono vive competenze che altrimenti rischierebbero di andare perse, ma aiutano le comunità a mantenere e riparare piuttosto che scartare. Il loro lavoro sostiene un’economia locale e riduce la dipendenza da prodotti di massa e importati. Come favorirli? Ad esempio, come avviene in Francia dove, a partire dal 2023, è stato istituito il bonus riparazione!
Orti urbani
Gli orti urbani permettono ai cittadini di coltivare frutta e verdura, promuovendo la resilienza e l’educazione alimentare, consentendo poi di “coltivare comunità”. I contadini urbani – ai quali vengono assegnati spazi debitamente destinati e ritenuti idonei per le colture a scopo alimentare – finiscono per diventare custodi di aree verdi e sperimentano forme di convivenza comunitaria che – si spera – possa dare i suoi frutti anche nella vita cittadina quotidiana.
Comunità energetiche
Le comunità energetiche locali utilizzano fonti rinnovabili per generare energia pulita che viene consumata in maniera condivisa. Questo modello di promozione dell’indipendenza energetica è possibile tra soggetti diversi tra loro (anzi la differenziazione è un elemento di forza!) in un raggio geografico ristretto. Le prime CER che ad oggi hanno visto la luce hanno ottenuto il supporto da parte delle pubbliche amministrazioni a dimostrazione del fatto che, in un quartiere circolare, è necessario anche l’intervento dei soggetti pubblici.
Aule studio e sale per smartworking pubbliche
Le sale studio e gli spazi di smartworking pubblici offrono ambienti di lavoro condivisi che riducono la necessità, per ogni individuo, di mantenere uno spazio-ufficio personale all’interno delle mura domestiche, promuovendo l’uso efficiente degli spazi e facilitando la connessione e la collaborazione tra residenti. Utili a tal fine sono le realtà che erogano il servizio di coworking, ma non tutti hanno la possibilità economica di sostenere i costi di affitto di una postazione. Allo stesso tempo cresce il numero degli studenti e degli smartworkers che, nelle loro case, non hanno spazi adeguati e, quindi, trovano difficoltà nello studio e nel lavoro. Vi sembrano situazioni impossibili da risolvere? A dire il vero già oggi esistono sale dedicate a queste necessità nelle biblioteche, nelle università e addirittura alcune di esse sono aperte 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 come accade, ad esempio, nell’aula studio al Cinema Troisi (zona Trastevere) a Roma.
Negozi dell’usato
I negozi di seconda mano oggi dilagano. L’avvento delle app non pare aver messo in crisi i negozi fisici, ma probabilmente ha invece contribuito a sdoganare per molti la possibilità di acquistare prodotti a prezzi accessibili conferendo una seconda vita a beni di abbigliamento, elettronica, mobili e altri articoli, riducendo la domanda di nuovi prodotti e il conseguente impatto ambientale associato alla loro produzione. Tutto bene? A dire il vero non proprio: da tempo gli operatori del comparto al legislatore una legge di riordino del settore al quale, troppo spesso, vengono applicate norme pensate per altri ambiti, creando a volte dubbi e, in altre, lasciando vuoti normativi. I negozi dell’usato potrebbero quindi dare ancora di più: una prospettiva da tenere ben presente in vista di quartieri circolari.
Il ruolo cruciale dei centri per il riuso nei quartieri circolari
I centri per il riuso sarebbero elementi fondamentali in un quartiere circolare, poiché incentivano la riduzione dei rifiuti e promuovono una cultura del riutilizzo tra i cittadini. Questi centri oggi esistono in diversi Comuni e non solo offrono una seconda vita agli oggetti, ma fungono anche da hub educativi dove le persone possono imparare l’importanza e le tecniche del riuso, contrastando la cultura dell’usa e getta. Attraverso l’acquisto di oggetti usati, i residenti possono ridurre significativamente l’impatto ambientale associato alla produzione di nuovi beni, contribuendo alla diminuzione dell’estrazione di risorse e dell’energia consumata nei processi produttivi. Inoltre, questi spazi possono servire come centri comunitari che rafforzano i legami sociali, offrendo opportunità di volontariato e partecipazione attiva nelle iniziative locali di sostenibilità.
Mercati contadini
I mercati di produttori diretti accorciano la catena di approvvigionamento alimentare. Non si tratta solo (per quanto già di per sé importante) di ridurre le emissioni di carbonio legate al trasporto: permettere ai consumatori di acquistare prodotti freschi, di stagione e locali è un vero atto di educazione alimentare. Oltre a ciò, ovviamente si rafforza l’economia locale e, laddove sia possibile acquistare prodotti sfusi, si riducono i packaging.
Veicoli in noleggio e sharing
Un altro elemento essenziale per un quartiere circolare è l’implementazione di sistemi di noleggio e sharing di veicoli. Abbiamo deciso di trattare questo argomento alla fine non certo perché sia meno importante degli altri, ma anzi perché questo ambito, tra quelli trattati, è forse il servizio circolare più diffuso. Stiamo parlando di biciclette, monopattini, scooter elettrici, automobili condivise. La presenza di questi mezzi di mobilità è già una realtà consolidata nelle grandi società dove vengono offerte ai cittadini alternative convenienti al tradizionale utilizzo di veicoli personali con conseguente riduzione di traffico, inquinamento e necessità di spazi per il parcheggio.
Tuttavia, affinché il modello di mobilità condivisa diventi veramente rivoluzionario, è necessario migliorare la capillarità dell’offerta. È quindi essenziale non solo aumentare il numero di veicoli disponibili e le stazioni di docking (ovverosia di ricarica e stallo) o le aree di parcheggio dedicate, ma anche estendere la copertura geografica ben oltre i centri urbani più densamente popolati. Espandere la disponibilità di questo tipo di mobilità a più quartieri e a città di dimensioni medie può significativamente amplificare i benefici ambientali e sociali del car sharing e del bike sharing.
Un maggiore investimento in tecnologie smart per la gestione e la distribuzione di questi mezzi può ulteriormente ottimizzarne l’uso e l’accessibilità, rendendo il trasporto condiviso una scelta ancora più attrattiva e praticabile per un numero maggiore di persone e contribuendo a plasmare un futuro urbano più sostenibile e interconnesso.
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